La corte di legittimità, con una ampia e articolata pronuncia (Cass.Civ. sez.II ord. 4 ottobre 2018 n. 24399 rel. Scarpa), ribadisce principi consolidati su alcuni aspetti ricorrenti in tema di impugnative di delibera.
COMUNICAZIONE DEL VERBALE E DECORRENZA DEL TERMINE – con riguardo al condomino non presente in assemblea, a cui il verbale sia stato inviato a mezzo posta, il termine di cui all’art. 1137 cod.civ. decorre dal momento in cui viene rilasciato l’avviso di giacenza e non da quello in cui la raccomandata viene concretamente ritirata
II secondo motivo di ricorso è altrettanto infondato. La decisione della Corte di Brescia, secondo cui il termine di trenta giorni ex art. 1137 c.c. era decorso sin dal giorno in cui la deliberazione assembleare era stata comunicata a mezzo di servizio postale col tentativo di consegna del giorno 29 maggio 2005 e relativo rilascio dell’avviso di giacenza (e non quindi dal giorno 22 giugno 2005, in cui gli attori avevano ritirato il plico postale) è conforme all’interpretazione di questa Corte, che qui si intende ribadire, secondo cui, ai fini del decorso del termine di impugnazione, ex art. 1137 c.c., ove la comunicazione del verbale assembleare al condomino, assente all’adunanza, sia stata data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, la stessa deve aversi per eseguita, in caso di mancato reperimento del destinatario da parte dell’agente postale, alla stregua dell’art. 1335 c.c., al momento del rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, in quanto idoneo a consentirne il ritiro (e quindi indipendentemente dal momento in cui la missiva viene ritirata), salvo che il destinatario deduca e provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la detta conoscenza (cfr. Cass. Sez. L, 06/12/2017, n. 29237; Cass. Sez. 2, 06/10/2017, n. 23396; Cass. Sez. 2, 03/11/2016, n. 22311; Cass. Sez. 6 – 2, 27/09/2013 , n. 22240).
LITISCONSORZIO NECESSARIO FRA PIU’ IMPUGNANTI – ove più condomini abbiano dato corso ad impugnativa di delibera, e solo alcuni propongano impugnazione della sentenza, sussiste litisconsorzio necessario fra gli stessi.
“l’impugnazione di una delibera assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicché, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre, ex art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile (da ultimo, Cass. Sez. 2, 26/09/2017, n. 22370)
LA NULLITA’ DELLA DELIBERA E’ RILEVABILE DI UFFICIO MA NON PUO’ ESSERE INTRODOTTA IN CASSAZIONE:
il primo motivo di ricorso di M. D. è in parte inammissibile ed in parte infondato. Per superare la qualificazione dei vizi dedotti, operata dalla Corte d’Appello, in termini di annullabilità e non di nullità dei vizi denunciati, e ciò ai fini dell’osservanza del termine di decadenza di cui all’art. 1137 c.c., il ricorrente fa in particolare riferimento alla nullità della deliberazione per aver disposto anche a carico del D. il pagamento delle spese legali sostenute dal condominio in un giudizio che vide contrapposte le medesime parti. Di tale specifica questione non c’è però alcun cenno nella sentenza della Corte d’appello di Brescia, sicché il ricorrente era onerato, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., di specificare che tale punto era stato, oltre che compreso nella causa petendi della citazione di primo grado (come si espone a pagina 4 di ricorso), altresì oggetto di specifico motivo d’appello.
La sussistenza di un vizio di invalidità della delibera condominiale (nella specie, di nullità per aver posto pro quota a carico di un condomino, il quale era stato contrapposto in un giudizio al condominio, il pagamento delle spese legali sostenute da quest’ultimo) comporta la necessità di espressa e tempestiva domanda “ad hoc” proposta dal condomino.
Di tal che, ogni richiesta di declaratoria di invalidità di una determinata delibera dell’assemblea dei condomini si connota per la specifica esposizione dei fatti e delle collegate ragioni di diritto, ovvero per una propria autonoma “causa petendi”, agli effetti degli artt. 183 e 345 c.p.c. (arg. da Cass. Sez. 2, 28/92/2018, n. 4686; Cass. Sez. 2, 18/02/1999, n. 1378; Cass. Sez. 2, 20/08/1986, n. 5101).
Ne consegue che solo la prospettazione in domanda e poi, in caso di soccombenza in primo grado, come motivo di appello, di una specifica ragione di invalidità della deliberazione assembleare impugnata obbliga il giudice, nel rispetto del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato (art. 112 c.p.c.), a prendere in esame la questione oggetto di doglianza.
Il lamentato difetto di attività del giudice di secondo grado, per non aver proprio preso in esame la ragione di nullità della deliberazione assembleare correlata all’imposizione al D. del pagamento delle spese legali sostenute dal condominio in un giudizio che vide contrapposte le medesime parti, rende comunque inammissibile la censura ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione degli artt. 1123, 1135 e 1137 c.c. (come proposta), e pertinente, piuttosto, una denuncia di violazione dell’art. 112 c.p.c.”
IL GIUDICE NON PUO’ SINDACARE LE SCELTE DELL’ASSEMBLEA MA SOLO VERIFICARE LA LEGITTIMITA’ DEL PROCEDIMENTO DELIBERATIVO
Viceversa, secondo costante orientamento di questa Corte, in tema di condominio negli edifici, il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere assembleari non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea, quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi ad un riscontro di legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l’eccesso di potere, purché la causa della deliberazione risulti – sulla base di un apprezzamento di fatto del relativo contenuto, che spetta al giudice di merito – falsamente deviata dal suo modo di essere, in quanto anche in tal caso lo strumento di cui all’art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, ma solo a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea. Ne consegue che esulano dall’ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall’assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni (Cass. Sez. 6 – 2, 17/08/2017, n. 20135).
© massimo ginesi 11 ottobre 2018