bed&breakfast – il divieto di destinazione contenuto nel regolamento va trascritto.

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La Suprema Corte (CAss. civ. II sez. 18 ottobre 2016 n. 21024) ritorna sul tema del bed & breakfast, già oggetto di recenti dibattiti giurisprudenziali e pone un paletto ai regolamenti contrattuali che vietano determinate destinazioni d’uso: per essere opponibili a terzi devono essere trascritti.

La sentenza merita lettura integrale per l’ampia disamina sullo status della giurisprudenza, anche se   il nucleo dirimente del pensiero del giudice di legittimità si condensa in questo passaggio: “in materia di regolamento condominiale  convenzionale, la previsione ivi contenuta di limiti alla destinazione delle proprietà esclusive, incidendo non sull’estensione ma sull’esercizio del diritto di ciascun condomino, debba essere ricondotta alla categoria delle servitù atipiche, e non delle obbligationi  propter rem … Ricondotta alla servitù, l’apponibilità ai terzi acquirenti dd limiti alla destinazione delle proprietà esclusive io ambito condominiale va regolata secondo le nonne proprie di questa, e dunque avendo riguardo alla trascrizione del relativo peso”

© massimo ginesi 19 ottobre 2016 

l’irrogazione delle sanzioni relative agli scarichi è di competenza regionale

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Il Comune è incompetente ad emettere le sanzioni relative alle violazioni previste dagli artt. 124/133 D.lgs. 152/2006.

Nel caso di specie il Condominio aveva tardato ad allacciarsi alla fognatura pubblica poiché il proprietario del fondo terraneo in cui si dovevano eseguire i lavori si opponeva all’accesso.

Il solerte comune, pur reso edotto della situazione mediante scritti difensivi, ha comunque irrogato la sanzione nella misura di 6.200 euro.

Il provvedimento è stato impugnato dinanzi al Tribunale della Spezia osservando che “l’ordinanza è radicalmente nulla per essere stata emessa da organo incompetente. Va infatti rilevato che il D.Lgs 152/2006 all’art.. 135 indica quale unico organo competente alla emissione della sanzione la Regione sul cui territorio si sarebbe verificata la violazione. Eventuali deroghe a tale competenza istituite da leggi regionali devono essere ritenute completamente illecite essendo stato espressamente abrogato l’art. 56 D.lgs 152/1999 (che consentiva tale meccanismo di attribuzione) ad opera dell’art. 175 D.Lgs. 152/2006. Allo stato attuale dunque, sussiste riserva di legge statale sulla materia de quo, e tale legge statale attribuisce la competenza sanzionatoria alle regioni con conseguente incompetenza dell’ente territoriale locale e radicale nullità dell’ordinanza emessa. In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Verona in data 4.6.2013.”

Nel merito il Condominio deduceva comunque “Il modestissimo ritardo con cui il condominio esponente ha adempiuto alle prescrizioni deriva da fatto del terzo, che costituisce con ogni evidenza interruzione del nesso di causalità fra la condotta e l’illecito contestato.Il condominio, per procedere all’allacciamento, doveva necessariamente procedere ad opere che attraversavano il fondo di un terzo, Telecom Italia, che si è opposta e con la quale sono intercorse trattative proprio al fine di realizzare tali opere. Nè un ricorso d’urgenza al giudice avrebbe consentito di accelerare, atteso che comunque le trattative sono state celeri e proficue, sicuramente con tempi minori di un procedimento cautelare che avrebbe visto l’espletamento necessario di una CTU”

Il Tribunale di La Spezia, con sentenza 29.10.2015,  accoglieva l’opposizione in linea con la propria giurisprudenza sul punto, accogliendo l’opposizione nel merito ma ribadendo in via incidentale la propria giurisprudenza consolidata già nel 2015.

Eppure ancora oggi, ottenendo analoghe pronunce,  vi è chi compare  sui quotidiani della città come  un precursore …

© massimo ginesi 16 ottobre 2016 

il sottotetto si presume comune, salvo il titolo contrario

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un recente sentenza che ribadisce principi consolidati.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 6 luglio – 6 ottobre 2016, n. 20038 conferma l’esito dei giudizi di primo e secondo grado, affermando che “Secondo i principi affermati dalla giurisprudenza, l’appartenenza del sottotetto di un edificio va determinata in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non essendo esso compreso nel novero delle parti comuni dell’edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all’uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117 c.c. è, in ogni caso, applicabile nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato all’uso comune oppure all’esercizio di un servizio di interesse condominiale, quando tale presunzione non sia superata dalla prova della proprietà” esclusiva”.

