Una recente pronuncia del Tribunale apuano (Trib. Massa 26.4.2023) affronta un tema peculiare: la domanda rivolta da un singolo condomino unicamente al proprietario esclusivo di una terrazza a livello, sia in ordine ai danni patiti che alla eliminazione delle cause di infiltrazione.
Osserva il Tribunale che. “La circostanza che si tratti di responsabilità extracontrattuale ex art 2051 c.c. comporta che sussista fra i diversi responsabili solidarietà ex art 2055 c.c. e che, pertanto, la domanda possa essere accolta – con riferimento ai danni subiti dall’attrice – nell’ambito di tale previsione, secondo costante orientamento di legittimità: “La responsabilità per i danni derivanti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello il cui uso non sia comune a tutti i condòmini deve essere ricondotta nell’ambito della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c., con la conseguenza che dei relativi danni rispondono sia il proprietario, o usuario esclusivo quale custode del bene, sia il condominio in forza degli obblighi inerenti all’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore, ai sensi dell’art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull’assemblea dei condòmini ex art. 1135, comma 1, n. 4 c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria. Ne consegue che il rapporto di responsabilità che si instaura tra i diversi soggetti obbligati va ricostruito in termini di solidarietà, ai sensi dell’art. 2055 c.c., con esclusione del litisconsorzio necessario di tutti i presunti autori dell’illecito, sicché il danneggiato ben può agire nei confronti del singolo condòmino, senza obbligo di citare in giudizio gli altri.” (Cass. 516/2022).
La domanda relativa all’adozione delle opere necessarie a ripristinare l’efficienza della terrazza andrà invece rivolta al condominio (né parrebbe che sia stata esplicitamente azionata in questa sede), così come resta salva – aldilà del meccanismo di solidarietà previsto dall’art. 2055 c.c. – la facoltà dei convenuti di agire nei confronti del condominio per vedere imputato il danno, nei rapporti interni, secondo le previsioni di cui all’art. 1126 c.c. (o della diversa proporzione che dovesse risultare provata in quella sede).”
Lo afferma Cass.civ. sez. II ord. 21 maggio 2020 n. 9380, che ribadisce un consolidato orientamento in tema di beni comuni – ossia la necessità di un evidente interversione del possesso da parte del singolo – posto che il mero utilizzo, in situazioni di contitolarità, non è di per sè requisito dirimente ai fini dell’animus.
La Corte evidenzia come il lastrico solare, ai sensi dell’art. 1126 c.c., possa essere di proprietà esclusiva, circostanza che dunque ne legittima anche l’usucapione da parte del singolo che lo utilizzi in via esclusiva, rendendo evidente tale sua volontà agli altri condomini, per il periodo di tempo previsto dalla legge.
“La Corte d’appello, dopo aver escluso che i lastrici solari appartenessero per titoli contrattuali ad una delle parti, ha accolto la domanda di usucapione senza avere previamente accertato la natura condominiale o non degli immobili in contestazione, laddove il lastrico solare è compreso nel catalogo delle parti comuni del fabbricato, ai sensi dell’art. 1117 c.c., con conseguente presunzione di condominialità (ex plurimis, Cass. 23/08/2017, n. 20287).
Si tratta, infatti, di bene che svolge una funzione di utilità comune a tutti i condomini, in quanto assicura la copertura dell’edificio (cfr. Cass. Sez. U. 10/05/2016, n. 9449, del 10/05/2016).
Nondimeno, come chiaramente emerge dal regime delle spese di riparazione e ricostruzione previsto dall’art. 1126 c.c., è configurabile l’”uso esclusivo” del lastrico (o di parte di esso), al quale la giurisprudenza consolidata ha assimilato l’ipotesi in cui il lastrico solare sia di proprietà esclusiva. Si trova ripetutamente affermato che il lastrico solare, anche se attribuito in uso esclusivo o di proprietà esclusiva di uno dei condomini, svolge funzione di copertura del fabbricato e perciò l’obbligo di provvedere alla sua riparazione o ricostruzione, sempre che non derivi da fatto imputabile soltanto a detto condomino, grava su tutti i condomini, con ripartizione delle relative spese secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c. (ex plurimis, in ordine cronologico, Cass. 29/10/1992, n. 11774; Cass. Sez. U. 29/04/1997, n. 3672; Cass. 28/11/2001, n, 15131; Cass. 21/02/2006, n. 3676; Cass. 07/02/2017, n. 3239).
