quando le norme sulle distanze vanno osservate anche in condominio

E’ noto che la giurisprudenza di legittimità da tempo afferma che le norme sulle distanze fra costruzioni, delinea dal codice civile, debbano essere contemperate con il godimento della cosa comune previsto dall’art.  1102 cod.civ. e possano applicarsi solo in quanto compatibili.

 Vi sono tuttavia ipotesi in cui tali norme sono vincolanti anche per i condomini, ovvero quando le costruzioni – ed i relativi obblighi – riguardano la proprietà individuale.

E’ quanto afferma Cass.Civ. sez.II ord. 27 febbraio 2019, n. 5732 rel. Criscuolo: “S.L. e F.P. , poi deceduto in corso di causa, convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Modena M.G. , M.O. e P.A. (ai quali ultimi due, deceduti in corso di causa, succedeva a titolo universale il primo) perché, in quanto proprietari di unità immobiliare posta nello stesso edificio condominiale, fossero condannati alla rimozione di una costruzione eseguita nell’area scoperta di loro proprietà esclusiva in violazione delle distanze di cui all’art. 907 c.c., rispetto alla soprastante veduta esercitata dall’appartamento di proprietà esclusiva degli attori, oltre al risarcimento del danno…

sebbene le due unità immobiliari dei contendenti siano ubicate in un condominio, il manufatto di cui si denuncia l’illegittimità è stato posto non su di un’area comune, ma a copertura di un’area scoperta annessa alla proprietà esclusiva del ricorrente ed a sua volta appartenente a quest’ultimo in regime di proprietà esclusiva.
Quanto al diritto di veduta di cui si lamenta la violazione, lo stesso pertiene all’appartamento in proprietà esclusiva dell’attore, il che rende evidente l’inconferenza ai fini della decisione della controversia, del richiamo a quei precedenti, fatto da parte ricorrente a pag. 15 del ricorso, che invece attengono ad ipotesi in cui le opere asseritamente lesive del diritto di veduta erano state realizzate su di un’area comune.
Atteso che, come rilevato dalla Corte d’Appello il conflitto si pone tra diritti spettanti alle proprietà esclusive dei contendenti, risulta non invocabile la diversa previsione di cui all’art. 1102 c.c., che attiene al concorrente godimento della cosa comune, la controversia deve avere la sua soluzione in base alla sola applicazione dell’art. 907 c.c., e ciò in conformità della giurisprudenza più recente di questa Corte, puntualmente richiamata anche dalla sentenza gravata.
Ed, infatti, si è affermato che (Cass. n. 955/2013) il proprietario del singolo piano di un edificio condominiale ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell’edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino (nella specie, un pergolato realizzato a copertura del terrazzo del rispettivo appartamento), che, direttamente o indirettamente, pregiudichi l’esercizio di tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l’art. 907 c.c. il bilanciamento tra l’interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, in quanto luce ed aria assicurano l’igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita (conf. ex multis Cass. n. 7269/2014; Cass. n. 1261/1997).”

© massimo ginesi 28 febbraio 2019 

canna fumaria in facciata: la cassazione ribadisce principi ormai consolidati

Cass.Civ. sez.II ord. 23 novembre 2018 n. 30462  ribadisce alcuni dati ormai acquisiti in tema di decoro architettonico e di pari utilizzo del bene comune ai sensi dell’art. 1102 cod.civ. : “La Corte distrettuale ha ordinato la rimozione della canna fumaria, ritenendo che essa costituisse costruzione ai sensi della normativa sulle distanze legali (e segnatamente dell’art. 907 c.c.) e che ledesse il decoro architettonico dell’edificio, poiché, per i materiali da cui era composta, per le sue dimensioni e per la sua innegabile evidenza, non si inseriva nell’aspetto armonico della facciata, producendo un “risultato esteticamente sgradevole” (cfr. sentenza pag. 10 e 11).

Pur considerando che l’opera era stata impiantata su un prospetto secondario del fabbricato, ha però stabilito che ne alterava la sagoma modificando l’aspetto del muro condominiale in violazione dell’art. 1120 c.c., essendo inoltre in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico locale, che vietava l’apposizione di canne fumarie esterne alle murature.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte l’appoggio di una canna fumaria al muro comune perimetrale di un edificio condominiale sostanzia una modifica della cosa comune conforme alla sua destinazione, che ciascun condomino – pertanto – può apportare a sue cure e spese, ma a condizione che non impedisca l’uso paritario delle parti comuni, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non ne alteri il decoro architettonico, ipotesi – quest’ultima – che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull’insieme dell’aspetto armonico dello stabile (Cass. 17072/2015; Cass. 18350/2013; Cass. 6341/2000).

Non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall’innovazione, abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già compromesso da precedenti interventi sull’immobile, ma è sufficiente che vengano pregiudicate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (Cass. 10350/2011; Cass. 14455/2009; Cass. 8830/2008; Cass. 27551/2005; Cass. 6496/1995).

Non esclude l’illegittimità dell’opera il fatto che essa sia stata apposta su una parete retrostante o in modo non visibile dalla strada principale, venendo in rilievo la violazione oggettiva dell’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile e gli imprimono una determinata fisionomia ed una specifica identità, mentre il rilievo da attribuire al grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell’edificio, muta da caso a caso, e non esclude di per sé la violazione, configurabile anche riguardo ad opere interne al fabbricato, fermo che il relativo apprezzamento è rimesso al giudice di merito ed è sindacabile solo per vizi di motivazione (Cass. 1718/2016; Cass. 851/2007; Cass. 10350/2011).

