il vizio di convocazione può essere fatto valere solo dall’interessato.

La suprema corte (Cass.civ. sez. VI 22 giugno 2017 15550 rel. Scarpa)  riafferma un principio consolidato, con una motivazione di pregio, che consente un ottimo inquadramento della materia.

Legittimato ad impugnare la delibera per vizio di convocazione è solo il condomino che assuma di non essere stato ritualmente convocato, atteso che tale fatto da luogo ad annullabilità e non a nullità.

La sentenza riafferma anche atro principio noto: la domanda volta all’accertamento di un autonomo condominio relativo ai box va posta nei conforti dei condomini interessati – comportando litisconsorzio necessario – e non dell’amministratore.

Ora, è noto come l’art. 66, comma 3, disp. att. c.c., a seguito della riformulazione operatane dalla legge n. 220/2012 (nella specie, non applicabile ratione temporis) precisa che, in caso di avviso omesso, tardivo o incompleto degli aventi diritto, la deliberazione adottata è annullabile, ma su istanza (soltanto) dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.

La Riforma del 2012 ha così tratto le necessarie conseguenze sotto il profilo processuale dalla sistemazione della fattispecie dell’omessa convocazione nell’ambito dei rimedi sostanziali operata da Cass. Sez. U, Sentenza n. 4806 del 07/03/2005.

Una volta condiviso il principio per cui la mancata comunicazione a taluno dei condomini dell’avviso di convocazione dell’assemblea condominiale, in quanto vizio procedimentale, comporti non la nullità, ma l’annullabilità della delibera condominiale, è inevitabile concludere che la legittimazione a domandare il relativo annullamento spetti, ai sensi degli artt. 1441 e 1324 c.c., unicamente al singolo avente diritto pretermesso.

L’interesse del condomino che faccia valere un vizio di annullabilità, e non di nullità, di una deliberazione dell’assemblea, non può, infatti, ridursi al mero interesse alla rimozione dell’atto, ovvero ad un’astratta pretesa di sua assoluta conformità al modello legale, ma deve essere espressione di una sua posizione qualificata, diretta ad eliminare la situazione di obiettiva incertezza che quella delibera genera quanto all’esistenza dei diritti e degli obblighi da essa derivanti: la delibera assembleare è annullabile sulla base del giudizio riservato al soggetto privato portatore di quella particolare esigenza di funzionalità dell’atto collegiale tutelata con la predisposta invalidità, esigenza che si muove al di fuori del complessivo rapporto atto-ordinamento.

Da tali premesse, a confutazione delle doglianze contenute nel ricorso, richiamando l’orientamento già proprio di questa Corte, deve affermarsi che: “il condomino regolarmente convocato non può impugnare la delibera per difetto di convocazione di altro condomino, trattandosi di vizio che inerisce all’altrui sfera giuridica, come conferma l’interpretazione evolutiva fondata sull’art. 66, comma 3, disp. att. c.c., modificato dall’art. 20 della legge 11 dicembre 2012, n. 220” (Cass. Sez. 2, 23/11/2016, n. 23903; Cass. Sez. 2, 18/04/2014, n. 9082; Cass. Sez. 2, 13/05/2014, n. 10338).

L’infondatezza del ricorso è ancor più palese ove si consideri che non potesse comunque essere oggetto del giudizio di impugnazione della deliberazione asssembleare, ai sensi dell’art. 1137 c.c., l’agitata questione dell’accertamento dell’esistenza di un “condominio autonomo” con riferimento alle distinte unità immobiliare realizzate nel piano interrato e destinate ad autorimesse, trattandosi di domanda rivolta nei confronti dell’amministratore, e che avrebbe, piuttosto, imposto il litisconsorzio necessario di tutti quei singoli condomini (Cass. Sez. 2, 18/04/2003, n. 6328; Cass. Sez. 2, 01/04/1999, n. 3119).”

© massimo ginesi 27 giugno 2017 

L’erede che non comunica la propria qualità all’amministratore non può impugnare le delibere per vizio di convocazione

Una recente sentenza di merito  (Trib. Roma 2.12.2016 n. 22422) sancisce un principio che potrà rivelarsi assai interessante per l’amministratore.

I fatti sono tanto semplici semplici quanto di frequente accadimento.