Spetterà dunque a chi intenda vantare un  proprio diritto esclusivo su  un vano che sia suscettibile, anche astrattamente, di fornire una utilità comune fornire la prova del diritto esclusivo che intende vantare, adducendo i titoli in forza dei quali tale diritto gli è pervenuto.

Il principio risulta consolidato in giurisprudenza e non pare toccato dalla novella del 2012, che nell’introdurre nell’art. 1117 cod.civ. la locuzione “i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune” da la misura della matrice giurisprudenziale della L. 220, con la quale  il legislatore ha  attinto a piene mani – spesso senza grande consapevolezza – al diritto vivente generato dalle massime della suprema corte.

La pronuncia, per l’ampia disamina di fatto e diritto, merita lettura integrale.

© massimo ginesi 11 ottobre 2016 

dare del bugiardo all’amministratore non è reato…

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…soprattutto se è vero.

La Cassazione (Cass. Pen. sez. V – 5 ottobre 2016 n. 41785) assolve un condomino dal reato di diffamazione, ritenendo che la distribuzione di volantini con l’immagine di pinocchio, in cui si afferma che l’amministratore è un incompetente in materia fiscale, costituisca esercizio del diritto di critica, specie ove l’amministratore abbia tenuto condotte che denotano una conoscenza non adeguata della normativa di settore (nel caso di specie aveva sostenuto la detraibilità di somme in favore del condominio, beneficio  che, successivamente, l’Agenzia delle entrate ha smentito).

L’utilizzo dell’immagine di Pinocchio riportata sui volantini, inoltre,  rappresenta legittimo esercizio del diritto di critica e satira.

Il limite che la Suprema Corte ha ritenuto rispettato è quello della continenza, un profilo delineato dalla giurisprudenza in più occasioni e che separa  la legittima doglianza nei confronti di un soggetto da cui si pretende una condotta professionale alla aggressione pura e semplice con termini e modi che finiscono per essere volti unicamente a gettare discredito sulla persona del destinatario.

La sentenza merita lettura integrale  per la curiosa vicenda ed i risvolti quasi fumettistici: il condomino creatore dei volantini si firmava in maniera anonima con una pseudonimo molto simile al suo cognome, cui aveva semplicemente aggiunto una k  (come paperinik).

© massimo ginesi 7 ottobre 2016

 

 

la rappresentanza sostitutiva in condominio

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Una definizione suggestiva per un fenomeno processuale non immediatamente comprensibile ai non addetti ai lavori.

Si afferma in giurisprudenza che il singolo condomino e il Condominio abbiano una concorrente legittimazione processuale e che il primo possa agire in giudizio a tutela di interessi condominiali anche ove la rappresentanza processuale sia stata assunta dall’amministratore, oppure a fronte della inerzia dell’amministratore stesso.

Il presupposto indefettibile di tale rappresentanza  sostitutiva è che in quella sede il singolo faccia comunque valere interessi collettivi e non esclusivamente propri.

