una recente pronuncia del giudice di legittimità (Cass.Civ. sez. VI 16 novembre 2017 n. 27165 rel. Scarpa) ribadisce un consolidato principio, ovvero l’inammissibilità del ricorso in cassazione contro il provvedimento che statuisca sulla nomina di amministratore giudiziario del condominio da parte del giudice di merito, per inidoneità dello stesso a divenire cosa giudicata.
Contro la decisione del Tribunale è dunque ammesso reclamo alla Corte di appello, ma la statuizione di quest’ultima non è ulteriormente ricorribile in cassazione, se non per il capo relativo alla condanna alle spese.
La pronuncia coglie l’occasione per delineare anche gli stretti confini dell’azione in sede di volontaria giurisdizione, in cui non possono trovare ingresso tematiche riservate invece all’ordinario giudizio contenzioso.
“Secondo consolidato orientamento di questa Corte, infatti, è inammissibile il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso il decreto con il quale la corte di appello provvede sul reclamo contro il decreto del tribunale in tema di nomina dell’amministratore di condominio, previsto dall’art. 1129, comma 1, c.c., attesa la carenza di attitudine al giudicato di quest’ultimo, non essendo diretto a risolvere un conflitto di interessi ma solo ad assicurare al condominio l’esistenza dell’organo necessario per l’espletamento delle incombenze ad esso demandate dalla legge.
La mancanza di decisorietà del decreto non viene meno neppure in ragione della dedotta violazione di norme strumentali preordinate alla sua emissione, in quanto il carattere non definitivo di esso si estende necessariamente alla definizione di ogni questione inerente al procedimento nel quale viene reso. Tale ricorso è invece ammissibile esclusivamente avverso la statuizione relativa alla condanna al pagamento delle spese del procedimento, concernendo posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo rispetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, e pertanto dotata dei connotati della decisione giurisdizionale con attitudine al giudicato, indipendentemente dalle caratteristiche del provvedimento cui accede (Cass. Sez. 2, 06/05/2005, n. 9516; Cass. Sez. 2, 11/04/2002, n. 5194;Cass. Sez. 2, 21/02/2001, n. 2517; Cass. Sez. 2, 13/11/1996, n. 9942).”
Quanto ai limiti del giudizio, la corte osserva che “Esulano, pertanto, dall’ambito del procedimento di nomina giudiziale dell’amministratore le questioni inerenti all’eventuale esistenza di conflitti, sia all’interno del condominio, da parte di quei condomini che ritengano che l’amministratore sia stato già eletto, sia all’esterno, da parte di chi sostenga di essere stato investito validamente dell’ufficio di amministratore, in quanto tali conflitti devono risolversi nell’appropriata sede assembleare, e lo strumento di tutela è quello giurisdizionale, secondo le regole ordinarie poste dall’art. 1137 c.c.
Né possono essere oggetto del procedimento di nomina giudiziale ex art. 1129 c.c. le irregolarità gestionali che si attribuiscano all’amministratore in carica.
Sono infine prive di ogni inerenza decisoria rispetto al proprium del procedimento ex art. 1129, comma 1, c.c., le questioni preliminari circa la configurabilità di un unico condominio, o di condomini separati ed autonomi seppur aventi parti comuni, sul modello attualmente contemplato dagli artt. 1117 bis c.c. e 67, commi 3 e 4, disp. att. c.c., trattandosi all’evidenza di questioni da risolvere in un giudizio contenzioso che veda quali legittimi contraddittori i comproprietari del bene.”
© massimo ginesi 27 novembre 2017