violazione delle distanze e riduzione in pristino

 

il giudice che certi l’avvenuta violazione delle distanze deve necessariamente disporre la riduzione in pristino e il risarcimento del danno, non potendo  limitarsi a provvedimenti alternativi volti a limitare il diritto di veduta: è quanto afferma Cass.civ. sez. II  ord. 21 settembre 2021 n. 25495 rel. Scarpa. La pronuncia contiene interessanti riflessioni sui diversi aspetti che attengono alla costruzione di edifici contigui.

“ove il giudice accerti l’avvenuta realizzazione di una costruzione in violazione delle distanze ex art. 873 c.c. (come la Corte d’appello ha fatto a proposito del balcone posto al secondo piano dell’edificio S. a pagina 7 della sentenza impugnata), deve ordinarne la riduzione in pristino con demolizione delle parti che superano tali limiti (arg. da Cass. Sez. 2, 28/11/2018, n. 30761), e non può, viceversa, soltanto disporre, come avvenuto nel caso in esame, l’esecuzione di accorgimenti idonei ad impedire l’esercizio della veduta sul fondo altrui, consistenti in opere che rendano impossibile il “prospicere” e l'”inspicere in alienum”.

L’azione in tema di distanze tra costruzioni è chiaramente volta ad evitare il formarsi di intercapedini tra fabbricati, potenzialmente dannose per gli interessi generali all’igiene, al decoro ed alla sicurezza degli abitanti, mentre diversa è l’azione concernente l’apertura di vedute sul fondo del vicino, la quale tutela gli interessi esclusivamente privati del proprietario del bene dall’indiscrezione del vicino, impedendo a quest’ultimo di affacciarsi e di guardare nella proprietà del primo (arg. da Cass. Sez. 2, 18/04/2001, n. 5698).

 È fondato il secondo motivo, perché la Corte d’appello ha omesso di pronunciare sulla espressa autonoma domanda di risarcimento dei danni lamentati dall’attrice in conseguenza della costruzione realizzata in violazione delle distanze prescritte dall’art. 873 c.c., domanda reiterata in sede di gravame.

È fondato il terzo motivo di ricorso. In presenza di prescrizioni sulle distanze legali contenute nelle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale comunale, aventi natura integrativa dei precetti di cui all’art. 873 c.c., quali quelle allegate nel giudizio in esame (e di cui il giudice è comunque obbligato ad avere diretta conoscenza, giusta il principio “iura novit curia”), nel senso che si debba costruire a “distanza da confini privati: m. 5”, oppure in “aderenza o confine con l’assenso della proprietà confinante” (assenso che quindi preclude anche le costruzioni in aderenza senza il preventivo consenso dei proprietari dei fondi contigui), la realizzazione di un fabbricato alto, come nella specie, oltre dieci metri più del preesistente demolito, deve essere considerata “nuova costruzione”, e può essere di conseguenza eseguita solo con il rispetto della vigente normativa sulle distanze legali dalle costruzioni o dal fondo confinante. Un’opera di modifica che si traduce non soltanto nella realizzazione “ex novo” di un fabbricato, ma anche in un aumento della volumetria e della superficie di ingombro rispetto all’edificio preesistente non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori (tra le più recenti, Cass. Sez. 2, 15/12/2020, n. 28612; Cass. Sez. 2, 05/03/2018, n. 5049).

 È infine fondato il quarto motivo di ricorso. La costruzione in aderenza alla fabbrica altrui (la cui nozione è contenuta nell’art. 877 c.c.) postula l’assenza di qualsiasi intercapedine rispetto al preesistente muro del vicino e la piena autonomia (statica e funzionale) nei riguardi dello stesso e, quindi, è consentita, salvo l’obbligo di pagamento nascente dall’eventuale occupazione di suolo altrui, anche quando tale muro presenti irregolarità (rientranze, sporgenze, riseghe e simili) nel suo ulteriore sviluppo in altezza, purché l’intercapedine possa ugualmente colmarsi mediante opportuni accorgimenti tecnici a cura del costruttore prevenuto, al di fuori dei cui obblighi resta, invece, qualsiasi opera intesa ad eliminare dette irregolarità, che fa carico al preveniente (Cass. Sez. 2, 25/05/1984, n. 3229). La circostanza, acclarata dalla Corte di Milano, che la gronda e la pluviale dell’edificio di proprietà della I. V. s.r.l. sporgessero di circa cinquanta centimetri oltre la linea di confine con la proprietà S. s.r.l. avrebbero consentito a quest’ultima di chiederne la rimozione, dovendo essa altrimenti costruire in aderenza, ove consentito, anche alle parti sporgenti rispetto al confine, senza creare comunque intercapedini.”