Una volta ammessa l’appartenenza esclusiva del lastrico, è consequenziale ammettere che la proprietà dello stesso possa essere acquistata per usucapione, dovendosi ritenere superata l’affermazione risalente, secondo cui il lastrico solare non sarebbe usucapibile perché concettualmente insopprimibili le utilità tratte dagli altri partecipi della comunione, per effetto della connaturata destinazione di copertura del fabbricato (Cass. 05/06/1968, n. 3544).
È vero, al contrario, che l’utilitas concettualmente insopprimibile – copertura dell’edificio – che tutti i condomini ricavano dal lastrico solare non costituisce una facoltà connessa al diritto di proprietà, esercitabile dal proprietario ovvero dal possessore o compossessore, trattandosi di utilità che si trae dal bene in sé, mentre sono altre le utilità, esse sì corrispondenti ad altrettante facoltà connesse alla proprietà e coincidenti con il godimento del bene, che possono rilevare ai fini dell’usucapione.
Come ripetutamente affermato da questa Corte, il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituita da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà (ex plurimis, Cass. 02/03/1998, n, 2261; Cass. 23/07/2010, n. 17322; Cass. 09/06/2015, n. 11903; Cass. 19/10/2017, n. 24781).”
La cassazione (Cass.civ. sez. II ord. 17 gennaio 2020 n. 951) richiama il dettato delle sezioni unite del 2016 in tema di infiltrazioni da lastrico solare, con riguardo ad una vicenda che vedeva dani causati al sottostante appartamento condotto in locazione: “la Corte d’appello di Napoli, con la sentenza di cui in epigrafe, riformata la sentenza di primo grado, accolto l’appello principale di D.G.M.I. e quello incidentale di R.E. , condannò il Condominio di (omissis) e la D.G. a corrispondere alla R. la complessiva somma di Euro 4.187,03, oltre rivalutazione e interessi, ponendone 2/3 a carico del condominio e 1/3 a carico della D.G. ;
– purgata la narrazione delle vicende di primo e secondo grado che oramai hanno perso d’attualità è bastevole osservare che la condanna afferiva al risarcimento del danno procurato all’interno dell’abitazione, di proprietà della D.G. e condotto in locazione dalla R. , da infiltrazioni di acqua piovana provenienti dalla terrazza di copertura dell’edificio condominiale, di proprietà esclusiva della D.G. “
Il giudice di legittimità rileva che “con il primo motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1126, 1130, 1131 e 1578 c.c., art. 1585 c.c., comma 2, artt. 2043 e 2051 c.c. e degli artt. 81, 91, 111, 279, 323 e 362 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; nonché “insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo per il giudizio”, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5; – questa, in sintesi, liberata l’esposizione dal sovrabbondante e non pertinente richiamo a larga parte della congerie di norme sopra riportate e dalla denunzia di un vizio motivazionale non previsto dalla legge: – la ricorrente afferma che dei danni derivanti dal lastrico solare, senza che rilevi la circostanza che di esso ne sia proprietaria esclusiva la medesima, deve essere chiamato a rispondere il solo condominio;
considerato che la doglianza è destituita di giuridico fondamento: a) questa Corte a Sezioni Unite ha chiarito che, in tema di condominio negli edifici, qualora l’uso del lastrico solare (o della terrazza a livello) non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ex art. 1130 c.c., comma 1, n. 4, nonché sull’assemblea dei condomini ex art. 1135 c.c., comma 1, n. 4, tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria; il concorso di tali responsabilità va di norma risolto, salva la rigorosa prova contraria della specifica imputabilità soggettiva del danno, secondo i criteri di cui all’art. 1126 c.c., che pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio (sentenza n. 9449 del 10/05/2016, Rv. 639821; conf., Sez. 2, n. 3239, 7/2/2017); b) in secondo luogo il locatore (nella specie la ricorrente) deve mantenere la cosa locata “in istato da servire all’uso convenuto” (art. 1574 c.c., n. 2) e, pertanto, la D.G. , fermi i suoi rapporti col condominio, restava obbligata nei confronti della conduttrice”
Ove nel condominio esista un fondo commerciale posto in corpo di fabbrica attiguo al fabbricato principale, la copertura piana di cui è dotato, ove non raccolga e smaltisca acque piovane del condominio, non svolga alcuna altra funzione comune e non veda diritti di calpestio di terzi, rimane bene della cui manutenzione deve gravarsi unicamente il proprietario del fondo.
