la nomina dell’amministratore che non indica il compenso è nulla

Lo ha stabilito  una recente sentenza (Tribunale di Massa 6 novembre 2017 n. 917 ), che ha dichiarato nulla la nomina di un amministratore che non aveva indicato analiticamente la propria richiesta di compenso. La pronuncia affronta anche diversi altri motivi fatti valere dalle parti, che tuttavia si rivelano infondati.

Il compenso dell’amministratore non risultava da alcun documento, né antecedente né posteriore alla assemblea, né sussisteva formale accettazione. Alcuni mesi dopo la riunione il presiedente ed il segretario della riunione avevano predisposto, a loro firma, una nota di correzione del verbale ove si dichiarava che l’assemblea – prima di procedere alla nomina – era stata resa edotta dell’importo richiesto dall’amministratore.

Il condominio si è difeso osservando anche che il compenso dell’amministratore era stato comunque indicato come voce del preventivo approvato.

il Tribunale ha osservato che “Risulta (…) fondata la censura sulla nullità della nomina dell’amministratore, in assenza di una valida accettazione che contenga specifica indicazione del suo compenso; il dettato dell’art. 1129 comma XIV cod.civ. è tassativo e non ammette equipollenti: “È nulla la nomina dell’amministratore di condominio – con conseguente nullità della delibera in parte qua – in assenza della specificazione analitica del compenso a quest’ultimo spettante per l’attività da svolgere, in violazione dell’art. 1129, comma 14, c.c. Tale norma, che mira a garantire la massima trasparenza ai condomini e a renderli edotti delle singole voci di cui si compone l’emolumento dell’organo gestorio al momento del conferimento del mandato, si applica sia nel caso di prima nomina dell’amministratore che nel caso delle successive riconferme” . Tribunale Milano, sez. XIII, 03/04/2016, n. 4294
A tal fine va osservato che nel verbale di assembla nulla risulta in ordine al compenso, né potrà a tal fine rilevare – come pretenderebbe il convenuto – la mera indicazione di una somma complessiva, per nulla dettagliata, inserita fra le voci del preventivo che – anche ove si possa ritenere che comprenda tutto quanto dovuto all’amministratore alla luce di Cass. 22313/2013 – non soddisfa quella esigenza di chiarezza documentale, trasparenza e formalità che traspaiono dal meccanismo di nomina ed accettazione individuati dal novellato art. 1129 cod.civ., meccanismo che non può prescindere da un atto formale dal quale risulti l’espressa e analitica indicazione del compenso.

Mette conto di rilevare, in proposito, che il preventivo di spesa costituisce una semplice stima – che potrebbe anche essere variata in sede di consuntivo – e non rappresenta invece quell’assunzione di un obbligo negoziale da parte dell’amministratore in ordine al corrispettivo (che rappresenta l’obbligazione assunta dal condominio) che oggi appare indispensabile a mente del novellato art. 1129 cod.civ., a tutela della posizione contrattuale del mandante.
Il Condomino non ha peraltro provato che tale indicazione fosse stata allegata alla convocazione, che neppure è stata prodotta, né che vi sia stato un formale atto di accettazione conforme al dettato di cui all’art. 1129 commi II e XIV cod.civ., norma inderogabile ex art 1138 cod.civ.”

La sentenza contiene anche ulteriori statuizioni che possono essere di interesse, attenendo ad aspetti frequentemente controversi in ambito condominiale:

PRESIDENTE E SEGRETARIO ASSEMBLEA – gli attori si dolevano che gli organi assembleari  non fossero stati ritualmente nominati e che avessero provveduto, altrettanto irritualmente, a correggere a posteriori il verbale, integrandolo con i dati del compenso richiesto dall’amministratore. Osserva il Tribunale che “paiono altresì non provate (e comunque destituite di fondamento) le istanze circa l’invalidità della delibera per la irregolare nomina di presidente e segretario.
Va a tal proposito evidenziato che dal verbale risulta che costoro siano stati eletti dalla assemblea e che le parti attrici, seppur presenti, non abbiano in quella sede contestato alcunché: era peraltro in capo a loro l’onere di provare, ex art 2697 I comma cod.civ., la sussistenza del vizio lamentato, prova che non risulta fornita: “.Il verbale di una assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicché il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova. Incombe, tuttavia, sul condomino che impugni la delibera assembleare l’onere di sovvertire la presunzione di verità di quanto risulta dal relativo verbale.” Cass. 11375/2017
Né, peraltro, risulta alcuna norma che preveda l’esistenza di tali figure nella assembla condominiale e, anche a voler mutuare la loro funzione dai principi generali in tema di funzionamento degli organi collegiali, non si rinviene alcun dato normativo – ne parte attrice lo individua – che preveda che eventuali vizi afferenti alla nomina di tali soggetti comportino nullità dei deliberati della assemblea, sussistendo anzi giurisprudenza in senso assolutamente contrario (Tribunale Milano, 24/07/1997)”

SULLA POSSIBILITA’ DI INTEGRAZIONE SUCCESSIVA DEL VERBALE – “non può avere alcun rilievo il bizzarro atto di integrazione del verbale inviato ai condomini alcuni mesi dopo l’assemblea e che reca almeno tre date diverse: tale scrittura rappresenta una mera dichiarazione – parrebbe a posteriori – di coloro che lo sottoscrivono ed al quali non si può riconoscere alcun valore se non quello di semplice dichiarazione riconducibile agli estensori, atteso che è lecito ritenere che gli organi assembleari (presidente e segretario) cessino la loro funzione – e vengano meno i relativi poteri – con la chiusura della riunione e non potendo ritenersi consentito emendare, a posteriori e in sedi diverse dalla assemblea (con il relativo assenso dei partecipanti), la carenza di elementi essenziali del verbale e delle delibere che quel verbale attesta esser avvenute.”

