atti troppo lunghi: può costituire violazione delle regole del giusto processo.

Attenzione alla redazione di atti difensivi prolissi  e inutilmente arricchiti con la citazione di tutte le difese avversarie e le dichiarazioni dei testimoni: il predisporre difese inutilmente sovrabbondanti e ridondanti comporta violazione delle regole del giusto processo e può comportare l’applicazione di ella compensazione quale misura sanzionatoria ex art 91 c.p.c.

E’ quanto riporta una sentenza Tribunale Massa 18 aprile 2018, relativa ad un procedimento di locazione ove – a fronte di una sostanziale linearità della materia del contendere – la difesa della parte risultata vittoriosa ha depositato una memoria difensiva finale di ben 45 pagine, in cui ha riportato  in toto quanto già esposto in memoria integrativa,  buona parte delle difese avversarie per poi glossarle con argomenti a confutazione e buona parte delle dichiarazioni dei testi escussi durante l’istruttoria.

Osserva il Tribunale apuano ” la M. ha depositato una conclusionale di ben 45 pagine ove ha ripetuto innumerevoli volte concettidel tutto assimilabili e decisamente sintetizzabili in misura più opportuna)…

Le spese seguono la soccombenza e possono essere liquidate –in assenza di rilevanti questioni di fatto e diritto e stante la sostanziale omogeneità dei motivi di contendere nei procedimenti riuniti –in forma unitaria e secondo i minimi tariffari previsti dal DM 55/2014 per il relativo scaglione di valore (CAss. SS.UU.17406/2012);

stante la condotta della difesa di parte vittoriosa, che ha depositato una conclusionale di ben 45 pagine, reiterando più volte concetti già espressi e riportando ampi stralci delle difese avversarie al solo fine di confutarle, con una condotta che costituisce violazione delle regole del giusto processo ( Trib. Milano 1.10.2013, CAss. 11199/2012) vengono compensateper metà.”

Si tratta di concetto già espresso dalla Corte di legittimità, riguardo al giudizio di cassazione  “La motivazione semplificata non è preclusa dalla particolare ampiezza degli atti di parte (111 pagine è la lunghezza del ricorso principale, il controricorso e ricorso incidentale raggiungono le 64 cartelle, e la memoria illustrativa, meramente iterativa del ricorso principale, è di 36 pagine), perchè detta ampiezza – che certamente, pur non ponendo un problema di formale violazione delle prescrizioni formali dettate dall’art. 366 cod. proc. civ., non giova alla chiarezza di tali atti e concorre ad allontanare l’obiettivo di un processo celere, che esige da parte di tutti atti sintetici, redatti con stile asciutto e sobrio – non è affatto direttamente proporzionale alla complessità giuridica o all’importanza economica delle questioni veicolate, e si risolve soltanto in una inutile e disfunzionale sovrabbondanza, infarcita di continui e ripetuti assemblaggi e trascrizioni degli atti defensionali, delle sentenze dei gradi di merito, delle prove testimoniali, della consulenza tecnica e dei suoi allegati planimetrici.” ( Cass.Civ.  sez. 04/07/2012,  n. 11199) e fatto proprio anche da alcuni giudici di merito: “Non rispettano il principio del giusto processo gli atti depositati dalle parti con contenuti sovrabbondanti dove, nel merito, rispetto alle precedenti difese ed al thema decidendum, non introducano elementi di particolare differenziazione o novità” (Trib. Milano 1 ottobre 2013).

© massimo ginesi 19 aprile 2018

 

opposizione allo sfratto e mediazione obbligatoria: un tema controverso

Ove il convenuto in un procedimento per convalida di sfratto proponga opposizione, il giudice deve mutare il rito e il procedimento proseguirà secondo le norme richiamate dall’art. 447 bis c.p.c., onde pervenire ad una ordinaria sentenza che, accertato l’inadempimento del conduttore, pronunci sulla  risoluzione del contratto di locazione.

All’atto del mutamento del rito, trattandosi di materia sottoposta obbligatoriamente a mediazione ai sensi dell’art. 5 D. lgs 28/2010, il giudice disporrà affinché si proceda all’esperimento della mediazione, rinviando la causa  a nuova udienza per la verifica della condizione di procedibilità.

Può accadere che nessuna delle due parti si attivi; a quel punto il giudice dovrà necessariamente pronunciare sentenza con cui dichiara l’improcedibilità della domanda: ovviamente la domanda è quella  di risoluzione per inadempimento, azionata originariamente dal locatore in via sommaria nelle forme della intimazione di sfratto e citazione per convalida.

Diverse sono  le conclusioni  cui pervengono i giudici di merito sulla disciplina delle spese di lite in tale ipotesi, soluzione che comporta necessariamente una valutazione su chi avesse interesse alla mediazione e su chi debba ritenersi parte soccombente.

Il tema è affrontato da una recente sentenza del Tribunale di Massa 19 gennaio 2018.