E’ quanto ha stabilito di recente la suprema Corte (Cass.Civ. Sez. VI-2 ord. 20 giugno 2019 n. 16625 rel. Scarpa), rilevando che in tal caso l’applicazione dell’art. 1126 c.c. non potrà comportare responsabilità del condominio, non sussistendo nè funzione comune nè altre unità sottostanti la copertura nè, tantomeno, potrà ipotizzarsi una sua responsabilità come custode.
“Secondo orientamento giurisprudenziale consolidato, la responsabilità concorrente del condominio con il proprietario o usuario esclusivo di un lastrico solare o di una terrazza a livello, per i danni da infiltrazione nell’appartamento sottostante, in base ai criteri di cui all’art. 1126 c.c., suppone che il lastrico o la terrazza – indipendentemente dalla sua proprietà o dal suo uso esclusivo -, per i suoi connotati strutturali e funzionali, svolga funzione di copertura del fabbricato, ovvero di più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a diversi proprietari (arg. da Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449; Cass. Sez. U, 10/05/2016, n. 9449).
L’obbligo del condominio di concorrere al risarcimento dei danni da infiltrazioni cagionate dal lastrico solare o dalla terrazza a livello che non sia comune, ex art. 1117 c.c., a tutti i condomini, è quindi correlato all’accertamento in concreto di tale funzione di copertura dell’intero edificio, o della parte di esso cui il bene «serve», in quanto superficie terminale del fabbricato.
Se, come accertato nel caso in esame, la terrazza a livello sovrasta soltanto un piano terraneo di proprietà esclusiva, costituendo un autonomo corpo di fabbrica rispetto all’edificio condominiale (a prescindere dalla questione della sua estraneità alla “presunzione” di condominialità, su cui si sofferma la Corte d’Appello di Napoli e che è invece irrilevate ai fini dell’art. 1126 c.c.), l’inconfigurabilità di una responsabilità risarcitoria concorrente del condominio, da quantificare secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 c.c., discende dal difetto della funzione di copertura e protezione dell’edificio, che costituisce la ratio di tale disposizione.”
Su detto lastrico finivano anche scarichi abusivi di alcuni condomini, per i quali, parimenti, non può invocarsi alcuna responsabilità del condominio: “ La fattispecie di cui all’art. 2051 c.c., in tema di responsabilità civile per i danni cagionati da cose in custodia, postula la sussistenza di un rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all’evento lesivo.
In tal senso, il condominio di un edificio può intendersi custode dei beni e dei servizi comuni, e perciò obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le parti comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, rispondendo dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini.
Viceversa, il singolo condomino non può pretendere di affermare la responsabilità del condominio, a norma dell’art. 2051 c.c., per il risarcimento dei danni sofferti a causa del cattivo funzionamento di tubazioni di scarico delle acque destinate a servizio esclusivo di proprietà individuali, di cui alcune (come nella specie, accertato in base a giudizio di fatto demandato al giudice del merito) pure estranee al complesso condominiale, essendo il condominio stesso tenuto alla custodia ed alla manutenzione unicamente delle parti e degli impianti comuni dell’edificio.
L’eliminazione delle caratteristiche di una cosa, che rendono questa atta a produrre danno, deve essere chiesta nei confronti del proprietario-possessore della cosa stessa, la cui responsabilità è presunta a norma dell’art. 2051 c.c.”
Ove il titolo non disponga espressamente circa la proprità di un lastrico solare, il giudice di merito, onde accertarne la natura condominiale verificare se – viceversa – sia attribuibile ad un condomino in via esclsuiva, deve compiere un accertamento di fatto volto a verificre se tale bene possa essere identificato come pertinenza dell’immobile di proprità del condomino che ne rivendica la titolarità.
