una recente pronuncia di legittimità conferma orientamenti consolidati sulla nascita del supercondominio, peraltro senza nulla aggiungere alla precedente elaborazione .
Cass.Civ. sez.II ord. 25 ottobre 2018 n. 27084 – il caso concreta pare interessate più del principio di diritti pacifico espresso dalla suprema corte, poiché mette in luce l’erronea qualificazione dei fatto che ancora troppo spesso avviene in sede condominiale e nelle successive corti di merito: “ il Tribunale di Tivoli, accolto l’appello di P.F. , in riforma della sentenza del giudice di pace della stessa città, revocò il decreto con il quale era stato ingiunto all’appellante il pagamento della somma di Euro 4.697,96, oltre accessori, in favore del Complesso Residenziale (omissis) , già Comunione dei Beni Immobili (omissis) , sulla scorta delle valutazioni di cui appresso:
– mancava la prova dell’esistenza di una comunione, che legittimasse di esigere il pagamento delle spese di gestione;
– con l’assegnazione del lotto all’appellante non erano state trasferite pertinenze, né sussistevano successivi atti di trasferimento;
– a tale mancanza non poteva supplire il regolamento della Comunione del Complesso Residenziale (omissis) , che era stato approvato dall’assemblea generale ordinaria del 9/5/2009″
il motivo di ricorso per cassazione centra il punto cruciale: “la ricorrente denunzia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 818, 1100, 1105, 1106, 1107, 1109, 1117, 1118, 1137, 1350, 2644, cod. civ., 61 e 62, disp. attuaz. cod. civ., in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., nonché omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., sulla scorta, in sintesi, delle seguenti argomentazioni:
– la società coop. edilizia (omissis) a r.l., previa convenzione di lottizzazione, aveva realizzato un villaggio, composto da ville unifamiliari, da assegnarsi ai soci e l’intero comprensorio era rimasto in gestione della cooperativa fino al commissariamento della stessa, essendosi fatto luogo, da parte gestione commissariale, ad una dichiarazione, ricevuta da notaio, con la quale erano state individuate le numerose pertinenze (pozzi per l’acqua irrigua e relative condutture, depuratore del parco, terreni destinati a verde, impianti di urbanizzazione secondaria, ecc.);
– per mero errore materiale negli atti d’assegnazione non s’era fatto espresso riferimento alle pertinenze, che, in quota costituivano parte dell’unità abitativa, data la loro inscindibilità ope legis;
– non poteva mettersi in dubbio che, secondo i principi di diritto più volte affermati in sede di legittimità, “il comprensorio (omissis) ”costituiva un supercondominio, o, con altra terminologia equivalente, condomino complesso, comunione residenziale, condomino orizzontale e ciò ipso iure et facto “allorché l’originario costruttore del complesso residenziale (…) costruisca su un suolo comune, o proceda con il frazionamento di un’area comune”, militando in tal senso gli artt. 818 e segg., 1477, 1117, 1117 bis, cod. civ.;
– la sentenza impugnata aveva applicato erroneamente l’art. 1350, cod. civ., stante che gli accessori seguono il destino del bene principale, senza necessità di apposita specificazione;
– non era dubbio che si trattava di beni accessori, investendo essi servizi comuni (manutenzione, illuminazione e gestione del complesso, dotato di strade di accesso interne, rete idrica, rete fognaria, depuratore, guardiania, ecc.);
l’ordinanza di legittimità ritiene pertinente la censura: “ l’esposto motivo è fondato, per quanto appresso: a) costituisce principio fermo, al quale il Collegio intende dare continuità, l’affermazione secondo la quale al pari del condominio negli edifici, regolato dagli artt. 1117 e segg. cod. civ., anche il c.d. supercondominio, viene in essere “ipso iure et facto”, se il titolo non dispone altrimenti, senza bisogno d’apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tanto meno d’approvazioni assembleari, sol che singoli edifici, costituiti in altrettanti condomini, abbiano in comune talune cose, impianti e servizi legati, attraverso la relazione di accessorio e principale, con gli edifici medesimi e per ciò appartenenti, “pro quota”, ai proprietari delle singole unità immobiliari comprese nei diversi fabbricati (Sez. 2, n. 17332, 17/8/2011, Rv. 619034; ma già, Sez. 2 n. 2305/08, Rv. 601809);
essendosi ulteriormente chiarito che non è necessaria né la manifestazione di volontà dell’originario costruttore, né quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, venendo il medesimo in essere “ipso iure et facto”, se il titolo o il regolamento condominiale non dispongono altrimenti; si tratta di una fattispecie legale, in cui una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, sono ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall’esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale di accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.) in rapporto di accessorietà con i fabbricati, cui si applicano in pieno le norme sul condominio, anziché quelle sulla comunione (Sez. 2, n. 19939, 14/11/2012, Rv. 624475; conf., di recente, Sez. 2, n. 27094, 15/11/2017, Rv. 645955);
b) il Tribunale, quale giudice dell’appello, omettendo del tutto di verificare se la situazione fattuale, corrispondesse all’assunto dell’appellata, nei termini sopra riportati, non ha preso in considerazione il principio sopra enunciato, valorizzando un profilo argomentativo (nell’atto di trasferimento non si era fatto espresso riferimento alle pertinenze) che non ha alcuna refluenza sul modo di costituzione del condomino e, quindi, anche del supercondominio, di talché, senza necessità di verificarne la tenuta giuridica, risulta non pertinente”
© massimo ginesi 29 ottobre 2018