Il concetto è ribadito da una sentenza recente della Suprema Corte che, purtroppo, torna a definire  il condominio quale ente di gestione, un istituto che la più accreditata dottrina ha ritenuto non applicabile al condominio e una lettura  che è stata letteralmente demolita dalle sezioni unite n. 9148 del 2008.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 luglio – 4 ottobre 2016, n. 19796: “Nel condominio di edifici, che costituisce un ente di gestione, l’esistenza dell’organo rappresentativo unitario non priva i singoli condomini del potere di agire in difesa dei diritti connessi alla loro partecipazione, ne’ quindi del potere di intervenire nel giudizio in cui tale difesa sia stata legittimamente assunta dall’amministratore e di avvalersi dei mezzi di impugnazione per evitare gli effetti sfavorevoli della sentenza pronunciata nei confronti dell’amministratore stesso che vi abbia fatto acquiescenza, salvo che relativamente alle controversie aventi ad oggetto la gestione di un servizio comune (Sez. 2, n. 6480 del 3/7/1998, RV. 516908; Sez. 2, n. 9033 del 4/7/2001, Rv. 547884). Da qui si è condivisamente tratto che il principio della c.d. “rappresentanza reciproca” e della “legittimazione sostitutiva” – in base al quale il condomino può agire a tutela dei diritti comuni nei confronti dei terzi – non può essere invocato, ad esempio, qualora il condomino, nel chiedere il rimborso anche delle spese anticipate dagli altri comproprietari rimasti estranei al giudizio, agisca non a tutela di un bene comune, bensì per far valere l’interesse personale alla reintegrazione del proprio patrimonio individuale (Sez. 2, n. 18028 del 318/2010, Rv. 614474).
Ciò posto, deve osservarsi che nel caso alla mano il resistente non ha agito per sostenere le ragioni dei condominio, ma quelle sue proprie, nei confronti di soggetto (l’appaltatore) legato da rapporto contrattuale con il condominio. Da qui il difetto di legittimazione del B. ad un’autonoma azione nei confronti dei B. al fine di soddisfare un interesse esclusivamente proprio.
Ove, poi, avesse inteso tutelare, come parrebbe sulla base dell’esposto, il suo diritto di condomino, leso da abusi edilizi, ed opere dirette a favorire solo alcuni condòmini e poste a carico di tutti i condòmini, non avrebbe dovuto rivolgersi che contro il condominio, restando estraneo alla pretesa il terzo contraente.”

© massimo ginesi 6 ottobre 2016

suolo e muri perimetrali sono comuni, salvo il titolo contrario

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Un edificio viene costruito per blocchi successivi e, in particolare, un corpo di fabbrica viene aggiunto a quello principale, al quale è collegato da alcune strutture portanti ed edificato sul suolo comune.

Dopo alcuni anni la struttura del terreno fa sì che si verifichino cedimenti in questo ultimo corpo, con danni alle unità immobiliari ivi poste, per i quali viene avanzata dai danneggiati domanda contro il Condominio unitariamente inteso, assumendo che il suolo e i muri perimetrali siano comuni ex art. 1117 cod.civ.

I giudici di primo e di secondo grado (Tribunale di Imperia e Corte di Appello di Genova) hanno respinto la domanda, ritenendo che ” i pilastri posti sul lato sud del corpo aggiunto avevano la sola funzione di reggere il fabbricato aggiunto, per cui non potevano appartenere alla proprietà comune.”

Con sentenza del 28 settembre 2016 n. 19215 la Seconda Sezione civile della Cassazione – in totale riforma delle decisioni dei giudici di merito ha riaffermato due importanti principi:

con riferimento al suolo su cui sorge il fabbricato ha chiarito che ” la nozione di suolo, che l’art. 1117 cc., n. 1 annovera tra le cose oggetto di proprietà comune, si identifica per sottrazione logica, in quanto si differenzia dall’edificio soprastante a stregua della nozione che di quest’ultimo si assuma valida. Pur nella variabilità morfologica (si pensi che per suolo su cui sorge l’edificio comune s’intende non il piano di campagna, ma la parte di terreno su cui poggia la parte infima di quest’ultimo, comprensiva delle fondazioni: cfr. Cass. n 8119 del 2004; Cass. n. 18091 del 2002; Cass. n. 6357 del 1993 e Cass. n. 1632 del 1983), il concetto di suolo corrisponde ad entità fisiche non relativizzabili, di talché in nessun caso l’edificio o una parte di esso può identificarsi come suolo, quali che siano le rispettive individuazioni catastali, attribuite per ragioni di carattere fiscale. Ne consegue che in materia condominiale nessuna porzione dell’edificio, ancorché di proprietà individuale e perciò corrispondente in catasto ad una particella diversa da quella identificante l’area su cui sorge il fabbricato comune, può essere considerata come suolo.
Nella specie, per l’accertamento della proprietà dell’immobile denominato palazzina (…), di (incontestata) proprietà (individuale) della Immobiliare Mirella s.a.s., non è applicabile l’art. 840 c.c., ma è regolato mediante l’applicazione del solo art. 1117 c.c., in base al quale è comune, salvo risulti altrimenti dal titolo, il suolo su cui sorge l’edificio (n. 1 art. cit.).”