 © Massimo Ginesi 23 settembre 2021 

la delibera che autorizza la polizza tutela legale obbliga anche i dissenzienti

E’ quanto statuisce Cass.civ. sez. II  20.8.2021 n. 23254 rel. Scarpa, sottolineando come il dissenso alle liti di cui all’art. 1132 c.c. (su cui la Corte offre sintetica ma esaustiva disamina) non esima coloro che lo esprimono dall’obbligo di pagare la propria quota relativa ai costi della polizza di tutela legale che il condominio abbia deciso di stipulare: “La Corte d’appello di Bologna ha definito “annullabile” la deliberazione assembleare volta alla stipula di una polizza assicurativa per la tutela delle spese legali, per contrasto con l’art. 1132 c.c..

Va invece affermato che l’assemblea di condominio, nell’esercizio dei poteri di gestione di cui all’art. 1135 c.c., può validamente autorizzare l’amministratore a stipulare una polizza assicurativa per la tutela legale, volta a coprire le spese processuali per tutte le azioni concernenti le parti comuni dell’edificio, promosse da o nei confronti del condominio, al fine di evitare pregiudizi economici ai condomini. Al riguardo di una tale delibera, il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea.

Ne’ la deliberazione assembleare di approvazione della polizza spese legali può intendersi contraria all’art. 1132 c.c., come ritenuto dalla Corte d’appello di Bologna, stante la pressoché totale divergenza di contenuti e di funzione tra l’oggetto del contratto in esame e la menzionata norma, giacché quest’ultima: 1) si limita a contemplare l’esonero del dissenziente dalla “responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza”, e dunque esclude l’onere di partecipare alla sola rifusione delle spese del giudizio in favore della controparte nel caso d’esito della lite sfavorevole per il condominio, lasciandone tuttavia immutato, nell’inverso caso d’esito della lite favorevole per il condominio, l’onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa ove risultino irripetibili dalla controparte (cfr. Cass. Sez. 2, 05/12/2001, n. 15360); 2) opera per le sole controversie eccedenti dalle attribuzioni demandate all’amministratore ex artt. 1130 e 1131 c.c., in quanto suppone come condizione essenziale una specifica delibera di autorizzazione o ratifica dell’assemblea alla costituzione in giudizio dell’amministratore da cui estraniarsi (Cass. Sez. 2, 10/06/1997, n. 5163; Cass. Sez. 2, 02/03 1998, n. 2259; Cass. sez. 2, 20/03/2017, n. 7095); 3) postula una rituale manifestazione di dissenso del singolo condomino rispetto alla singola lite deliberata dall’assemblea, dissenso che, ad un tempo, non è impedito dalla stipula di una polizza per la tutela legale del condominio, né può impedire la stipula di un tale contratto; 4) lascia comunque il condomino dissenziente identicamente esposto verso i terzi per le conseguenze negative della responsabilità del condominio, fornendogli soltanto un meccanismo di rivalsa (così Cass. Sez. 3, 19/07/2012, n. 12459).

E’ altrettanto evidente la diversità tra le spese derivanti dalla conclusione della polizza assicurativa, le quali, come tutte quelle derivanti dalla obbligazioni contratte dal condominio nel comune interesse, vanno ripartite nei rapporti interni fra i singoli condomini ai sensi dell’art. 1123 c.c., e le spese di lite per il caso di soccombenza di cui all’art. 1132 c.c..”

© massimo ginesi 20 settembre 2021 

infiltrazioni dal sottosuolo: ne risponde il condominio

E’ quanto ribadisce, sulla scorta di consolidato orientamento, la Suprema Corte (Cass.civ. sez. VI-2 ord. 6 luglio 2021 n. 19128 rel. Scarpa) con riguardo alle infiltrazioni subite dal fondo di un condomino ed ascrivibili alla falda freatica sottostante l’edificio; il danno risarcibile non attiene solo a quello materiale subito del bene immobile, o alla sua mancata/diminuita disponibilità, ma deve comprendere anche il personale disagio subito in conseguenza del fatto dannoso.