E’ quanto afferma Cass.civ. sez. VI ord. 2 maggio 2018 n. 10411, sottolineando come la pertinenza debba configurarsi quale bene accessorio, destinato ad arrecare utilità al bene principale e non al suo propritario: osserva la corte che il giudice di secondo grado
operazione ermeneutica che appare perfettamente in liena con la consolidata giurisprudenza di legittimità:
Un condomino provvede a lavori di ripristino della propria terrazza a livello, dalla quale derivano copiose infiltrazioni all’unità sottostante, e poi chiede in giudizio il rimborso agli altri condomini in ragione delle quote previste dall’art. 1126 cod.civ.; costoro solo in secondo grado contestano la sussistenza dell’urgenza e rilevano anche che l’iniziativa del singolo ha pregiudicato il loro diritto a beneficiare delle consentite detrazioni fiscali per interventi similari.
Dapprima il Giudice di Pace di Alghero e poi il Tribunale di Sassari accolgono la domanda; contro le statuizioni di merito ricorrono per cassazione i soccombenti, le cui istanze vengono rigettate anche in tale sede (Cass.Civ. sez. II ord. 28 febbraio 2018 n. 4684 rel. Scarpa).
La corte di legittimità ripercorre i principi consolidati in tema di spese anticipate dal singolo, di responsabilità per danni derivanti dal lastrico e sottolinea come la detraibilità fiscale dell’intervento sia una facoltà e non un obbligo, sì che non può ritenersi sussistente pregiudizio in tal senso.
“Non è dubbio che, ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c. (nella formulazione qui operante ratione temporis, antecedente alle modifiche introdotte dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220), il condomino che ha fatto spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente; né può confutarsi che debba considerare “urgente” la sola spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.
E’ altresì inevitabile ribadire che la prova dell’indifferibilità della spesa incombe sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (così da ultimo Cass., Sez. 6 -2, 16/11/2017, n. 27235; e già, tra le tante, Cass. Sez. 2, 12/09/1980, n. 5256).”
La corte ribadisce tuttavia che il principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c. vale anche nel processo dinanzi al Giudice di Pace, di talchè correttamente il tribunale di Sassari aveva ritenuto provata la circostanza: “Quanto tuttavia residui come fatto incontroverso tra le parti, rimane per ciò solo non bisognoso di prova; di tal che, pure il fatto dell’urgenza ex art. 1134 c.c., posto dall’attore a fondamento della domanda di rimborso delle spese anticipate, se non contestato dal convenuto, deve essere considerato incontroverso e non richiedente una specifica dimostrazione, né la contestazione di fatti originariamente non contestati può poi essere ammessa in appello.
I ricorrenti, avendo la sentenza impugnata rilevato che essi avevano tenuto in primo grado una condotta processuale di non contestazione, avrebbero pertanto dovuto innanzitutto allegare e dimostrare l’erroneità di tale statuizione, indicando specificamente in ricorso, ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., gli atti difensivi in cui fosse stata sin dall’inizio opposta l’insussistenza dell’urgenza ex art. 1134 c.c. (cfr. tra le tante Cass. Sez. 3, 09/08/2016, n. 16655; Cass. Sez. 6 – 1, 12/10/2017, n. 24062). Ric. 2014″
Osserva ancora la Corte che “l’infondatezza delle censure articolate deriva altresì dall’operatività del principio già affermato in giurisprudenza, per cui il dovere di contribuzione dei condomini ai costi di manutenzione di un terrazzo di proprietà esclusiva non fonda sull’applicazione degli artt. 1110 e 1134 c.c., siccome postulanti spese inerenti ad una cosa comune, ma trova la propria ragione, ex art. 1126 c.c., nell’utilità che i condomini sottostanti traggono dal bene, fermo poi il diverso profilo della qualificazione dell’azione che garantisca il rimborso delle somme eventualmente anticipate per intero dal titolare del diritto esclusivo (così Cass. Sez. 2, 09/01/2017, n. 199).