Una condomina muore e le succedono i figli. Anni dopo viene notificato all’erede decreto ingiuntivo per quote condominiali scadute e non pagate,  ottenuto sulla scorta di consuntivi approvati negli anni antecedenti da assemblea cui l’ingiunto non era mai stato convocato.

Alla notifica del decreto costui impugna i deliberati, posti a fondamento della richiesta monitoria, assumendo che sussista vizio di convocazione.

Afferma il Tribunale che “Per quanto riguarda, poi, la doglianza concernente la mancata convocazione all’assemblea alle quali sono state approvate le delibere impugnate, il condominio convenuto a precisato che in quel periodo l’attore, in base all’anagrafe condominiale, non risultava appartenere al condominio, in quanto la titolarità dell’appartamento de quo risultava essere della signora X, madre dell’odierno attore; ne era pervenuta al condominio una comunicazione del decesso della signora e della successiva accettazione dell’eredità da parte degli eredi.

E poiché nel marzo 2008 il unità immobiliare della signora X facenti parte del patrimonio sottratto i creditori venivano sottoposto a sequestro conservativo dal tribunale civile di Roma, consegnate al custode giudiziario e, successivamente vendute all’asta, allo stesso custode giudiziario  era stato consegnato l’avviso di convocazione all’assemblea di cui trattasi.

Ciò posto, devesi osservare  che, a fronte di tale contestazione, era onere dell’attore fornire la prova di aver effettuato le dovute comunicazioni al condominio, circa il decesso della signora X e dell’accettazione della eredità con la conseguente assunzione dei diritti degli obblighi condominiali.

Tale prova non risulta fornita; ne risultano elementi dei quali si possa desumere che l’amministratore del condominio convenuto fosse a conoscenza del decesso della signora X. Deve ritenersi, pertanto, in sussistente il vizio di omessa convocazione lamentato da parte attrice”

La situazione all’esame del Tribunale capitolino è certamente peculiare, poichè all’epoca delle assemblee contestate  il compendio immobiliare era sottoposto a sequestro conservativo (certamente trascritto e a conoscenza dell’amministratore) e l’avviso di convocazione era stato correttamente inviato al custode.

Il principio affermato è tuttavia interessante laddove pone un onere di informazione in capo al condomino, pena l’impossibilità di dolersi della mancata convocazione.

La tesi affermata pone qualche dubbio di coordinamento – pur attenendo a diversa fattispecie – con l’orientamento di legittimità che, ormai oltre un decennio fa, ha spazzato via la tesi del condomino apparente, affermando l’onere del condominio di accertare l’effettiva titolarità del diritto in capo al singolo, trattandosi di posizioni giuridiche soggettive soggette a regime di pubblicità legale (da ultimo Cassazione civile, sez. II, 30/04/2015, n. 8824: “Nelle assemblee condominiali deve essere convocato il condomino, cioè il vero proprietario, e non chi si comporta come tale senza esserlo, non potendo invocare il principio dell’apparenza il condominio che abbia trascurato di accertare la realtà sui pubblici registri.” ).

Nel caso in commento , plausibilmente, all’epoca delle convocazioni contestate  non era ancora sussistente  un atto a regime pubblico (quale la denuncia di successione), da cui l’amministratore potesse desumere l’effettiva titolarità del bene (evidentemente poi accertata, posto che il decreto è stato correttamente indirizzato all’effettivo proprietario).

In ogni caso la pronuncia romana appare indiscutibile e ferrea applicazione del principio introdotto nell’art. 1130 cod.civ. dal legislatore del 2012: “:” Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministrazione acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”.

© massimo ginesi 17 gennaio 2017  

l’amministratore è una s.a.s.: chi firma l’avviso di convocazione?

La Cassazione affronta un tema curioso e che – ancora una volta – denota la complessa e articolata litigiosità di alcuni condomini: se l’amministratore del condominio non è persona fisica ma società in accomandita semplice, e l’avviso di convocazione è firmato dal socio accomandante e non dal socio accomandatario, potrà ritenersi quell’avviso idoneo ex art. 66 disp.att. cod.civ. a convocare ritualmente i condomini?

Che il ruolo di amministratore potesse essere svolto da soggetti collettivi oltre che da persone fisiche è facoltà da tempo  riconosciuta dalla giurisprudenza e formalmente consacrata dall’art.  71 bis III comma disp.att. cod.civ. introdotto dalla L. 220/2012: “Possono svolgere l’incarico di amministratore di condominio anche società di cui al titolo v del libro v del codice. In tal caso, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi.”