Accertato in fatto, con apprezzamento di merito qui non sindacabile, che la causa delle infiltrazioni derivasse dalla falda acquifera esistente nell’intercapedine posta tra il piano di posa delle fondazioni, costituente il suolo dell’edificio, e la superficie del piano terra, e percio’ comune ex articolo 1117 c.c., in quanto destinata all’aerazione e alla coibentazione del fabbricato (Cass. Sez. 2, 15/02/2008, n. 3854), rileva il consolidato principio secondo cui il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, e’ obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinche’ tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno, sicche’ risponde ex articolo 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprieta’ esclusiva di uno dei condomini (da ultimo, Cass. Sez. 6 – 2, 12/03/2020, n. 7044).

E’ pure conforme all’orientamento consolidato di questa Corte la conclusione secondo cui la compressione o la limitazione del diritto di proprieta’, che siano causate dall’altrui fatto dannoso (nella specie, tracimazione di acqua proveniente da falda acquifera esistente nell’intercapedine sottostante l’edificio) sono suscettibili di valutazione economica non soltanto se ne derivi la necessita’ di una spesa ripristinatoria (cosiddetto danno emergente) o di perdite dei frutti della cosa (lucro cessante), ma anche se la compressione e la limitazione del godimento siano sopportate dal titolare con suo personale disagio o sacrificio (cfr. Cass. Sez. 2, 17/12/2019, n. 33439; Cass. Sez. 2, 27/07/1988, n. 4779).”

© massimo ginesi 17 settembre 2021 

IL CREDITORE NON PUO’ AGIRE DIRETTAMENTE NEI CONFRONTI DI CHI NON ERA CONDOMINO QUANDO E’ SORTA L’OBBLIGAZIONE

E’ quanto ha statuito il Tribunale capitolino (Trib. Roma 1 settembre 2021 n. 13948): “non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale previsto dalla suddetta disposizione, chi non era condòmino al momento in cui è insorta l’obbligazione di partecipazione alle relative spese condominiali, e, quindi, nel caso di specie, chi non era proprietario dell’immobile alla data di approvazione della delibera assembleare riguardante i lavori, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione.”

Trib. Roma 13948

© massimo ginesi 16 settembre 2021

nulla la delibera condominiale in edificio sottoposto a sequestro penale preventivo

Lo afferma Cass.civ. sez. II  20 agosto 2021 n. 23255 rel. Scarpa, osservando che ” il sequestro preventivo penale avente oggetto le unità immobiliari di proprietà esclusiva e le parti comuni di un edificio condominiale, per le quali sia nominato un custode, in difetto di contraria indicazione contenuta nel provvedimento, e attesa la funzione tipica di detta misura stabilita dall’art. 321 c.p.p., colpisce sia i diritti e le facoltà individuali inerenti al diritto di condominio, sia le attribuzioni dell’amministratore, sia i poteri conferiti all’assemblea in materia di gestione dei beni comuni, con conseguente nullità della deliberazione da questa approvata nel periodo di efficacia del sequestro.”

scarpa_sequestro_23255

© massimo ginesi 15 settembre 2021

anche il locatore risponde dell’intasamento della fognatura condominiale

E’ quanto ha di recente statuito il Tribunale di Roma (Trib. Roma sez.VII 6.9.2021 n. 14115), a fronte di reiterati intasamenti della condotta di scarico condominiale, dovuti allo smaltimento di reflui significativi risultati – in sede di CTU – ascrivibili unicamente all’attività commerciale posta nei locali locati a terzi.

Il giudice romano ha osservato che “Gli scarichi intasanti sono, invero, dovuti allo svolgimento dell’attività commerciale per la quale la locazione è stata concessa (attività di ristorazione con somministrazione, v. nellepremesse e nell’art. 2 del contratto di locazione prodotto dal convenuto con il proprio fascicolo diATP, sub all. 2 alla comparsa di costituzione), né il convenuto ha dedotto e comunque non ha dimostrato che si tratti di scarichi dovuti ad un anomalo esercizio dell’attività commercialecontrattualmente autorizzata. Nel contratto, inoltre, la parte locatrice (all’epoca la Sig.a … …) ha riservato a sé il potere di decisione e di attuazione dei lavori e delle manutenzioni importanti e/o straordinari (v. artt. 5 e 8), fra cui debbono ritenersi rientranti gli interventi necessari a modificare il sistema di scarico fognario per renderlo funzionale alla qualità e alla quantità dei refluiderivanti dall’attività svolta nell’immobile sulla base del contratto medesimo, sicché il mancato adeguamento degli impianti alle esigenze di corretto ed efficace smaltimento degli scarichi delinea una responsabilità della parte locatrice.”

