Un caso decisamente singolare quello affrontato da Cass. civ. II sez. 14 febbraio 2017 n. 3893.
Un condomino procede alla ristrutturazione del proprio appartamento e sostituisce la vecchia soletta, costituita da travi in legno, che rimanevano a vista nella unità sottostante.
La nuova soletta, in laterocemento, viene posta al livello del limite inferiore dei preesistenti travi in legno ed il condomino del piano inferiore si duole che gli sia stato sottratto lo spazio vuoto fra i travi.
Sembrerebbe una delle tante questioni capziose che quotidianamente assediano le aule di giustizia ed invece la doglianza è fondata.
“come questa Corte ha già affermato, il solaio esistente fra i piani sovrapposti di un edificio è oggetto di comunione fra i rispettivi proprietari per la parte strutturale che, incorporata ai muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore, mentre gli spazi pieni o vuoti che accedono al soffitto od al pavimento, e non sono essenziali all’indicata struttura rimangono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell’esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto dominicale (Cass. 2868/1978).
Deve dunque escludersi che la comunione si estenda oltre che alle travi, aventi funzione di sostegno del solaio e che, pacificamente, fanno parte di detta struttura portante (Cass., 13606/2000), allo spazio esistente tra le stesse, integrante volumetria di esclusiva utilizzazione da parte del proprietario del piano sottostante. Ed invero, come dal solaio deve essere distinto il pavimento che poggia su di esso, che appartiene esclusivamente al proprietario dell’abitazione sovrastante e che può essere, quindi, da questo liberamente rimosso o sostituito secondo la sua utilità e convenienza (Cass. 7464/1994), cosi pure dev’essere distinto il volume esistente tra le travi, che costituisce il soffitto dell’appartamento sottostante ed è dunque liberamente utilizzabile dal proprietario di questo”
Ne deriva che la sostituzione della soletta così effettuata risulta illegittima e fonte di danno per il condomino sottostante: “dall’accertata riduzione della cubatura utilizzabile nell’appartamento sottostante a quello in cui sono stati eseguiti i lavori di sostituzione del solaio, discende ex se (quale danno conseguenza), l’esistenza di un danno per la riduzione del godimento del bene quale conseguenza del restringimento della cubatura, nonchè per riduzione del valore commerciale del locale (Cass. 3178/1991), indipendentemente dal fatto che, prima dell’abbassamento del soffitto, detto locale possedesse o meno l’altezza minima sufficiente ai fini dell’abitabilità.
Risulta inoltre, avuto riguardo alla determinazione della misura dell’abbassamento del soffitto del ricorrente in conseguenza dei lavori effettuati sul solaio, che la sentenza impugnata abbia omesso di prendere specificamente in esame le risultanze della ctu, al fine di determinare, sulla base dei relativi rilievi, l’altezza iniziale del soffitto del ricorrente. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va dunque cassata, con rinvio, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio, alla Corte di appello di Campobasso, in diversa composizione, che farà applicazione del seguente principio di diritto:
“nel caso di solaio sostenuto da travi che fanno parte della struttura portante del solaio stesso, la comunione tra i proprietari dei rispettivi appartamenti non si estende allo spazio esistente tra le travi che costituisce volumetria di esclusiva utilizzazione da parte del proprietario del piano sottostante.
Di conseguenza, la ristrutturazione del solaio che comprometta l’utilizzo di detto spazio (e l’abbassamento sino all’intradosso delle travi) determina un pregiudizio in capo al proprietario del vano sottostante che è ex se risarcibile”
La sentenza contiene anche un altro principio interessante: ove il CTu compia qualche attività in violazione del contraddittorio fra le parti, tali condotte non comportano automaticamente nullità ove non abbiano avuto riflessi determinati nella stesura finale della relazione: “sulla validità della relazione del consulente tecnico d’ufficio non incide l’eventuale nullità di alcune rilevazioni od accertamenti compiuti dal consulente medesimo, per violazione del principio del contraddittorio e conseguente pregiudizio del diritto di difesa delle parti, ove tali rilevazioni od accertamenti non abbiano spiegato alcun effetto sul contenuto della consulenza e sulle relative conclusioni finali (Cass. 4981/1977).”
© massimo ginesi 21 febbraio 2017