E’ principio pacifico in giurisprudenza che l’opponente al decreto ingiuntivo non possa, in quella sede, far valere vizi attinenti alla annullabilità della delibera, che dovranno invece essere dedotti in separato giudizio, tempestivamente introdotto e che non minano l’esistenza e l’efficacia della delibera (salvo che il giudice della impugnazione non disponga in tal senso).
A tale lettura sfuggono invece i vizi da ricondurre ad ipotesi di nullità del deliberato in forza del quale è stato ottenuto il provvedimento monitorio, posto che si tratta di vizio che il giudice può rilevare d’ufficio e che attiene all’esistenza stessa della delibera.
E’ quanto ribadisce, con motivazione cristallina, la recente ordinanza resa da Cass.Civ. sez.VI-2 21 giugno 2018 n. 16389 rel. Scarpa.
“E’ certamente da ribadire che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. Sez. 2, 29 agosto 1994, n. 7569).
Nello stesso giudizio di opposizione, il condomino opponente non può far valere questioni attinenti alla annullabilità della delibera condominiale di approvazione dello stato di ripartizione.
Tale delibera costituisce, infatti, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condominio a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è, dunque, ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere (Cass. Sez. U., 18 dicembre 2009, n. 26629; da ultimo, Cass. Sez. 2 , 23/02/2017, n. 4672).
Il giudice deve quindi accogliere l’opposizione solo qualora la delibera condominiale abbia perduto la sua efficacia, per esserne stata l’esecuzione sospesa dal giudice dell’impugnazione, ex art. 1137, comma 2, c.c., o per avere questi, con sentenza sopravvenuta alla decisione di merito nel giudizio di opposizione ancorché non passata in giudicato, annullato la deliberazione (Cass. Sez. 2, 14/11/2012, n. 19938; Cass. Sez. 6 – 2, 24/03/2017, n. 7741).
Questa Corte ha però anche chiarito, con orientamento che va ribadito e che depone per la correttezza della decisione del Tribunale di Castrovillari, come nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, il limite alla rilevabilità, anche d’ufficio, dell’invalidità delle sottostanti delibere non opera allorché si tratti di vizi implicanti la loro nullità, trattandosi dell’applicazione di atti la cui validità rappresenta un elemento costitutivo della domanda (Cass. Sez. 2, 12/01/2016, n. 305).
La nullità di una deliberazione dell’assemblea condominiale, del resto, comporta che la stessa, a differenza delle ipotesi di annullabilità, non implichi la necessità di tempestiva impugnazione nel termine di trenta giorni previsto dall’art. 1137 cod.civ.
Una deliberazione nulla, secondo i principi generali degli organi collegiali, non può, pertanto, finché (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, come si afferma per le deliberazioni soltanto annullabili.
Alle deliberazioni prese dall’assemblea condominiale si applica, perciò, il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421 cod.civ. , secondo cui è comunque attribuito al giudice, anche d’appello, il potere di rilevarne pure d’ufficio la nullità, ogni qual volta la validità (o l’invalidità) dell’atto collegiale rientri, appunto, tra gli elementi costitutivi della domanda su cui egli debba decidere (Cass. Sez. 2, 17/06/2015, n. 12582; Cass. Sez. 6 -2, 15/03/2017, n.6652).
Ora, una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione in parti uguali (ovvero con regime “capitario”) degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni, in deroga ai criteri di proporzionalità fissati dall’art. 1123 cod.civ., proprio come avvenuto nella delibera del 16 settembre 2005, va certamente ritenuta nulla, occorrendo semmai a tal fine una convenzione approvata all’unanimità, che sia espressione dell’autonomia contrattuale (Cass. Sez. 2, 16/02/2001, n. 2301; Cass. Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233; Cass. Sez. 2, 04/08/2017, n. 19651).
La nullità di una siffatta delibera può, quindi, essere fatta valere anche nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione dei discendenti contributi condominiali, trattandosi di vizio che inficia la stessa esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa (esistenza che il giudice dell’opposizione deve comunque verificare) e che rimane sottratto al termine perentorio di impugnativa di cui all’art. 1137 cod.civ.
Il ricorso va perciò rigettato e il ricorrente Condominio va condannato a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione.”
© massimo ginesi 25 giugno 2018