Trib. Roma 6.9.2021

© massimo ginesi 13 settembre 2021

le spese per l’adeguamento antincendio dell’autorimessa competono ai soli proprietari di box auto

E’ quanto ha stabilito, riprendendo orientamento già espresso, la Suprema Corte (Cass.civ. sez. II  ord. 8 settembre 2021 n. 24166).

Questa Corte, con orientamento consolidato al quale il collegio intende dare continuità, ha ricondotto le spese previste dall’art.1123, comma 1 c.p.c. , nella categoria delle obbligazioni propter rem, nelle quali il nesso immediatotra l’obbligo e la res non è modificato dalla interferenza di nessun elemento soggettivo. Per conseguenza, il quantum resta sempre commisurato alla proporzione espressa dalla quota che, per determinazione normativa, esprime la misura della appartenenza. Il contributo riflette quindi l’estensione dell’oggetto dei diritto, da cui l’obbligazione ha origine, al cui pagamento nessun condomino può sottrarsi, neppure rinunziando alla comproprietà sulla cosa comune stessa (Cassazione civile sez. II, 02/07/2001, n.8924; Cassazione civile sez. II, 19/06/2000, n.8292 ; Cass. 95/1890).

3.7.L’art. 1123-II CC soggiunge che la partecipazione a ciascuna spesa debba essere proporzionata al godimento che ogni condomino può trarre dalla cosa comune (Cass. 12.11.97 n. 11152, Cass. 20.11.96 n. 10214).

3.8. L’obbligazione di concorrere alle spese in relazione all’uso, da intendersi in senso soggettivo ma in relazione alla destinazione del bene ai condomini in misura diversa, implica che il condomino non è tenuto a sopportare le spese relative alla cosa che in alcun modo, per ragioni strutturali o attinenti alla sua destinazione, possano arrecargli utilità.”

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© massimo ginesi 9 settembre 2021

delibera assembleare e superbonus: i parametri informativi

Una interessante pronuncia cautelare del Tribunale lombardo (Trib. Milano ord. 13 agosto 2021) traccia i limiti sottesi alle delibere in materia di lavori straordinari e  agevolazioni fiscali, richiamando principi giuruisprudenziali consolidati in tema di formulazione dell’ordine del giorno e diritto dei condomini a partecipare informati alla riunione, modellandoli sulle specificità del c.d. superbonus .

Un provvedimento la cui lettura che può aiutare l’amministratore a non incorrere in omissioni o genericità pregiudizievoli.

© massimo ginesi 7 settembre 2021

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superbonus, detrazioni e compenso amministratore

E’ noto che le circolari non costituiscono fonte normativa e, tuttavia, quelle dell’Agenzia delle Entrate rappresentano certamente un significativo strumento di orientamento su quelli che poi saranno gli esiti applicativi delle normative vigenti.

La grande fiera dei c.d. superbonus ha mosso molti appetiti (talvolta in maniera fin troppo disinvolta), con appalti che con frequenza raggiungono importi rilevanti e che comportano, secondo i parametri usualmente pattuiti dagli amministratori al momento della accettazione dell’incarico (art. 1129 comma XIV c.c.), significativi compensi percentuali .

Si tratta tuttavia di somme che non possono essere poste a carico dello Stato se rappresentano il mero compenso dell’amministratore: è tesi che l’Agenzia aveva già espresso in una circolare di dicembre 2020 e che oggi ribadisce in una specifica risposta ad interpello: “in assenza della nomina di altro responsabile dei lavori, l’amministratore di condominio rivesta contemporaneamente due ruoli, ovvero quello di committente e quello di responsabile dei lavori con gli obblighi e le responsabilità ad esso collegati, il compenso aggiuntivo fatturato separatamente e corrisposto all’amministratore come “responsabile dei lavori” potrà accedere alla detrazione in quanto spesa strettamente collegata alla realizzazione degli interventi agevolabili e riferibile ad una prestazione professionale diversa ed ulteriore rispetto a quella ordinariamente esercitata in qualità di amministratore di condominio».

Quanto poi sia opportuno che l’amministratore si addossi, a tal fine,  ruoli tecnici che comportano gravi responsabilità è faccenda che ogni professionista potrà valutare con adeguata ponderazione…

Interpello n. 911-492/2021

 

legittima la convocazione del condomino defunto se gli eredi non comunicano il nuovo titolare

interessante pronuncia del Tribunale spezzino (Trib. La Spezia 24 marzo 2021 n. 175 giudice Sebastiani), che afferma l’obbligo  degli eredi di comunicare all’amministratore le vicende successorie relative all’unità immobiliare in condominio, non avendo costui particolari oneri di accertamento e potendo, in difetto di comunicazione, legittimamente convocare il defunto.

