Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 9 dicembre 2015 – 27 gennaio 2016, n. 1548
Una sentenza non dell’ultima ora, ma che contiene alcuni principi interessanti e vale la pena commentare.
I fatti: il Condominio richiede ed ottiene decreto ingiuntivo sulla scorta di una delibera che approva un rendiconto e l’attribuzione dello stesso per quote ai condomini, pur in assenza di una tabella millesimale legittimamente approvata. A tale decreto propone opposizione il condomino ingiunto, sostenendone l’illegittima emissione.
La Suprema corte detta alcuni principi essenziali, legati alla prioritaria esigenza di funzionamento della compagine condominiale, all’obbligo di ciascuno di contribuire in forza dei parametri stabiliti dalla legge anche una senza di tabelle, al potere del giudice di stabilire anche d’ufficio e con riferimento alle norme di cui agli artt. 1123 e s.s. cod.civ. l’onere per ciascuno e alla idoneità della sola delibera a consentire l’emissione del provvedimento monitorio.
La motivazione è stringata ma efficace: “Tanto attesa la particolarità della vicenda in esame contrassegnata dalla pacifica assenza di una valida ed approvata tabella millesimale di ripartizione delle spese deliberate dall’assemblea condominiale. Nell’ipotesi la delibera alla cui stregua venivano ripartite le spese (idonea di per sé alla valida emissione dell’opposto D.I.) ben poteva ritenersi non adeguatamente idonea a comprovare nel giudizio di opposizione la pretesa creditoria del Condominio. Tanto in dipendenza dell’accennata inesistenza di valide tabelle eccepita dall’opponente.
In tal caso, tuttavia (e anche al fine di evitare comunque una sorta di esenzione generalizzata del pagamento a carico del debitore) incombeva comunque al Giudice un onere. E tutto ciò alla stregua, anche per effetto del principio di seguito affermato, di una corretta applicazione delle norme invocate con il primo motivo del ricorso in esame.
In particolare vi era un obbligo di verifica dell’esistenza, validità ed efficacia della delibera in conformità del valore delle singole posizioni condominiali anche in assenza tabelle regolari.
Ed, ancora, se la pretesa del Condominio era o meno conforme a criteri di ripartizione. Giova, specificamente e con precipuo riferimento al secondo motivo del ricorso, raffermare il principio già affermato da questa Corte, secondo cui “in tema di riparto di spese condominiali, qualora non possa farsi riferimento ad una tabella millesimale approvata da tutti i condomini, il condomino non può sottrarsi al pagamento della quota, spettando al giudice di stabilire se la pretesa del condominio nei confronti del singolo condomino sia conforme ai criteri di ripartizione che, con riguardo ai valori delle singole quote di proprietà sono stabiliti dalla legge in “subiecta materia”, determinando egli stesso in via incidentale, anche in assenza di specifica richiesta al riguardo, i valori di piano o di porzioni di piano espressi in millesimi” (Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 30 luglio 1992, n. 9107).
L’esposto, condiviso e qui ribadito principio rinviene la sua evidente ratio nella necessità di assicurare comunque le condizioni di corretta continuità gestionale dell’ente condominiale, atteso che – in assenza di una valida approvata tabella ed al cospetto dell’opposizione di un condominio- non potrebbe comunque crearsi e legittimarsi una situazione di totale sottrazione all’obbligo di contribuire alle spese comuni e, quindi, di paralisi del condominio stesso.”
© massimo ginesi giugno 2016