Con riguardo  ai muri perimetrali: ” l’edificio di cui parla l’art. 1117 c.c. non è dato dall’insieme delle sole sue parti comuni, nel senso che queste si identifichino con quello esaurendone la definizione, ma è il tutto, cioè un’unità fisico-economica complessa e compiuta che racchiude ogni porzione, di proprietà comune o individuale, del fabbricato medesimo. Non a caso la norma enumera le parti comuni dell’edificio, e non descrive, viceversa, quest’ultimo come somma delle sole strutture superindividuali elencate, così come l’art. 1117 c.c., comma 1 correla il suolo, quale parte di proprietà condominiale, unicamente al fabbricato, non anche alle singole altre parti (fondazioni, muri maestri, tetti ecc.) che sono comuni per la funzione assolta, non per il fatto di essere comprese nell’edificio (in termini, Cass. n. 18344 del 2015 e Cass. n. 4430 del 2012).
Ne deriva che il suolo, che ai sensi del n. 1 della norma appena citata è oggetto di proprietà comune, è quello su cui insiste l’insieme della struttura, incluse le parti di mura perimetrali che, per titolo o funzione svolta, non siano da considerarsi comuni, come nel caso in cui queste siano destinate unicamente a delimitare e sorreggere una corpo sporgente di proprietà individuale”.

© massimo ginesi 5 ottobre 2016

supercondominio: la revoca dell’amministratore non spetta ai rappresentanti

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La novella del 2012 ha completamente ridisegnato il volto dell’art. 67 disp.att. cod.civ., dettando una disciplina del supercondominio la cui operatività – a tutt’oggi – lascia ampi margini di dubbio anche fra gli interpreti più accreditati.

Per i complessi con più di sessanta condomini il legislatore ha dettato un farraginoso meccanismo che, astrattamente, intendeva evitare le riunioni fiume, attribuendo l’ordinaria amministrazione ad una assemblea più snella e composta dai rappresentanti dei singoli fabbricati ma che – per la contorta e imprecisa formulazione della norma – lascia aperti forti interrogativi sulle modalità di nomina dei rappresentanti stessi, di convocazione, di partecipazione e di svolgimento  di quella assemblea.

Il Tribunale di Milano, con sentenza 22 agosto 2016 (estensore Rota), ha statuito che l’assemblea dei rappresentanti ha competenza in materia di nomina dell’amministratore  – che è certamente  materia di ordinaria amministrazione – ma non può invece deciderne la revoca, che competerebbe alla assemblea plenaria.

La sentenza, i cui approdi possono anche apparire poco condivisibili alla luce degli  orientamenti di legittimità su alcuni dei problemi affrontati, ha il pregio di tentare una analisi sistematica dell’istituto del supercondominio così come tracciato dal legislatore del 2012 e merita lettura attenta e integrale.

© massimo ginesi 3 ottobre 2016 

spese rimborsate al singolo condomino solo in caso di urgenza

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La Cassazione ribadisce la portata precettiva dell’art. 1134 cod.civ.

Dopo 17 anni giunge ad epilogo una vicenda iniziata dinanzi al Giudice di Pace di Alghero e relativa alla richiesta di pagamento avanzata da un società nei confronti di una condomina , sull’assunto di aver anticipato le spese per la cura e la manutenzione delle parti comuni.

Il giudice di primo grado e il Tribunale di Sassari, in secondo grado, avevano inopinatamente ritenuto fondata la richiesta, che è stata invece disattesa dal giudice di legittimita.

La Suprema corte, II sez. Civile, con sentenza n. 18758 depositata in data 23 settembre 2016 ha chiarito che “In ordine alla rilevanza delle spese anticipate dal singolo condomino, l’art. 1134 c.c. fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell’art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell’amministratore”. Nel condominio la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell’amministratore non è sufficiente. Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l’amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2011, n. 21015). Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune, l’urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell’edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità… La disposizione dell’art. 1134 c.c., invero, è diretta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato riservata agli organi del condominio, essendo previsti dalle norme processuali strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell’edificio … Il diritto al rimborso in seguito all’attività gestoria, svolta dal singolo condomino in deroga alla competenza dell’assemblea e dell’amministratore, si giustifica, quindi, soltanto in ragione dell’urgenza delle spese “

La sentenza, per l’ampio contenuto in fatto e diritto e i numerosi  richiami giurisprudenziali, merita lettura integrale.

© massimo ginesi 27 settembre 2016