La costruzione da parte della Pubblica Amministrazione di opere infrastrutturali in vicinanza di edifici privati non provoca ipso iure danno, ma la diminuzione del valore dell’immobile e l’eventuale danno biologico subito dagli occupanti sono soggetti agli ordinari regimi di prova.
Lo ha stabilito Cass.civ. VI sez. 12 settembre 2017, n. 21150.
Gli attori “deducendo di essere proprietari di un appartamento sito in (OMISSIS), convenivano il Ministero delle Infrastrutture al fine di ottenere il risarcimento dei danni prodotti alla propria abitazione che a causa dei lavori di completamento della variante (OMISSIS) e del viadotto della sopraelevata avrebbe subito una considerevole svalutazione stante la struttura e l’inquinamento acustico e atmosferico derivante dalla circolazione dei veicoli.
Gli attori precisavano, nelle successive memorie ex articolo 183 c.p.c., comma 6, n. 1, due ordini di danno: l’uno da svalutazione dell’edificio in dipendenza sia dell’enorme struttura stradale realizzata sia dell’inquinamento acustico e atmosferico compromettente la qualita’ della vita e la salubrita’ dei luoghi; l’altro danno, biologico ed esistenziale ex articoli 844 e 2043 c.c., per le immissioni rumorose e di gas di scarico degli autoveicoli.”
Il Tribunale di Ancona sulla base delle risultanze probatorie acquisite in giudizio con sentenza n. 745/2011 respingeva la domanda risarcitoria avanzata dagli attori non ritenendo debitamente provati i lamentati danni.
La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza n. 701 dell’8 giugno 2016, rigettava l’appello non ritenendo sufficienti le prove dei danni effettivamente subiti a causa dei lavori pubblici cosi’ come allegate dagli attori a suffragio delle pretese risarcitorie avanzate.
La Cassazione ritiene il ricorso inammissibile, rilevando che costituisce indebita riprosizone di questioni di merito: “I ricorrenti non colgono la ratio decidendi della sentenza. Il giudice di merito ha affermato che il nuovo orientamento giurisprudenziale introdotto da Cass. 3 luglio 2013 n. 16619 consente al giudice di valutare il danno da svalutazione in termini di amenita’ e panoramicita’ dell’immobile, ma che nel caso di specie sotto tale profilo la domanda non sia stata provata.
Sostiene il giudice che gli odierni ricorrenti non hanno mai allegato il fatto della ridotta luminosita’ panoramicita’ e godibilita’ dell’immobile, ne’ sono mai state avanzate richieste istruttorie finalizzate a provare la limitazioni delle predette utilita’. Ha anche analizzato sotto tale aspetto la consulenza espletata.
Ed e’ principio consolidato di questa Corte che con la proposizione del ricorso per Cassazione, il ricorrente non puo’ rimettere in discussione, contrapponendone uno diffoime, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in se’ coerente.
L’apprezzamento dei fatti e delle prove, infatti, e’ sottratto al sindacato di legittimita’, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non e’ conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilita’ e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011). Come appunto nel caso di specie”
massimo ginesi 27 settembre 2017