Una recente sentenza del Tribunale di Roma (Trib. Roma 3/9/2018, n. 167579) richiama in maniera chiara un costante orientamento di legittimità sulla natura del peso imposto alla proprietà esclusiva (limitazione di uso, ad esempio) e la sua opponibilità al soggetto che acquisti detta unità immobiliare.
In tal caso la limitazione, da ascrivere al genus delle servitù reciproche, deve essere espressamente richiamata nell’atto di acquisto oppure deve risultare trascritta la specifica clausola regolamentare che la prevede, non essendo sufficiente la preventiva generica trascrizione del regolamento contrattuale che l’abbia adottata.
La mancata opponibilità per difetto di trascrizione può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
“Invero le clausole regolamentari -quali quelle invocate dall’attore-, che limitano i diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, per essere opponibili devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale.
Le clausole suddette, che restringono i poteri e le facoltà sulle proprietà esclusive o comuni e che sono intese a creare vincoli anche per gli aventi causa delle parti originarie non sono nulle per la violazione del numero chiuso delle obbligazioni reali poiché tali clausole non costituiscono obbligazioni propter rem (che si esauriscono nelle specie espressamente previste dalla legge) ma servitù reciproche atipiche consistenti fra l’altro nell’assoggettare al peso della non modificabilità (della destinazione, nel caso in esame) tutti i piani o le porzioni di piano di proprietà esclusiva a vantaggio delle altre proprietà immobiliari. Ed il fatto che dette clausole costituiscano vincoli obbligatori non determina, come detto, la nullità delle stesse trattandosi, appunto, di servitù reciproche come affermato da condivisibile recente giurisprudenza di legittimità (Cass. 21024/16, Cass. 14898/13, Cass. 6769/18 e Cass. 1064/11).
Dal rilievo che i limiti negoziali alla destinazione delle unità immobiliari di proprietà esclusiva devono essere ricompresi nell’ambito delle servitù segue che, per poter utilmente opporre dette clausole ai nuovi titolari del bene ove il regolamento stesso non sia richiamato, con adesione, nell’atto di acquisto (o comunque sia stato espressamente oggetto di approvazione da parte del soggetto al quale è imputata la violazione), non è sufficiente la trascrizione del regolamento come atto unitario ma è necessario che, nella relativa nota, sia fatta specifica menzione della servitù.
Invero in materia di costituzione di servitù, la trascrizione (richiesta dall’art. 2643 n. 4 cc) non adempie ad una funzione costitutiva ma serve a rendere opponibile il diritto ai terzi i quali abbiano acquistato un diritto reale incompatibile con la servitù medesima. E, quindi, perché la trascrizione possa rispondere al suo scopo di dare conoscenza ai terzi dell’avvenuta costituzione della servitù, è necessario che la conoscenza possa essere acquisita attraverso il semplice esame dei registri immobiliari perché soltanto quelle parti della nota che menzionano la servitù sono rese pubbliche ed i terzi solo a queste debbono attenersi: la trascrizione di un atto di trasferimento della proprietà senza che sia fatta in esso menzione delle servitù contestualmente costituite a favore dell’immobile trasferito non conferisce a questa alcuna pubblicità e non la rende opponibile ai terzi successivi acquirenti del fondo servente tranne nel caso in cui la servitù sia stata portata a loro conoscenza nei rispettivi atti di trasferimento (Cass. 5626/85e Cass. 5158/03).
Con la precisazione che, poichè l’art. 17 della legge 52/85 prevede che ciascuna nota di trascrizione non può riguardare più di un negozio giuridico o convenzione oggetto dell’atto di cui si chiede la trascrizione e poiché il successivo art. 18 dispone che il conservatore ‘non può ricevere le note di trascrizione non conformi alle disposizioni del precedente articolo’, affinchè la pubblicità operi è necessario che il negozio fatto valere sia stato autonomamente trascritto (se l’atto ne contenga più di uno) con la specifica indicazione del fondo servente e di quello dominante perché altrimenti dai registri i terzi interessati non sono in condizione di verificarne l’esistenza (Cass. 17491/14).
Orbene nel caso in esame non risulta che il prodotto regolamento e la clausola invocata siano stati espressamente oggetto di accettazione, al momento dell’acquisto, da parte del condomino che utilizzata il proprio immobile a palestra né risulta provata l’esistenza di una nota di trascrizione del regolamento depositato in atti o meglio della clausola ivi contenuto con riguardo alla specifica costituzione della servitù invocata.
Detto regolamento quindi, all’evidenza, è inidoneo ad opporre ai terzi, quale deve essere ritenuto il proprietario dell’appartamento utilizzato a palestra P., la servitù oggetto di causa considerato che non è emerso che il predetto abbia approvato specificamente il regolamento e la clausola oggetto di esame o che ne abbia preso conoscenza perché debitamente trascritta.
Donde non vi è prova che abbia prestato adesione alle clausole invocate dall’attore che non possono essere considerate, quindi, opponibili al predetto al quale nessuna violazione del regolamento può pertanto essere imputata. Mette conto quindi di evidenziare che il difetto di trascrizione di un atto, quale fatto impeditivo dell’opponibilità dello stesso, integra un’eccezione in senso lato non subordinata alla specifica allegazione di parte che può, pertanto, essere rilevata anche d’ufficio (Cass. 6769/18). Con la conseguenza che tale carenza deve essere tenuta in cale al fine della decisione ed irrilevante è la circostanza che il convenuto non abbia specificamente opposto detto fatto.”
© massimo ginesi 12 settembre 2018