Infine, la circostanza che l’opera fosse stata autorizzata dall’amministrazione comunale non ne impediva la demolizione, poiché la regolarità dell’opera da punto di vista urbanistico non poteva incidere negativamente sui diritti degli altri condomini (Cass. 20985/2014; Cass. 1936/1977).

Non sussistendo quindi la denunciata violazione di legge e risultando l’opera comunque illegittima riguardo alla lesione del decoro architettonico, è superfluo stabilire se potesse operare in ambito condominiale la disciplina di cui all’artt. 907 c.c., così come ritenuto dalla decisione impugnata, non potendone comunque conseguire la cassazione di detta pronuncia.”

© Massimo Ginesi 28 novembre 2018 

luci e vedute sul cortile comune: non si applicano le norme sulle distanze

La giurisprudenza di legittimità ( Cass.Civ. sez.II ord. 27 giugno 2018 n. 17002)  conferma l’applicabilità relativa delle norme in tema di distanze all’interno del condominio e, in particolare, la specialità dell’art. 1102 cod.civ. rispetto a tali precetti,  laddove si intendano aprire vedute dalla proprietà esclusiva su aree condominiali o comuni.

i fatti e il processo di merito: “con atto di citazione notificato in data 11 marzo 2005 L.A. conveniva in giudizio, avanti al Tribunale di Sondrio, P.M. e A. chiedendo che le opere da questi eseguite sul fabbricato sito nel Comune di (…) (f. (…), mapp. (…)) contiguo alla propria casa (f. (…), mapp. (…) ora (…)) e alla corte comune (f. (…) mapp. (…)), realizzate in sopraelevazione dell’edificio in violazione delle vigenti N.T.A. e del P.R.G., con apertura di vedute, luci e balconi sulla corte comune senza il rispetto delle relative distanze o senza i requisiti di legge, venissero demolite o riportate nei limiti della legalità…

il Tribunale di Sondrio, respinta ogni altra domanda ed eccezione, condannava i convenuti alla eliminazione delle nuove vedute dirette e dei balconi realizzati sulla corte comune, mapp. (…), nonché alla regolarizzazione delle luci aperte sulla medesima corte, sulla scorta del dettato di cui gli artt. 901 e 902 c.c…con sentenza depositata il 15 maggio 2013, la Corte d’appello di Milano rigettava entrambi gli appelli e confermava la sentenza del Tribunale di Sondrio”

il principio di diritto: “secondo la prevalente e più recente giurisprudenza di questa Corte, la regolamentazione generale sulle distanze è applicabile quando lo spazio su cui si apre la veduta sia comune, in quanto in comproprietà tra le parti in causa o in condominio, soltanto se compatibile con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, dovendo prevalere in caso di contrasto la fondamentale regola di cui all’art. 1102 c.c., in ragione della sua specialità, a termini della quale ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, senza alterarne la destinazione o impedire agli altri partecipanti di farne pari uso (Cass. 19 dicembre 2017, n. 30528; Cass. 9 giugno 2010, n. 13874; Cass. 19 ottobre 2005, n. 20200, risultando superato l’orientamento risalente a Cass. 21 maggio 2008, n. 12989, secondo cui la qualità comune del bene su cui ricade 13 veduta non esclude il rispetto delle distanze predette);

che sulla base del principio nemini res sua servit e della considerazione che i cortili condominiali o, comunque, comuni, assolvendo alla precipua finalità di dare aria e luce agli immobili circostanti, sono ben fruibili a tale scopo, dai proprietari del bene comune o dai condomini, tenuti solo al rispetto dell’art. 1102 c.c. (Cass. n. 20200/2005);

che, pertanto, nell’ambito delle facoltà riconosciute rientra anche quella di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, senza incontrare le limitazioni prescritte dagli artt. 901-907 c.c. a garanzia della libertà dei fondi confinanti di proprietà esclusiva, della riservatezza e sicurezza dei rispettivi titolari, considerato che tali modalità di fruizione del bene comune ordinariamente non comportano ostacoli al godimento dello stesso da parte dei compartecipi, né pregiudizi agli immobili di proprietà esclusiva;

che, pertanto, erroneamente la Corte d’appello ha ritenuto che la deroga alla normativa sulle vedute, sui balconi e sulle luci riguardi soltanto i fabbricati condominiali, ovvero i casi in cui già sussisteva un’analoga servitù di veduta, trovando applicazione i principi richiamati anche nell’ipotesi di proprietà comune di un cortile non condominiale, essendo l’art. 1102 c.c. dettato per regolare il godimento del bene in comunione“.

© massimo ginesi 3 luglio 2018 

la canna fumaria non è soggetta alle norme sulle distanze

La Cassazione ribadisce un orientamento ormai consolidato e che in Condominio è suscettibile di frequente applicazione.

La Seconda Sezione  Civile con  sentenza 13 aprile – 23 maggio 2016, n. 10618 ha affermato: “dal contenuto della citazione introduttiva (come riassunto a pag. 2 del ricorso) risulta dedotta “la sussistenza di due canne fumarie davanti alle finestre al primo piano della proprietà attorea a distanza inferiore a quella di legge”, il che induce senz’altro a ritenere che la doglianza sia stata formulata con riferimento alla violazione degli artt. 907 cc (distanza delle costruzioni dalle vedute) e 890 cc (distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi).
Ciò chiarito, come già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la canna fumaria non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto e quindi non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 907 Sez. 2, Sentenza n. 2741 del 23/02/2012 Rv. 621675). Il Collegio ritiene di dare continuità a tale orientamento considerando le caratteristiche dei manufatti di cui si discute (si tratta in sostanza di semplici tubi in materiale metallico). Perde così consistenza ogni disquisizione sulla natura di luci o vedute. “

© massimo ginesi giugno 2016