Accade con frequenza di trovarsi di fronte a sentenze che lasciano stupiti per la stranezza e la palese infondatezza della posizione espressa dal giudice.
Taluno sosteneva che il diritto è scienza espressa con le parole e non con i numeri e quindi non da mai un risultato esatto, ma un conto sono le possibili diverse interpretazioni della norma ed un conto sono pronunce che non trovano fondamento alcuno nelle norme vigenti nè nella giurisprudenza di legittimità e sono pure sorrette da una motivazione claudicante o poco pertinente.
Accade che un condominio citi dinanzi al Giudice di Pace (a cagione del basso valore del contendere) l’impresa che ha eseguito lavori straordinari nel fabbricato, appaltatore che ha preso atto con ua scrittura privata della sussistenza di alcuni vizi e si è impegnato a porvi rimedio.
L’impresa rimane contumace, ma il giudice di primo grado emette una sentenza con cui ha dichiaro inammissibile la domanda di parte attrice, ritenendo il difetto di legittimazione attiva del Condominio per essersi l’Amministratore costituito in giudizio senza avere prodotto la delibera assembleare che lo autorizzava ad iniziare la causa.
Il condominio propone appello e il Tribunale di Massa con sentenza 29 gennaio 2018 n. 81 riforma radicalmente la sentenza di primo grado, accogliendo la domanda del condominio ed osservando che – ove il Giudice ritenga che si tratti di causa che esula dalle competenze di cui all’art. 1130 cod.civ. e richieda autorizzazione assembleare – deve concedere termine al condominio per la produzione della delibera, aldilà di qualunque termine processuale.
“Secondo il costante orientamento della Suprema Corte, il Giudice che reputi di decidere la lite in base ad una questione o ad un fatto rilevati ex officio, e non formalmente sollevati dalle parti, deve astenersi dal decidere, segnalando la questione alle parti al fine di provocare la discussione e le consequenziali attività assertive e probatorie (Cass, Sez. II, 11/12/2013, n. 27631).
Pertanto – nel caso in esame – avendo il giudice di pace dichiarato inammissibile la domanda formulata dal CONDOMINIO per mancata produzione in giudizio della delibera condominiale autorizzativa alla proposizione della lite, seppur richiamata nella procura alle liti depositata agli atti, sollevando la questione d’ufficio, direttamente in sede di decisione, non ha posto all’attenzione della parte attrice la questione posta a fondamento della sua decisione e non ha consentito sulla stessa l’esplicarsi del contraddittorio.
Ne è conseguita la violazione del principio del contraddittorio, che di contro può dirsi rispettato se gli interessati in giudizio sono posti nelle condizioni di conoscere le eccezioni e le deduzioni dell’altra parte o sollevati d’ufficio e di esporre le proprie difese, con la conseguenza che il giudice che ritenga, dopo l’udienza di trattazione, di sollevare una questione rilevabile d’ufficio e non considerata dalle parti, deve sottoporla ad esse al fine di provocare il contraddittorio e consentire lo svolgimento delle opportune difese, dando spazio alle consequenziali attività. Doveva, dunque, essere concesso alle parti un termine al fine di provocare il contraddittorio.
Ulteriormente, in tema di difetto di legittimazione, deve essere ancora rammentato che secondo le Sezioni unite (Cass. 9217/10), già in controversia instaurata prima della novella n. 69 del 2009, l’art. 182, comma 2, c.p.c., secondo cui il giudice che rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione “può” assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev’essere interpretato, anche alla luce della modifica apportata dall’art. 46, comma secondo, della legge n. 69 del 2009, nel senso che il giudice “deve” promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti “ex tunc”, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali.
La opzione interpretativa avviata nel 2010 (riconosciuta anche più di recente cfr. Cass.11898 del 28/05/2014), che è intesa a favorire la celebrazione del processo al fine di giungere a una stabile soluzione di merito, è sicuramente nel senso che si può desumere dal disposto vecchio e nuovo dell’art. 182 c.p.c..
Esso mira, oggi più esplicitamente, a consentire che sia posto rimedio alla nullità rilevante (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4248 del 2016). Orbene, nel caso sottoposto a questo Tribunale, diversamente da quanto statuito dal giudice di prime cure, deve ritenersi la sussistenza della legittimazione processuale attiva del CONDOMINIO L. in persona dell’Amministratore pro tempore, come da delibera condominiale autorizzativa alla proposizione della lite di primo grado nei confronti della impresa edile B. & F. S.N.C., benché prodotta solo in sede di gravame (doc. 4 appellante). Dunque, la questione deve ritenersi superata stante l’avvenuta produzione in giudizio della delibera stessa”
Il Tribunale conferma anche un consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di obbligazioni derivanti dal contratto di appalto e della natura novativa della dichiarazione dell’appaltatore che si impegni ad eseguire opere di eliminazione dei vizi: “In tema di appalto o di contratto d’opera, l’impegno ad eliminare i vizi della cosa o dell’opera, assunto dall’appaltatore o dal prestatore, alla stregua di principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, costituisce fonte di un’autonoma obbligazione di “facere”, la quale rimane pertanto, soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13613 del 30/05/2013 (Rv. 626504 – 01)”
© massimo ginesi 14 febbraio 2018