I fatti ed il processo: “Con atto di citazione dell’8 maggio 2008 la signora EB condomina dello stabile sito in Trieste Via XX, impugnava davanti al Tribunale di Trieste la delibera assunta dall’assemblea del condominio in data 27.3.2008; a fondamento dell’impugnativa la signora EB deduceva  invalidità dell’avviso di convocazione dell’assemblea (alla quale ella  non aveva partecipato) in quanto sottoscritto da persona diversa dall’amministratore e, precisamente dal sig. LB,  socio accomandante della SE Sas, all’epoca amministratrice del citato condominio, anziché da GB, socio  accomandatario”

Il condominio si costituiva eccependo la tardività dell’impugnazione e l’infondatezza della domanda: in particolare il convenuto rilevava che la convocazione era stata fatta utilizzando carta intestata della SE Sas di GB&C ed era sottoscritta con la dicitura prestampata “SE Sas”, solo materialmente siglata da LB, socio accomandante della società, nonché consulente della stessa. 

La convocazione inoltre era  completa dell’indicazione dell’ordine del giorno e ad essa era  allegato il bilancio preventivo e consuntivo, ragion per cui non vi erano dubbi sull’effettiva provenienza dell’avviso di convocazione dalla società che amministrava il condominio

in primo grado il Tribunale di Trieste accoglieva le tesi del condominio e rigettava l’impugnazione della delibera, ritenendola tardiva, mentre la Corte di appello di Trieste riformava la sentenza annullando la delibera e condannando il condominio alle spese, sull’assunto che unico titolare del potere di convocazione era l’amministratore (oltre ai condomini nei casi previsti) e che pertanto quell’avviso non poteva a lui ricondursi, in quanto sottoscritto da soggetto non legittimato a spendere il nome della società.

Cass. civ. II sez. 10 gennaio 2017 n. 335 afferma il seguente principio: “In proposito va sottolineato che, come puntualmente sottolineato dal Procuratore Generale, nella presente causa non viene in questione il principio, richiamato dei ricorrenti (e reiteratamente affermato da questa Corte, confrontare sentenze numero 138/98, 1206/96, 1033/95, 2450/94), che la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea di condominio può essere data con qualsiasi forma idonea al raggiungimento dello scopo e può essere provata anche da univoci elementi dai quali risulti che ciascun condomino ha, in concreto, ricevuta la notizia; qui, infatti, non si tratta di stabilire se l’avviso di convocazione abbia raggiunto il proprio scopo di rendere edotti i condomini della data, dell’ora e dell’ordine del giorno dell’assemblea, ma si tratta di stabilire se la convocazione dell’assemblea provenga dall’amministratore condominiale, vale a dire dall’unico soggetto, oltre ai singoli condomini, titolare del potere di convocazione ai sensi dell’art.  66 disp.att. cod.civ. “

Ancora va premesso, il linea di diritto, che all’accomandante è consentito il compimento di atti di amministrazione e di operazioni gestorie, purché ciò avvenga nel quadro di un rapporto di subordinazione con l’accomandatario o in base a procura speciale rilasciata per singoli affari (Cass. 4824/86).

Ciò posto, dalla stessa sentenza gravata emerge che l’avviso di convocazione dell’assemblea era redatto  su carta intestata della società SE Sas, cosicché la corte territoriale non poteva fermarsi al mero rilievo che sottoscrittore dell’avviso non era il rappresentante legale di tale società, ma avrebbe dovuto valutare se dall’uso della carta intestata della società (e dalla circostanza – la cui  omessa considerazione viene lamentata con il secondo mezzo di gravame – che la firma è stata apposta sopra la dicitura “SE sas”” posta in calce all’avviso di convocazione) Non emergenze che la persona fisica che aveva sottoscritto l’avviso avessi speso il nome della società amministratrice; così che a tale società andasse giuridicamente imputata la provenienza dell’avviso di convocazione secondo il meccanismo della rappresentanza volontaria”

La sentenza viene cassata e rinviata ad altra sezione della stessa corte di appello affinché valuti  nel merito l’imputabilità dell’avviso alla società,  attendendosi al principio  di diritto enunciato.

© massimo ginesi 16 gennaio 2017 .