Si tratta di principio consolidato e pacifico, ribadito da Cass.Civ. sez. II ord. 31 gennaio 2018 n. 2415.
Nel condominio si da corso alla rimozione di due canne fumarie in eternit, l’assemblea ritenuto che le stesse fossero al servizio di un solo condomino imputa a costui l’intera spesa, che ricorre al giudice per far valere la nullità della delibera.
Il Tribunale di Terni da ragione al condomino, ritenendo nulla la delibera, la Corte di Appello di Perugia riforma la sentenza, riconoscendo dirimente la circostanza che le canne fossero di proprietà esclusiva ed accogliendo pertanto l’impugnazione promossa dal condominio.
Il singolo ricorre in cassazione: “con il primo motivo viene allegata la violazione degli artt. 1137 e 1135, cod. civ., … la delibera assembleare aveva travalicato dai poteri che le erano propri, avendo inciso sulla sfera giuridica soggettiva del ricorrente, addebitandogli responsabilità aquiliana, così impingendo in radicale nullità;
… la doglianza è fondata, in quanto: a) all’assemblea condominiale, siccome correttamente evidenziato dal Tribunale (sul punto non consta presa di posizione della Corte d’appello), non è consentito accertare fattispecie di responsabilità in capo al singolo condomino, vertendosi al di fuori delle attribuzioni legali assegnate al meccanismo deliberativo in parola; b) questa Corte ha già avuto modo di condivisamente chiarire che è affetta da nullità (la quale può essere fatta valere dallo stesso condomino che abbia partecipato all’assemblea ed ancorché abbia espresso voto favorevole, e risulta sottratta al termine di impugnazione previsto dall’art. 1137 cod. civ.) la delibera dell’assemblea condominiale con la quale, senza il consenso di tutti i condomini, si modifichino i criteri legali (art. 1123 cod. civ.) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese necessarie per la prestazione di servizi nell’interesse comune; ciò, perché eventuali deroghe, venendo a incidere sui diritti individuali del singolo condomino attraverso un mutamento del valore della parte di edificio di sua esclusiva proprietà, possono conseguire soltanto da una convenzione cui egli aderisca (Sez. 2, n. 17101, 27/7/2006, Rv. 592302; conforme Sez. 2, n. 16793, 21/72006, Rv. 591434); c) l’esposto principio è strettamente correlato alla natura del condominio, che assegna al potere deliberativo dell’assemblea le decisioni che non incidono sulle regole del riparto (salvo l’unanimità) e che non consente allo stesso di avvalersi degli strumenti di autotutela speciali, ad esso assegnati dalla legge al solo scopo di consentire il recupero dei contributi dei singoli condomini, determinati in base alle tabelle regolarmente approvate;”
Interessante anche la riflessione della corte sul conflitto di interesse:
“considerato che il secondo motivo, con il quale viene denunziata la violazione e falsa applicazione dell’art. 2373, cod. civ., poiché la delibera era stata presa in situazione di conflitto d’interesse, in quanto gli altri condomini avevano l’interesse ad addebitare lo speso in via esclusiva al C. (a non voler considerare che la censura non risulta essere stata ritualmente riproposta in appello), non ha comunque alcun fondamento, stante che la situazione di conflitto d’interesse presa in considerazione dalla legge non coincide, al contrario di quel che assume il ricorrente, con il sussistere di un interesse di fatto del singolo votante ad una decisione piuttosto che ad un’altra, che importerebbe la paralisi dell’organo deliberativo, bensì nello specifico ed elettivo interesse, diverse da quello generico e fattuale, portato da uno dei votanti, in ragione delle sua precipua posizione; che in tal senso si è già più volte espressa questa Corte, la quale ha chiarito che sussiste il conflitto d’interessi ove sia dedotta e dimostrata in concreto una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio. (principio affermato dalla S.C. con riguardo alla delibera di sistemazione del tetto e ripulitura del canale di gronda, motivatamente apprezzati nella sentenza impugnata come attività inquadrabili nella manutenzione ordinaria del fabbricato e non coinvolgenti la responsabilità del costruttore – anche condomino votante -, per presunti vizi dell’edificio, tra l’altro in assenza di specifica contestazione di difetti costruttivi) – Sez. 2, n. 10754, 16/5/2011, Rv. 617841″
© massimo ginesi 7 febbraio 2018