Certamente la pronuncia solleva l’amministratore da accertamenti che spesso non sono ne semplici né di sicura efficacia, anche se richiama giurisprudenza di legittimità antecedente alla novella del 2012 e che dunque  non teneva conto degli specifici oneri in capo all’amministratore oggi previsti dall’art. 1130 comma I n. 6  c.c. in ordine ai registri di anagrafe.

In materia di condominio, la Suprema Corte, discostandosi da un risalente e non univoco orientamento, ha già da tempo affermato il principio secondo cui è onere dell’erede comunicare all’amministratore il decesso del condomino e l’accettazione dell’eredità, con assunzione in capo a sé dei diritti ed obblighi condominiali.

Conseguentemente “l’amministratore il quale sia a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non gli manifesteranno la loro qualità, non avendo utili elementi di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna particolare ricerca, non sarà tenuto ad inviare alcun avviso (così Cass. sez. II sent. n. 6926 del 22 marzo 2007).

La Corte, con la citata sentenza ha anche precisato che l’obbligo di avvisare tutti i condomini ai fini di una valida costituzione dell’assemblea, alla stregua dell’art. 1136 comma 6 c.c., deve ritenersi adempiuto quando risultino convocati tutti i condomini noti all’amministratore.

Tale principio è stato poi ribadito da plurime pronunce di merito (fra le altre Trib. Roma n. 22422 del 2.12.2016, Trib. Salerno sez. I n. 199 del 18.1.2019, Trib. Roma sez. V n. 6847 del 4.5.2020) ed è condiviso anche da questo giudicante.

Non può infatti essere posto a carico dell’amministratore, pur a conoscenza del decesso di un condomino, l’onere di effettuare ricerche per accertare se la successione apertasi a seguito del decesso sia legittima o testamentaria, chi siano i chiamati e se questi abbiano accettato o meno l’eredità e ciò a maggior ragione nel caso in cui la qualifica di erede non risulti da atti pubblici idonei (quali le certificazioni catastali relative all’immobile e non anche ad. Es. le dichiarazioni di successione).”

in ordine agli oneri oggi imposti all’amministratore in tema di anagrafe condominiale il giudice spezzino sembra invece darne una condivisibile  lettura dinamica e funzionale,  ritenendo che – a fronte di attività di ordinaria indagine e di richiesta informazioni – non si possano pretendere dall’amministratore laboriose ricerche e adempimenti che, talvolta, comportano esiti infruttuosi laddove le vicende successorie non siano state correttamente e tempestivamente curate dagli eredi sotto il profilo della pubblicità:

Risulta in atti che l’amministratore, appresa l’esistenza del testamento che istituiva erede la (…), ha inviato a quest’ultima, a mezzo legale, lettera raccomandata con la quale si comunicava l’esistenza di debiti condominiali a carico della defunta (…) e si chiedeva alla (…) di comunicare o meno l’avvenuta accettazione dell’eredità: una prima missiva, datata 4.11.2014, è stata inviata sia al presunto domicilio dell’attrice (in S. v. (…)) ove non è stata ritirata e quindi è stata rimessa al mittente per compiuta giacenza; una seconda missiva, di identico contenuto, è stata inviata alla (…) presso la residenza anagrafica ((…) v. (…)), ove è stata regolarmente ritirata in data 4.12.2014.”

ed ancora

Quanto alla delibera condominiale assunta in data 27.2.2016, si rileva quanto segue.

A tale data non risulta che la (…), pur avendo provveduto a trascrivere presso la Conservatoria dei RR.II. (in data 18.5.2015) la dichiarazione di successione a suo favore e il successivo atto di permuta stipulato in data 19.11.2015 con la (…) s.r.l. avente ad oggetto alcune delle unità immobiliari ereditate (trascritto in data 7.12.2015), avesse ancora comunicato al Condominio la propria accettazione di eredità e quindi l’assunzione della qualità di condomina (né in tale contesto sarebbero state esigibili da parte dell’Amministratore ulteriori ricerche presso la Conservatoria dei RR.II., da ripetersi in vista di ogni successiva convocazione dell’assemblea condominiale).”

© Massimo Ginesi 27 maggio 2021