E’ quanto ha statuito Cass.civ. sez. VI-2 ord. 15 dicembre 2020 n. 28508 rel. Scarpa: è legittima la clausola compromissoria prevista nel regolamento contrattuale che imponga di ricorrere ad arbitrato per le controversie fra condomini e fra condomini ed amministratore, trattandosi di materia nella disponibilità delle parti.
La pronuncia rileva anche come il comodatario non sia legittimato ad agire per tale tipo di domanda.
“E’ uniforme l’orientamento di questa Corte secondo cui l’art. 1137 c.c., comma 2, nel riconoscere ad ogni condominio assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all’autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell’assemblea del condominio, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri di tali controversie, le quali, d’altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli artt. 806 e 808 c.p.c. (Cass. Sez. 2, 20/06/1983, n. 4218; Cass. Sez. 2, 05/06/1984, n. 3406; Cass. Sez. 1, 10/01/1986, n. 73).
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La Corte d’appello di Milano – in presenza di una clausola compromissoria di natura irrituale, come desumibile dalla qualificazione degli arbitri quali “amichevoli compositori”, che prevede il deferimento agli stessi di qualsiasi controversia tra amministratore e singoli condomini comunque riguardante l’uso della comproprietà – ha plausibilmente ricompreso nelle attribuzioni del collegio arbitrale l’impugnazione di una deliberazione assembleare concernente la rimozione di manufatti esistenti su parti comuni.
La dedotta nullità della delibera impugnata, perchè asseritamente in contrasto con precedente accordo transattivo costitutivo di un assetto convenzionale dei diritti dei contendenti sui beni comuni per cui è causa, nonchè l’erroneità dei presupposti di fatto su cui essa poggia, non investono diritti o situazioni sottratte alla disponibilità delle parti, rientrando nella competenza arbitrale la stessa cognizione delle ragioni di invalidità di tale delibera.
Anche il secondo motive di ricorso è del tutto infondato. In tema di condominio, il generale potere ex art. 1137 c.c. di impugnare le deliberazioni condominiali contrarie alla legge o al regolamento compete al proprietario della singola unità immobiliare, mentre non spetta al comodatario di un’unità immobiliare, essendo lo stesso titolare non di un diritto reale, ma di un diritto personale derivante da un contratto ad effetti obbligatori (arg. da Cass. Sez. 2, 25/10/2018, n. 27162).
A colui che, come il comodatario D.E., terzo rispetto ai rapporti reali che legano i proprietari delle singole unità immobiliari, intenda prospettare la titolarità di una situazione giuridica qualificata da una correlazione agli effetti della deliberazione adottata dall’assemblea, ferma la preclusione all’impugnativa ex art. 1137 c.c., può altrimenti accordarsi eventualmente l’interesse a proporre un’azione di mero accertamento della eventuale nullità della delibera o ad agire in sede risarcitoria.
© Massimo Ginesi 2 febbraio 2021
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