una recente ordinanza della Corte di legittimità (Cass. civ. sez. VI-2 12 settembre 2018 n. 22157 rel. Scarpa) richiama la disciplina della imputazione delle spese per la sostituzione dell’impianto di ascensore, con alcuni interessanti riferimenti alla valenza del regolamento condominiale sul tema.
Una condomina, proprietaria di un immobile al piano terra, si doleva che la corte d’appello di Roma non avesse tenuto in debito conto che il regolamento di condominio non prevedeva un obbligo di contribuzione dei proprietari dei fondi terranei alle spese di ascensore.
La Corte di Cassazione, con ampia motivazione, rileva che in realtà è la legge (ancor prima dell’espresso dettato letterale dell’art. 1124 cod.civ. novellato) a prevedere tale obbligo, che può essere derogato solo da una disposizione di natura contrattuale o da una delibera unanime, inesistenti nel caso di specie.
“Il costante orientamento interpretativo di questa Corte ha più volte affermato (nella vigenza della disciplina, qui operante, antecedente alla riformulazione dell’art. 1124 c.c. introdotta dalla legge n. 220 del 2012, ove espressamente si contempla l’intervento di sostituzione degli ascensori) che, a differenza dell’installazione “ex novo” di un ascensore in un edificio in condominio (le cui spese vanno suddivise secondo l’art. 1123 c.c., ossia proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino), quelle relative alla manutenzione e ricostruzione dell’ascensore già esistente vanno ripartite ai sensi dell’art. 1124 c.c. (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20713, non massimata; Cass. Sez. 2, 25/03/2004, n. 5975; Cass. Sez. 2, 17/02/2005, n. 3264).
Stante l’identità di ratio delle spese di manutenzione e di ricostruzione delle scale ex art. 1124 c.c. e delle spese relative alla conservazione e alla manutenzione dell’ascensore già esistente, deve dirsi che, al pari delle scale, l’impianto di ascensore, in quanto mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, riveste la qualità di parte comune (tant’è che, dopo la legge n. 220 del 2012, esso è espressamente elencato nell’art. 1117 n. 3, c.c.) anche relativamente ai condomini proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché pure tali condomini ne fruiscono, quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell’edificio, con conseguente obbligo gravante anche su detti partecipanti, in assenza di titolo contrario, di concorrere ai lavori di manutenzione straordinaria ed eventualmente di sostituzione dell’ascensore, in rapporto ed in proporzione all’utilità che possono in ipotesi trarne (arg. da Cass. Sez. 2, 20/04/2017, n. 9986; Cass. Sez. 2, 10/07/2007, n. 15444; Cass. Sez. 2, 06/06/1977, n. 2328).
Come tutti i criteri legali di ripartizione delle spese condominiali, anche quello di ripartizione delle spese di manutenzione e sostituzione degli ascensori può essere derogato, ma la relativa convenzione modificatrice della disciplina legale di ripartizione deve essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce “di natura contrattuale”), o in una deliberazione dell’assemblea che venga approvata all’unanimità, ovvero col consenso di tutti i condomini (Cass. Sez. 2, 04/08/2016, n. 16321; Cass. Sez. 2, 17/01/2003, n. 641; Cass. Sez. 2, 19/03/2010, n. 6714; Cass. Sez. 2, 27/07/2006, n. 17101; Cass. Sez. 2, 08/01/2000, n. 126).
Deve dirsi in tal senso corretta la decisione della Corte d’Appello di Roma, la quale ha escluso che la condomina B. potesse dirsi esonerata dalla spesa intimatale in sede monitoria, non avendo rinvenuto nel regolamento del Condominio (…) alcuna esplicita disciplina convenzionale che differenziasse tra loro gli obblighi dei partecipanti di concorrere agli oneri di manutenzione e sostituzione degli ascensori, attribuendo gli stessi secondo criteri diversi da quelli scaturenti dall’applicazione degli artt. 1124, 1123, 1117 e 1118 c.c.
È perciò evidente l’errore di prospettiva della ricorrente, la quale si duole nelle sue censure dell’interpretazione delle clausole del regolamento del Condominio (…) prescelta dalla Corte d’Appello, e contesta che non sia in esse ravvisabile il fondamento del suo obbligo di partecipazione alla spesa di sostituzione dell’ascensore, laddove il fondamento di tale obbligo discende, come visto, direttamente dalla legge, e le clausole regolamentari analizzate, secondo la plausibile interpretazione privilegiata dai giudici del merito, non contengono, al contrario, alcuna convenzione espressa che deroghi alla disciplina codicistica.”
La Corte richiama anche il consolidato orientamento che ritiene rilevabile la nullità della delibera nel giudizio di opposizone a decreto ingiuntivo, a differenza della annullabilità, che deve essere fatta valere unicamente entro i termini di cui alll’art . 1137 c.c. e che può avere incidenza nel giudizio di opposizone solo ove il giudice abbia internalmente sospeso l’efficacia del deliberato oppure sia inetrvenuta sentenza di annnullamento.
“È da ribadire in premessa che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione. Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; da ultimo, Cass. Sez. 2, 23/02/2017, n. 4672).
Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. Sez. 2, 14/11/2012, n. 19938; Cass. Sez. 6 – 2, 24/03/2017, n. 7741).
Questa Corte ha però anche chiarito, con orientamento che va ribadito, come nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell’applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305).
Ora, una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, in deroga ai criteri di proporzionalità fissati dagli artt. 1123 e ss. c.c., va certamente ritenuta nulla, a differenza di quanto argomenta la Corte d’Appello in motivazione, occorrendo a tal fine una convenzione approvata all’unanimità, che sia espressione dell’autonomia contrattuale (Cass. Sez. 2, 16/02/2001, n. 2301; Cass. Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233; Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651).
La nullità di una siffatta delibera può, quindi, essere fatta valere anche nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei discendenti contributi condominiali, trattandosi di vizio che inficia la stessa esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa (esistenza che il giudice dell’opposizione deve comunque verificare) e che rimane sottratto al termine perentorio di impugnativa di cui all’art. 1137 c.c..”