Quanto alla questione posta col terzo motivo, ove si lamenta che il V. avrebbe dovuto dimostrare che i danni non erano dovuti a fatti a lui imputabili, vale piuttosto il principio enunciato da Cass. Sez. U, 10/05/2016, n. 9449, per cui qualora l’uso del lastrico solare o della terrazza a livello non sia comune a tutti i condomini, dei danni da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario, o l’usuario esclusivo, quale custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia, appunto, il condominio in forza degli obblighi inerenti l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni incombenti sull’amministratore ex art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., nonché sull’assemblea dei condomini ex art. 1135, comma 1, n.4, c.c., tenuta a provvedere alle opere di manutenzione straordinaria.”
In merito alle agevolazioni fiscali il giudice di legittimità sottolinea che “neppure può incidere sulla sussistenza e sulla misura del credito del V. per il rimborso delle quote anticipate, con riguardo alla riparazione del terrazzo a livello, l’allegata circostanza che lo stesso controricorrente non si fosse avvalso delle detrazioni in ragione della spesa sostenuta per l’intervento edilizio, in forza dell’art.1 della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
Tale detrazione è, infatti, oggetto di una facoltà, e non di un obbligo, per il creditore; peraltro, di essa, sempre che si tratti di lavori eseguiti su parti condominiali, possono beneficiare tutti i comproprietari che abbiano in concreto provveduto ai relativi pagamenti, salva la regolamentazione dei loro rapporti interni e la delega conferita ad uno di essi ad eseguire i bonifici.”
E’ quanto ha stabilito la Suprema Corte con recentissima decisione (Cass.Civ. II sez. ord. 18 dicembre 2017 n. 30307): ove un complesso immobiliare sia costituito da più corpi di fabbrica coperti da un unico lastrico tale bene dovrà ritenersi comune ed assoggettato al regime del condominio.
Osserva la corte che
il giudice di merito aveva ritenuto che il complesso immobiliare costituisse una struttura funzionalmente unica
Il regime di presunzione per destinazione funzionale previsto dall’art. 1117 cod.civ. opera in assenza di titolo che disponga diversamente
ai fini della valutazione sulla condominiali del solaio è poi indifferente che il bene preveda un uso concreto da parte di tutti i condomini, essendo sufficiente a tal fine la sua attitudine funzionale
Una lunga ed interessante sentenza della suprema corte (Cass.Civ. II sez. 16 ottobre 2017 n. 24301) affronta l’ipotesi in cui l’originario unico proprietario del fabbricato condominiale, nel cedere la prima unità a terzi e, dunque, nel dar luogo alla nascita del condominio, disponga in ordine all’uso esclusivo di talune parti comuni a favore di alcuni condomini.
La Corte riconosce pacíficamente come legittima tale facoltà, che può essere esercitata anche semplicemente tramite una disposizione in un regolamento contrattuale richiamato nel primo atto di cessione che da luogo alla costituzione del condominio e provvede, con interessante disamina, a delineare i confini ed i contenuti del diritto d’uso così costituito.
Afferma il giudice di legittimità, respingendo una tesi dei ricorrenti, che il diritto d’uso così costituito non va ricondotto nè alla ipotesi del diritto reale d’uso previsto dall’art. 1021 cod.civ. né viola il principio del numero chiuso dei diritti reali, poiché la situazione caratteristica che si determina in condominio – laddove venga attribuito l’uso esclusivo di una parte comune ad un singolo – trova radice normativa nella stessa disciplina condominiale e segnatamente negli artt. 1126 e 1122 cod.civ.
La sentenza per l’articolata e interessante motivazione, richiede lettura integrale
Lo afferma la Suprema Corte (Cass.civ. sez. VI-2 ord. 14 settembre 2017 n. 21340 rel. Scarpa), affrontando un caso peculiare, deciso in maniera difforme dal Tribunale e dalla Corte d’appello e infine giunto al vaglio di legittimità.
La Corte ribadisce che anche per la terrazza a livello che funga da copertura ai piani sottostanti vige la presunzione di condominialità stabilità dall’art. 1117 cod.civ.; non vale a superarla la circostanza che il bene sia destinato pertinenza ed uso dell’appartamento all’ultimo piano, potendo solo il titolo attribuire diritti esclusivi.
