Una conduttrice risulta irreperibile per ben due volte presso l’immobile locato, ove risulta anche la sua residenza anagrafica: la circostanza attestata dapprima dall’ufficiale giudiziario e, successivamente, dal messo postale.
Il locatore chiede mutamento del rito per provvedere alla notifica ex art 143 c.p.c., modalità che la giurisprudenza di legittimità (opportunamente) non ammette per la intimazione di sfratto.
Al momento della notifica di tali provvedimenti, la conduttrice ricompare nell’immobile e ritira gli atti depositati presso la casa comunale, chiedendo che il rito sia retrocesso alla fase sommaria (onde poter beneficiare del termine di grazia) ed avanzando domanda riconvenzionale sulla durata del contratto.
Non si reca tuttavia all’incontro di mediazione, eccependo che l’invito è stato comunicato dall’organismo mediante servizio di posta reso da soggetto privato, pur risultando la sua firma sull’avviso di ricevimento.
La vicenda coinvolge diversi aspetti interessanti e di frequente rilievo nel procedimento locatizio, temi su cui si è pronunciato con recente sentenza il tribunale apuano (Trib. Massa 3 maggio 2019 n. 286), accogliendo la domanda di risoluzione avanzata dal locatore.
sulla irreperibilità – Quanto alla circostanza della sua irreperibilità, in forza della quale è stato mutato il rito, non potendosi procedere per consolidata giurisprudenza in via sommaria nei confoenti dell’irreperibile, va rilevato che la C. è risultata per ben due volte non individuabile al proprio indirizzo di via P, così come risulta dapprima dalla relata del primo tentativo di notifica e, successivamente, dagli avvisi di ricevimento della notifica ex art 140 c.p.c., nei quali espressamente si legge “nominativo inesistente”, sì che il pubblico ufficiale addetto deve ritenersi non abbia ivi rinvenuto tracce riconducibili alla convenuta.
Si tratta di attestazioni la cui rispondenza al vero deve necessariamente essere contestata attraverso lo specifico strumento della querela di falso (Cass. 2486/2018), cui la convenuta ha ritenuto di non fare ricorso.
Ne deriva che deve ritenersi provata e sussistente la circostanza della sua irreperibilità al momento delle tentate notifiche della intimazione di sfratto, divenendo irrilevanti le argomentazioni di merito svolte oggi, senza che sia stata proposta la querela.
La stessa giurisprudenza citata da parte convenuta (Cass. 15626/2018) pare non attagliarsi al caso di specie, poiché riferita ad ipotesi di mera assenza del destinatario dal luogo di residenza, pur essendo individuati già nella relata possibili siti alternativi di destinazione, sì che si tratta di vicenda ontologicamente diversa dall’ipotesi in cui – come nel caso di specie – emerga non già una semplice assenza nel luogo indicato dal notificante, ma risulti invece l’assenza di alcun collegamento fra quel luogo e il soggetto destinatario della notifica (circostanza attestata con efficacia di pubblica fede).
Né si potrà pretendere dal locatore, che non rinvenga nella residenza e nell’immobile locato il conduttore, che estenda ricerche all’intero orbe terracqueo, posto che la diligenza del notificante va intesa in senso dinamico ed improntata a criteri ordinari e di comune buona fede (Cass. 12526/2014), dovendosi contemperare la tutela del diritto di difesa del convenuto (che pure ha dovere di rendersi reperibile laddove risultano i propri recapiti formali, anagrafici e contrattuali) con l’analoga tutela delle ragioni del locatore, che – a fronte di grave e perdurante inadempimento del conduttore – ha diritto di poter accedere a strumenti di tutela giudiziaria in tempi e con modalità parimenti ragionevoli e non defatigatorie.
Non vale infine a mutare il quadro sin qui delineato la circostanza che la notifica successiva sia avvenuta correttamente all’indirizzo de quo, posto che ben possono darsi mutamenti di fatto successivi, sì che l’irreperibilità antecedente – attestata dal pubblico ufficiale – non può ritenersi ab origine insussistente sol perché il soggetto si sia reso successivamente reperibile nello stesso luogo (Cass. 16864/2018).
Si deve pertanto ritenere che la convenuta non abbia opportunamente assolto all’onere che alla stessa incombeva – in ordine alla prova della propria reperibilità al momento della notifica della intimazione (a fronte di attestazioni di fede privilegiata e di senso opposto), sì che il mutamento del rito e la successiva instaurazione del contraddittorio devono essere ritenuti perfettamente legittimi.
sulla richiesta di retrocessione del rito – “Deve ancora rilevarsi che anche la lamentata lesione del diritto di difesa (circostanza essenziale ai fini della rilevanza della eccezione, Cass. 3805/2018) appare del tutto teorica e sfornita di alcun elemento di concretezza e supporto probatorio: lamenta la convenuta che, ove si fosse proceduto con rito sommario, avrebbe potuto avanzare richiesta di termine ex art. 55 L. 392/1978; tuttavia, poiché tale beneficio non è affatto automatico, omette di fornire anche in questa sede alcun elemento idoneo a supportare una prognosi favorevole di adempimento nell’eventuale termine concesso, e mantiene anzi – anche nelle fasi successive del processo (ben più ampie di qualunque termine eventualmente concedibile in fase sommaria) – totale inerzia rispetto alle proprie obbligazioni (che pure non contesta).
