l’azione in tema di vizi dell’appalto può essere ad ampio spettro

 

Il Tribunale di Torino, con una ponderosa sentenza in data 29 gennaio 2019 n. 429, ribadisce principi già espressi dalla Corte di legittimità, evidenziando come – ove ne sussistano i presupposti e non si sia incorsi nelle diverse decadenze – l’azione per gravi vizi ex art 1669 cod.civ.  e quella contrattuale ai sensi dell’art. 1667 cod.civ. possano essere proposte cumulativamente.

Il Giudice piemontese sottolinea anche come l’eccezione relativa alla decadenza ex art 1667 cod.civ. non sia rilevabile d’ufficio e che, pertanto, l0’appaltatore che si costituisca tardivamente, ovvero non rispettando il termine di cui all’art. 167 cod.proc.civ. , non sia legittimato a farla valere.

Anche se superfluo, si precisa che questo giudice non condivide tale ragionamento perché la domanda svolta è certamente proponibile a norma dell’art. 1668 e 1669 c.c. ed è invece inconferente il richiamato agli artt. 2931 c.c. e 612 c.p.c. svolto dalla difesa di parte convenuta posto che la controparte non ha formulato soltanto una domanda di “facere”.

In merito alla qualificazione della domanda, si precisa che la Corte di Cassazione ha statuito che “i gravi difetti che, ai sensi dell’art. 1669 c.c., fanno sorgere la responsabilità dell’appaltatore nei confronti dei committente e dei suoi aventi causa consistono in quelle alterazioni che, in modo apprezzabile, riducono il godimento del bene nella sua globalità, pregiudicandone la normale utilizzazione, in relazione alla sua funzione economica e pratica e secondo la sua intrinseca natura. A tal fine, rilevano pure vizi non totalmente impeditivi dell’uso dell’immobile, come quelli relativi all’efficienza dell’impianto idrico o alla presenza di infiltrazioni e umidità, ancorché incidenti soltanto su parti comuni dell’edificio e non sulle singole proprietà dei condomini” (Cass. civ., Sez. II, 4 ottobre 2018, n. 24230; Id., Sez. II, 3 gennaio 2013, n. 84, nella quale si era parimenti sostenuto che “i gravi difetti di costruzione che danno luogo alla garanzia prevista dall’art. 1669 cod. civ. non si identificano necessariamente con vizi influenti sulla staticità dell’edificio, ma possono consistere in qualsiasi alterazione che, pur riguardando soltanto una parte condominiale, incida sulla struttura e funzionalità globale dell’edificio, menomandone il godimento in misura apprezzabile, come nell’ipotesi di infiltrazione d’acqua e umidità nelle murature del vano scala, causata dalla non corretta tecnica di montaggio dei pannelli di copertura).

Per tali ragioni non si condivide la tesi espressa dalla difesa di parte convenuta secondo cui il disposto di cui all’art. 1669 c.c. non può trovare applicazione alla fattispecie in esame.

Peraltro, il Supremo Collegio ha altresì chiarito che “non sussiste incompatibilità tra gli artt. 1667 e 1669 c.c., potendo il committente di un immobile che presenti “gravi difetti” invocare, oltre al rimedio risarcitorio del danno (contemplato soltanto dall’art. 1669 c.c.), anche quelli previsti dall’art. 1668 c.c. (eliminazione dei vizi, riduzione del prezzo, risoluzione del contratto) con riguardo ai vizi di cui all’art. 1667 c.c., purché non sia incorso nella decadenza stabilita dal comma secondo di quest’ultimo, dovendosi ritenere che, pur nella diversità della natura giuridica delle responsabilità rispettivamente disciplinate dalle anzidette norme (l’art. 1669 c.c., quella extracontrattuale, l’art. 1667 c.c., quella contrattuale), le relative fattispecie si configurino l’una (l’art. 1669 c.c.) come sottospecie dell’altra (art. 1667 c.c.), perché i “gravi difetti” dell’opera si traducono inevitabilmente in “vizi” della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la sussistenza di quelli della seconda, continuando ad applicarsi la norma generale anche in presenza dei presupposti di operatività di quella speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie, quale risultato conforme alla “ratio” di rafforzamento della tutela del committente sottesa allo stesso art. 1669 c.c.” (Cass. civ., Sez. I, 19 gennaio 2016, n. 815).

Anche a voler ritenere applicabile il disposto di cui all’art. 1667 c.c., si puntualizza che “la decadenza del committente dall’azione di garanzia per vizi dell’opera, prevista dall’art. 1667 c.c. non è rilevabile d’ufficio” (Cass. civ., Sez. II, 11 novembre 1988, n. 6077) e deve essere eccepita dal convenuto con la comparsa di costituzione in giudizio a norma dell’art. 167, comma secondo, c.p.c. (cfr Cass. civ., Sez. II, 19 ottobre 2012, n. 18078; nonché l’ordinanza n. 5931/2016 della Sezione IV).

Nella fattispecie, il convenuto si è tardivamente costituito in giudizio e pertanto l’eccezione di decadenza dalla denuncia dei vizi non può essere esaminata.

Visto che non era stata eccepita la relativa decadenza nei termini di legge è del tutto irrilevante la giurisprudenza richiamata dalla difesa di parte convenuta in comparsa conclusionale in tema di onere della prova della tempestività della denuncia (condizione dell’azione).

Come noto, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, “il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 cod. civ.” (cfr Cass. civ., Sez. III, 20 gennaio 2015, n. 826; Id., Sez. I, 15 luglio 2011, n. 15659).

Con riferimento al contratto di appalto, si è chiarito che “le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell’opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all’art. 1667 c.c., ma non derogano al principio generale che governa l’adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta che l’appaltatore, il quale agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, abbia l’onere – allorché il committente sollevi l’eccezione di inadempimento di cui al terzo comma di detta disposizione – di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l’opera conformemente al contratto ed alle regole dell’arte” (Cass. civ., Sez. II, 20 gennaio 2010, n. 936).”

© massimo ginesi 11 febbraio 2019 

per il mancato godimento da infiltrazioni danno pari al canone di locazione

Lo ha affermato la Cassazione in un recente sentenza   Cass. 10870/2016.

Ove l’uso del bene risulti impossibile a causa delle infiltrazioni, il Condominio potrebbe essere chiamato a rispondere del danno conseguente che il giudice, in applicazione di normali principi interpretativi e di giustizia, può commisurare anche al canone di locazione medio per immobile di analoghe caratteristiche, atteso che fra le modalità di godimento del bene rientra anche quella mediata di concederlo in locazione a terzi.

In tal senso non sussiste preciso e vincolante  onere della prova da parte dell’attore, atteso che rientra fra le facoltà del Giudice effettuare tale valutazione a fronte di un proprietario che non si sia palesemente disinteressato delle sorti del proprio bene.

Nel caso di specie per il danno è poi stata ravvisata una responsabilità  dell’appaltatore, ritenuta sussistente la  garanzia relativa alle  opere da cui era emerso il vizio che provocava le infiltrazioni, a fronte della domanda in tal senso  avanzata dal Condominio.

La Corte ha rimesso ad altra sezione della corte d’appello affinché provveda a statuire nei conforti di tutte le parti in ordine all’entità del dovuto risarcimento.

© massimo ginesi giugno 2016