Il recesso è facoltà prevista dall’art. 1671 cod.civ. “Il committente può recedere dal contratto, anche se è stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno”.
La risoluzione è invece prevista dall’art. 1453 cod.civ.: “Nei contratti con prestazioni corrispettive, quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni, l’altro può a sua scelta chiedere l’adempimento o la risoluzione del contratto, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno.
La risoluzione può essere domandata anche quando il giudizio è stato promosso per ottenere l’adempimento; ma non può più chiedersi l’adempimento quando è stata domandata la risoluzione.
Dalla data della domanda di risoluzione l’inadempiente non può più adempiere la propria obbligazione.”
La Suprema Corte in una recente pronuncia (Cass.civ. sez. II Ord. 9 ottobre 2017, n. 23558) ne delinea i risvolti applicativi: ” il recesso ad nutum non presuppone necessariamente uno stato di regolare svolgimento del rapporto ma al contrario, stante l’ampiezza di formulazione della norma di cui all’art. 1671 c.c., può essere esercitato per qualsiasi ragione che induca il committente a porre fine al rapporto, da un canto non essendo configurabile un diritto dell’appaltatore a proseguire nell’esecuzione dell’opera (avendo egli diritto solo all’indennizzo previsto dalla norma) e, d’altro canto, rispondendo il compimento dell’opera esclusivamente all’interesse del committente.”
La Corte distingue chiaramente l’ipotesi del mero recesso unilaterale con la risoluzione dovuta ad una adempimento dell’appaltatore ex art. 1453 cod.civ.
!Ne consegue che il recesso può essere giustificato anche dalla sfiducia verso l’appaltatore per fatti d’inadempimento e, poichè il contratto si scioglie esclusivamente per effetto dell’unilaterale iniziativa del recedente, non è necessaria alcuna indagine sull’importanza dell’inadempimento, viceversa dovuta quando il committente richiede anche il risarcimento del danno per inadempimento già verificatosi al momento del recesso (Cass. n. 2130/17, Cass. n. 11642/03, Cass. 10400/08, 17294/06 ex multis).
Essendo il recesso espressione dell’esercizio del diritto potestativo del committente, logico corollario è che l’obbligo di pagamento all’appaltatore dell’indennizzo ex art. 1671 c.c., costituisce effetto automatico della decisione di scioglimento dal vincolo adottata unilateralmente dal convenuto.
Se l’appaltatore è inadempiente, la sua eventuale condanna al risarcimento del danno può vanificare il suo diritto all’indennizzo ma, nel caso in esame, tale diritto al risarcimento del danno è stato escluso con pronunzia non impugnata sul punto per cui il diritto all’indennizzo ex art. 1671 c.c. non può essere messo in discussione.”
© massimo ginesi 13 ottobre 2017