Si tratta di atteggiamento che finisce per apparire decisamente dilatorio ed improntato ad un uso strumentale del processo, al solo fine di procrastinare gli effetti del proprio inadempimento.
sulla mediazione – Parimenti infondata si rileva l’eccezione di improcedibilità per mancato esperimento della mediazione: parte attrice ha prodotto sia l’istanza di mediazione che la convocazione delle parti ad opera del mediatore, nonché l’avviso di ricevimento relativo all’invio di tali atti alla convenuta da parte dell’organismo di mediazione, effettuato tramite servizio postale privato.
Il procedimento di mediazione, anche ove prodromico ed obbligatorio per la procedibilità della successiva azione giudiziale, rimane procedimento a carattere non contenzioso e di natura stragiudiziale, cui in alcun modo può ritenersi applicabile la disciplina delle notifiche, tanto che lo stesso D.lgs 28/2010 lascia sotto tale profilo ampia libertà di scelta alle parti, non disciplinando in alcun modo tale aspetto. Diviene pertanto ininfluente la natura del soggetto che effettua la comunicazione, così come appare non pertinente la richiamata pronuncia di legittimità (Cass. 26778/2016) – su cui parte convenuta fonda la propria eccezione – che attiene invece unicamente alle notifiche relative ad atti giudiziari e alla valenza certificatoria del messo postale in ordine alla data (che nel caso di specie non è oggetto di specifica contestazione).
Appare peraltro dirimente la circostanza che su tale avviso di ricevimento risulti apposta la firma della stessa convenuta, che costei si è ben guardata dal disconoscere come propria, così come non ha espressamente contestato né la data di ricezione né il contenuto del plico, limitandosi a mere eccezioni formali (…) . Dovendosi ritenere dunque che la C. abbia sottoscritto tale atto nella data ivi indicata, e che a tale avviso debba quantomeno riconoscersi valenza di scrittura privata circa la ricezione dell’atto allegato, diviene irrilevante la natura e il potere certificatorio del soggetto che ha effettuato la consegna, dovendosi necessariamente prendere atto che la convenuta ha ricevuto l’invito in mediazione, come risulta dalla sua firma – non disconosciuta – apposta sull’avviso datato 4.2.2019 e non vi ha immotivatamente partecipato, sì che la condizione di procedibilità deve ritenersi avverata.
sulla domanda riconvenzionale – “Tale condizione deve inoltre ritenersi sussistente anche con riguardo alla riconvenzionale avanzata da parte convenuta, poiché una lettura costituzionalmente orientata dell’istituto della mediazione (di recente sancita anche da Cass.8473/2019) deve condurre ad una sua applicazione non manifestamente dilatoria: il soggetto chiamato a mediare per la risoluzione del contratto di locazione, dovuta al suo inadempimento, ben potrebbe in quella sede confrontarsi su ogni altro aspetto relativo a quel contratto, ivi compresa la sua durata, tenuto conto che si deve ritenere che l’istanza iniziale devolva al mediatore tutto il dedotto e il deducibile relativo a quel rapporto (Trib. Roma 27.11.2014, Trib. Massa 17..7.2017 e 6.7.2018 n. 496).
La domanda avanzata in via riconvenzionale da parte convenuta, che ha ad oggetto la durata del contratto, va peraltro respinta per difetto di interesse ad agire ex art 100 c.p.c.: risulta per tabulas, (ed è incontestato ex art 115 c.p.c.), che la convenuta conduttrice risultasse morosa di oltre 2500 euro già al momento della intimazione ed abbia poi osservato il più assoluto inadempimento sino ad oggi; ne deriva che, già al momento della introduzione del giudizio, risultava sussistente un inadempimento grave ex art 1455 c.c. (avuto riguardo all’entità del canone mensile e al complessivo assetto patrimoniale convenuto dalle parti), idoneo a dichiarare la risoluzione del vincolo contrattuale per fatto imputabile al conduttore, quale che fosse la configurazione giuridica corretta del contratto con riguardo alla sua durata.
In proposito, pur non sussistendo sostanziali contestazioni in merito di parte attrice, deve rilevarsi che anche ove si dovesse ritenere illecita la clausola relativa alla durata, la sua nullità non si estenderebbe all’intero contratto (Cass. 20794/2018) né avrebbe immediata ed automatica influenza sulla obbligazione corrispettiva, sì che difetta alcun interesse dello stesso ad avanzare domanda in tal senso.”
La condotta sostanziale e processuale della convenuta le è valsa anche condanna ex art 96 comma III c.p.c. in misura prossima alle spese liquidate.
© massimo ginesi 13 maggio 2019