Il giudice di legittimità delinea con chiarezza l’oggetto della contesa: “la controversia in esame contrappone due aventi causa dall’unico originario proprietario di un complesso immobiliare, poi suddiviso in due distinti condomìni (P I e P II), ed attiene alla proprietà di una terrazza a livello, sovrapposta ad uno dei due condomìni (P II). La ricorrente I R.R. assume che la terrazza svolga funzione di copertura dei sottostanti piani dell’edificio ormai costituente il Condominio P II, sicchè opera al riguardo l’attribuzione legale della medesima terrazza in proprietà condominiale ai proprietari delle rispettive unità immobiliari, a norma dell’art. 1117 c.c., quale parte necessaria all’esistenza del fabbricato da essa coperto. La Corte d’Appello di Milano ha invece accolto la tesi degli originari convenuti, signori T, sostenendo che si trattasse di terrazza a livello sottratta alla presunzione di comunione ex art 1117 c.c., e piuttosto oggetto di proprietà esclusiva, giacchè costituente, in senso funzionale e strutturale, parte integrante dell’appartamento di proprietà T., che è però compreso nel distinto Condominio P I.”
La Corte censura le valutazioni dei giudici di appello: “Ora, è certamente ammissibile, per quanto si desume dall’art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorchè vengano costituiti condomìni separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un appartamento ricadente in entrambi i condomìni (arg. da Cass. Sez. 6 – 2, 23/03/2017, n. 7605; Cass. Sez. 2, 01/03/1995, n. 2324; Cass. Sez. 2, 07/08/1982, n. 4439).
Nella sua decisione, la Corte d’Appello ha però malamente applicato l’art. 1117 c.c., alla stregua dell’interpretazione affermata da Cass. Sez. 2, 22/11/1996, n. 10323, che il Collegio intende qui ribadire.
Invero, l’art. 1117, n. 1, c.c. menziona tra i beni comuni i tetti ed i lastrici solari, i quali sono parti essenziali per l’esistenza del fabbricato, in quanto per la struttura e per la funzione servono da copertura all’edificio e da protezione per i piani o per le porzioni di piano sottostanti dagli agenti atmosferici, mentre tale norma non fa espresso riferimento alle terrazze a livello, le quali, tuttavia, pur offrendo rispetto al lastrico utilità ulteriori, quali il comodo accesso e la possibilità di trattenersi, svolgono altresì le medesime funzioni di copertura dell’edificio e di protezione dagli agenti atmosferici, e devono perciò ritenersi di proprietà comune ex art. 1117, n. 1, c.c., rimanendo attribuite in condominio ai proprietari delle singole unità immobiliari.
Tale identità di funzione tra terrazza a livello e lastrico solare è del resto alla base della comune pacifica applicazione ad entrambi dell’art. 1126 c.c.
La deroga all’attribuzione legale al condominio e l’attribuzione in proprietà esclusiva della terrazza a livello possono, allora, derivare solo dal titolo, mediante espressa disposizione di essa nel negozio di alienazione, ovvero mediante un atto di destinazione da parte del titolare di un diritto reale.”
Non vale, come fatto dalla Corte d’Appello di Milano, considerare la terrazza a livello come pertinenza dell’appartamento da cui vi si accede, in quanto ciò supporrebbe l’autonomia ontologica della terrazza e l’esistenza del diritto reale su di essa, che consenta la sua destinazione al servizio dell’appartamento stesso, in difformità dall’attribuzione ex art. 1117 c.c., laddove, a norma dell’art. 819 c.c., la destinazione al servizio pertinenziale non pregiudica i diritti dei terzi, e quindi, non può pregiudicare i diritti dei condomini sulla cosa comune”
La decisione di secondo grado viene cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano che dovrà attenersi al principio di diritto enunciato molto chiaramente dal giudice di legittimità: “Nella controversia fra due aventi causa dall’unico originario proprietario di un complesso immobiliare, poi suddiviso in due distinti condomìni, la proprietà di una terrazza a livello, svolgente funzione di copertura dei sottostanti piani di uno dei due edifici ed attigua ad un’unità immobiliare ricompresa nell’altro edificio condominiale, è da ritenersi oggetto di proprietà comune dei proprietari delle unità immobiliari da essa coperte, a norma dell’art. 1117, n. 1), c.c., quale parte necessaria all’esistenza del fabbricato, salvo che non risulti dal titolo l’espressa disposizione o destinazione della proprietà superficiaria della terrazza in favore del proprietario del contiguo appartamento estraneo al condominio”.
