un recente provvedimento della corte di lettimità (Cass.Civ. sez. II ord. 7 gennaio 2019 n. 129) affronta il problema di divieto di destinazione di unità immobiliari poste in condominio contenuto nel regolamento.
Nel caso specifico si trattava di un divieto limitato solo ad alcuni fondi e derivato da un accordo stipulato fra l’originario proprietario e l’acquirente di detta unità, patto poi trasfuso nel regolamento di condominio, e che stabiliva il divieto di adibire ad attività di ristorazione i fondi del piano terrà, salvo quello che si affacciava su un solo lato dell’edificio.
LA Corte di merito (e poi il giudice di legittimità) hanno ritenuto illecito – alla luce di tale divieto, il collegamento di altro fondo – contiguo ma non prospiciente su quella via e di proprietà dello stesso condomino – in quanto , ampliando la superficie destinata ad attività vietata, aggirava il divieto convenzionale.
“La Corte di merito ha rilevato, con argomentazione logica e coerente, che l’art. 12 del regolamento condominiale vietava, in via generale, la destinazione di unità immobiliari ad attività di ristorazione, con la sola eccezione di quelle poste al piano terra e prospicenti la via P S.
In presenza di tale inequivoca disposizione, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante la mancanza di porzioni evidenziate nella planimetria unita al regolamento condominiale, non potendo attribuirsi a tale mancanza l’ abrogazione o inefficacia della menzionata clausola n.12 del regolamento, in forza della quale era consentito svolgere attività di ristorazione nella sola porzione che, al momento dell’approvazione del regolamento condominiale, era prospicente a via P S., vale a dire il sub 815.
Secondo quanto ritenuto dal giudice di merito, l’art 18 del Regolamento condominiale attribuiva a Caladan la facoltà di unificare più porzioni di sua proprietà, ma non anche quella di aggirare il divieto del citato art. 12, ampliando lo spazio destinato alla ristorazione.
L’ interpretazione della corte territoriale appare dunque conforme non solo al significato letterale del Regolamento condominiale, ma anche al principio di conservazione del contratto ( art. 1367 c.c.) ed alla conformità alla natura ed oggetto del regolamento condominiale (art. 1369 c.c.), che esprimeva la comune intenzione dei contraenti di limitare l’esercizio di attività potenzialmente foriere di immissioni (di rumore, fumo etc. ) nocive , quale quella di ristorazione.”
© Massimo Ginesi 9 gennaio 2019