Esaurita la fase sommaria e disposto il mutamento del rito, è stato concesso termine per l’inizio del procedimento di mediazione, termine da ritenersi seppur non perentorio(Corte di Appello di Milano24 maggio 2017) comunque non reiterabile (Tribunale, Firenze, sez. III civile09/06/2015,Tribunale di Vasto, sentenza del 09.03.2015). Va ancora ritenuto che è onere di chi abbia interesse a coltivare il procedimento dare impulso alla condizione di procedibilità.

Nel caso di specie non risulta che la mediazione sia stata introdotta né dall’attore nel dal convenuto, di talchè la domanda dovrà necessariamente essere dichiara improcedibile.

Ai fini della liquidazione delle spese, assume tuttavia rilevanza la posizione delle parti chiamate ad avverare la condizione di procedibilità, onde valutare se vi sia tecnicamente soccombenza.

A differenza del procedimento per decreto ingiuntivo, ove si discute degli effetti del mancato avveramento della condizione di procedibilità sul provvedimento monitorio, con esiti che – anche in sede di legittimità – hanno sottolineato all’interesse dell’opponente a coltivare il giudizio di opposizione, va osservato che la proposizione di opposizione alla convalida di sfratto determina il mutamento del rito con passaggio a giudizio a cognizione piena ove l’assetto processuale e l’interesse astratto ad agire delle parti andrà valutato secondo gli ordini criteri, avuto riguardo alle domande delle parti.

Si è dunque affermato che è il locatore, che ha introdotto il procedimento con rito sommario, ad avere interesse a coltivare la domanda, ove intenda ottenere accertamento nel merito dell’inadempimento del conduttore, onde ottenere sentenza che statuisca sulla l’intervenuta risoluzione e pronunci sulle spese; tali pronunce hanno rilevato come al convenuto opponente tale interesse possa riconoscersi solo ove lo stesso abbia, a propria volta, avanzato domanda riconvenzionale, di talchè abbia un effettivo ed autonomo interesse alla prosecuzione del giudizio (e, dunque, all’avveramento della condizione di procedibilità); ne consegue che, per parte della giurisprudenza di merito sul punto (Trib. Mantova 20.1.2015, Trib. Napoli 3.6.2015) le spese andrebbero poste a carico dell’intimante quale parte tecnicamente soccombente rispetto alla domanda inizialmente introdotta con rito sommario.

La tesi non appare tuttavia del tutto convincente, specie laddove sia stata emessa ordinanza di rilascio ex art 665 c.p.c.; tale provvedimento presuppone una sommaria delibazione del giudice sulla fondatezza delle ragioni delle parti, con positiva valutazione dei presupposti posti a fondamento della domanda attrice e con corrispondente 4 delibazione negativa in ordine alle ragioni poste a sostegno della opposizione: appare pertanto irragionevole condannare alle spese e ritenere soccombente tout court l’attore che abbia ottenuto un provvedimento favorevole e tendenzialmente stabile, relativamente alla domanda di rilascio, solo perché non ha dato corso a procedimento di mediazione; in tal caso costui potrebbe ragionevolmente ritenere di non aver interesse a proseguire il giudizio, sì che manterrà il provvedimento provvisorio assumendosi i relativi rischi circa la mancata pronuncia di sentenza sul merito e scegliendo di non vedersi liquidate le spese; mentre appare invece inutilmente gravatorio condannare addirittura alle spese di lite colui che – in prima battuta – appare meritevole di tutela provvisoria (arg. Tribunale Tribunale 17.11.2015 n. 21324) .

D’altro canto la circostanza che sia stata emesso l’ordinanza provvisoria di rilascio ex art 665 c.p.c. fa sorgere anche in capo al convenuto opponente l’interesse a coltivare il giudizio, al fine di pervenire ad una pronuncia di accoglimento della opposizione, che travolga nel merito il provvedimento interinale emanato dal giudice al termine della fase sommaria

Di tal chè, laddove sia stata emessa ordinanza provvisoria di rilascio, pare sussistere  interesse di entrambe le parti ad addivenire a pronuncia merito e, conseguentemente ,ad attivarsi affinché maturi  la condizione di procedibilità e possa pertanto applicarsi, in difetto di positiva condotta delle due parti, totale compensazione delle spese di lite: ( arg. Da Tribunale Pescara, 7 ottobre 2014).

Nel caso di specie va ancora rilevato che le conclusioni avanzate nella comparsa del convenuto del 12.7.2017 (essendo la prima, depositata all’udienza del 7.6.2017 in mero rito) contengono istanze che –seppur formulate in maniera sfumata e non espressamente qualificate come domande riconvenzionali – sono volte ad ottenere pronuncia sulla natura del contratto e la relativa simulazione nonché sulla restituzione delle somme relative alle opere compiute dal conduttore sul bene oggetto del contratto; e devono pertanto ritenersi autonome domande che, parimenti, fondano un interesse anche del convenuto alla prosecuzione del giudizio, ragione che vieppiù legittima la integrale compensazione delle spese”

© massimo ginesi