La Cassazione (Cass.civ. sez. II ord. 14 settembre 207 n. 21337 rel. Scarpa) ribadisce un principio più volte affermato: ove il viale di accesso al condominio svolga anche funzione di copertura dei sottostanti box, le relative spese di manutenzione andranno ripartite in forza del disposto dell’art. 1125 cod.civ.
La vicenda ha origine in un supercondominio, ove tali spese sono state invece ripartite secondo il disposto dell’art. 1126 cod.civ. ed alcuni condomini hanno impugnato la delibera, ottenendo ragione sia in primo che in secondo grado: il Tribunale di Frosinone e poi la corte d’appello di Roma hanno dato affermato l’applicabilità al caso di specie dell’art. 1125 cod.civ., questione che viene risproposta dal supercondominio ricorrente dinanzi al giudice di legittimità.
Nel respingere il ricorso, la cassazione osserva che: ” Come correttamente statuito dalla Corte d’Appello di Roma, qualora si debba procedere alla riparazione del cortile o viale di accesso all’edificio condominiale, che funga anche da copertura per i locali sotterranei di proprietà esclusiva di un singolo condomino, ai fini della ripartizione delle relative spese non si può ricorrere al criterio previsto dall’art. 1126 c.c. (sul presupposto dell’equiparazione del bene fuori dalla proiezione dell’immobile condominiale, ma al servizio di questo, ad una terrazza a livello), ma si deve, invece, procedere ad un’applicazione analogica dell’art. 1125 c.c., il quale accolla per intero le spese relative alla manutenzione della parte della struttura complessa identificantesi con il pavimento del piano superiore a chi, con l’uso esclusivo della stessa, determina la necessità dell’inerente manutenzione, in tal senso verificandosi un’applicazione particolare del principio generale dettato dall’art. 1123, comma 2, c.c. di tal che è fondata l’impugnativa della deliberazione assembleare dell’8 marzo 2005 proposta da P A, M A, M A e V A, avendo l’assemblea erroneamente posto le spese di rifacimento del piazzale a carico per un terzo del condominio e per due terzi degli attori, proprietari esclusivi del sottostante locale (così Cass., sez. VI- 2, 16/05/2017, n. 12177; Cass., sez. II, 19/07/2011, n. 15841; Cass., sez. II, 05/05/2010, n. 10858; Cass., sez. II, 14/09/2005, n. 18194).
La Corte trae spunto dalla vicenda per estendere il principio anche alla ipotesi di lastrico solare o terrazza a livello che funga da copertura ad un solo vano: “D’altro canto, anche nelle ipotesi in cui ad una terrazza a livello sia sottoposto un solo locale, ove le relative spese di manutenzione vengano regolate alla stregua dell’art. 1126 c.c., e non dell’art. 1125 c.c., si finisce per porre a carico dell’unico condomino “coperto” i due terzi della spesa di rifacimento, ovvero il doppio di quanto dovuto dall’utilizzatore esclusivo della terrazza, così vanificandosi la ratio dell’art. 1126 c.c.: tale norma, infatti, intende dare maggiore rilievo alla utilitas ricavabile dal bene ulteriore a quella insita nella generale funzione di copertura, sicché essa mira non soltanto a compensare il più rapido deterioramento del lastrico dovuto al diuturno calpestio sullo stesso, quanto soprattutto a non far gravare iniquamente sui soli condomini, ai quali il lastrico serve da copertura, una spesa che avvantaggia in maniera particolare chi da esso è in grado di trarre altri e diversi vantaggi. Pertanto, in caso comunque di riparazione di terrazza a livello sovrastante un’unica unità immobiliare, ovvero un unico piano, si rende plausibile un’applicazione analogica dell’art. 1125 c.c., in maniera da dare pari incidenza alle funzioni di separazione in senso orizzontale, di sostegno e di copertura svolte dalla res”
Tale ultima interpretazione pare invece prendere le distanze da alcuni precedenti della stessa Cassazione (Cass.civ. sez. II 15 luglio 2003 n. 11029, Cass.civ. sez. II 16 maggio 1963, n. 1124).