Una interessante pronuncia della suprema corte (Cass.Civ. sez.II ord.26 settembre 2018, n. 22911) ritorna sul tema della legittimazione passiva dell’amministratore di condominio, cassando una pronuncia della corte di appello di Milano che l’aveva ritenuta insussistente.
i fatti: “La “Nimma” s.r.l. ed H.M.E. G., comproprietarie dello stabile in (omissis) , e del cortile facente parte del predetto stabile, citavano a comparire dinanzi al tribunale di Milano il condominio del confinante edificio di piazzetta (omissis) , edificio una cui facciata insisteva su uno dei lati perimetrali del cortile.
Chiedevano accertarsi e dichiararsi che era stata costituita in favore del condominio convenuto solo ed esclusivamente una servitù di passaggio pedonale, che il condominio convenuto aveva posizionato nel cortile di loro proprietà bidoni dell’immondizia e sacchi di rifiuti di vario genere, che siffatta condotta costituiva violazione del loro diritto di proprietà; chiedevano quindi condannarsi il condominio a ripristinare lo status quo ante e a rimuovere tutto quanto era stato indebitamente collocato.”
il contenuto della pronuncia di appello: “Con sentenza n. 689/2014 la corte d’appello di Milano rigettava ambedue i gravami e compensava integralmente le spese del grado.
Premetteva la corte – per quel che rileva in questa sede – che la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio si radica in quanto oggetto di causa sia un bene annoverabile tra quelli di cui all’art. 1117 cod. civ.; che entro questi termini nessuna limitazione si prefigura alla legittimazione passiva dell’amministratore condominiale per qualsivoglia azione anche di natura reale promossa contro il condominio.
Indi su tale scorta evidenziava che viceversa nella fattispecie il bene per il quale era controversia – l’area cortilizia – non costituiva un bene condominiale, ma un bene di proprietà esclusiva delle attrici, sicché era da disconoscere la legittimazione passiva del condominio, tanto più che l’uso improprio del cortile era da ascrivere ai singoli condomini.”
il principio di diritto espresso dalla corte di legittimità: “È sufficiente il riferimento all’insegnamento di questa Corte di legittimità – insegnamento puntualmente richiamato dalle ricorrenti – a tenor del quale, in tema di controversie condominiali, la legittimazione dell’amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi dell’art. 1131, 2 co., cod. civ. non incontra limiti e sussiste, anche in ordine all’interposizione d’ogni mezzo di gravame che si renda eventualmente necessario, in relazione ad ogni tipo d’azione, anche reale o possessoria, promossa nei confronti del condominio da terzi o da un singolo condomino (trovando ragione nell’esigenza di facilitare l’evocazione in giudizio del condominio, quale ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini) in ordine alle parti comuni dello stabile condominiale, tali dovendo estensivamente ritenersi anche quelle esterne, purché adibite all’uso comune di tutti i condomini (cfr. Cass. 4.5.2005, n. 9206).
Evidentemente l’ampia proiezione, segnatamente in ordine alla nozione “parti comuni (…) adibite all’uso di tutti i condomini”, del testé menzionato insegnamento sgombera il campo dalle perplessità prospettate dal condominio controricorrente (“davvero non pare sostenibile che la sentenza n. 9206/2005 (…) abbia affermato che vi sia legittimazione passiva di un condominio (…) anche quando la vertenza investa aree appartenenti a terzi, ove le stesse siano utilizzate, anche solo in via di fatto, dai condomini”: così memoria del controricorrente, pag. 3).
Per altro verso questo Giudice del diritto spiega che la legittimazione passiva dell’amministratore di condominio sussiste, con riguardo ad azioni negatorie e confessorie di servitù, anche nel caso in cui sia domandata la rimozione di opere comuni o la eliminazione di ostacoli che impediscano o turbino l’esercizio della servitù medesima, non rendendosi necessaria l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei condomini (cfr. Cass. 21.1.2004, n. 919).
Evidentemente l’indicazione giurisprudenziale testé riferita rileva viepiù nel caso de quo, caso nel quale è stata sollecitata la rimozione di res agevolmente amovibili.
In accoglimento e nei limiti del primo motivo di ricorso la sentenza n. 689 dei 28.1/18.2.2014 della corte d’appello di Milano va cassata con rinvio ad altra sezione della stessa corte d’appello.
All’enunciazione – in ossequio alla previsione dell’art. 384, 1 co., cod. proc. civ. – del principio di diritto – al quale ci si dovrà uniformare in sede di rinvio – può farsi luogo per relationem, nei medesimi termini espressi dalla massima desunta dagli insegnamenti di questa Corte (il riferimento è a Cass. n. 9206/2005; Cass. n. 919/2004) dapprima citati.
In sede di rinvio si provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.”
© massimo ginesi 28 settembre 2018