SULLA LEGITTIMAZIONE DEGLI USUFRUTTUARI – Deve preliminarmente essere dichiarata infondata anche l’eccezione, avanzata dal convenuto, relativa alla asserita di carenza di legittimazione attiva degli usufruttuari M F e C F, per le delibere che riguarderebbero lavori straordinari, atteso che a fronte della solidarietà fra usufruttuario e nudo proprietario, oggi prevista dall’art. 67 disp.att.cod.civ., la delibera è direttamente ed immediatamente azionabile contro entrambi, sì che a costoro va riconosciuta la pari facoltà di agire per far dichiarare la sua invalidità.

SULL’OBBLIGO DI INDICAZIONE NOMINATIVA DEI VOTANTI – Parimenti del tutto infondata si rivela la doglianza rispetto alle irregolarità che inficerebbero la votazione per non essere stati nominativamente indicati tutti i soggetti che hanno votato a favore e contro: il verbale contiene, in apertura, l’elenco di tutti i soggetti presenti e, per ogni punto in votazione, l’indicazione di chi abbia eventualmente votato contro, con l’espressa quantificazione del loro valore millesimale complessivo. Si tratta, in accordo con la giurisprudenza consolidata, di modalità più che sufficienti a garantire la facoltà di impugnazione ai dissenzienti e la possibilità di individuare i soggetti che abbiano votato a favore e il loro valore millesimale. (Cass. 6552/2015; Cass. 2413272009, cass. 10329/1998); 

SULLA FACOLTA’ DI TESTIMONIARE DEI CONDOMINI  -Altrettanto singolare che parte attrice si ostini a reiterare istanze istruttorie in cui elenca quali testimoni unicamente soggetti che rivestono la qualità di condomino, sostenendo che costoro “sono gli unici a poter testimoniare sulla materia condominiale e, in particolare, sulle circostanze avvenute in sede di assemblea” (pag. 7 comparsa conclusionale).
Sulla mancata ammissione delle testimonianze sarà sufficiente osservare che “I singoli condomini sono privi di capacità a testimoniare nelle cause che coinvolgono il condominio, poiché l’eventuale sentenza di condanna è immediatamente azionabile nei confronti di ciascuno di essi.” Cass. 17199/2015; l’inammissibilità è stata tempestivamente eccepita dal convenuto nella terza memoria ex art 183 VI comma c.p.c.

SUL MANCATO INVIO DEI PREVENTIVI PER LAVORI STRAORDINARI –Infondata risulta la censura relativa alla approvazione di spese straordinarie, che si assume illegittima poiché non sarebbero stati preliminarmente inviati preventivi: posto che tale procedura non è prevista da alcuna norma in materia di condominio e che l’assemblea, ove raggiunga le maggioranze necessarie, è assolutamente sovrana nella scelta delle opere da eseguire, ivi compresi i relativi costi, ciò nell’ambito delle attribuzioni dell’organo collegiale stabilite dall’art. 1135 cod.civ. e salvi solo i limiti delineati dagli artt. 1102 e 1120 cod.civ

SULLA CESSAZIONE DELLA MATERIA DEL CONTENDERE – la dedotta nullità della delibera impedisce qualunque sanatoria, di tal chè la delibera successivamente assunta in data 3.6.2017 – con cui è stato nominato lo stesso amministratore B. – si pone come atto autonomo e distinto da quello impugnato, avente effetti dal momento della sua adozione ed inidoneo a sanare il vizio dedotto nel presente procedimento, circostanza che se da un lato consente di ritenere ovviato il problema concreto della nomina dell’amministratore a far data dal 3.6.2017, dall’altro lascia intatto l’interesse dagli attori di veder dichiarare la nullità della precedente nomina e impedisce di ritenere cessata la materia del contendere, sì che si dovrà pronunciare anche in punto di soccombenza, ai sensi dell’art. 91 cod.proc.civ., senza alcun criterio virtuale.

© massimo ginesi 13 novembre 2017

 

 

la sentenza risulta pubblicata sulla banca dati giuffrè e sul portale giuffrè Condominio&locazioni, con nota di Luigi Salciarini.

16 novembre 2017

se non è indicato il compenso dell’amministratore si rischia la sospensione della delibera

La L. 220/2012 ha profondamente modificato la disciplina dettata dagli artt. 1129 e 1130 cod.civ., sicché oggi è previsto – a pena di nullità – che l’amministratore indichi dettagliatamente il proprio compenso all’atto dell’accettazione (art. 1129 XIV comma cod.civ.).

Le modalità con cui tale circostanza può avverarsi sono state individuate con riferimento a diverse prassi operative, purché al momento in cui si perfeziona la nomina risulti chiaramente l’entità dell’obbligazione che fa capo al condominio per la retribuzione delle attività svolte dal mandatario.

Ben potrà l’amministratore inviare un preventivo, che l’assemblea approva, ed accettare per relazione a quel documento, così come  ben potrà specificare il proprio compenso in sede di accettazione, purché quello che rappresenta uno degli elementi essenziali del contratto (l’accordo fra le parti sulla prestazione) risulti individuabile con sufficiente certezza.

E’ quanto ha sottolineato il Tribunale di Massa in una recente ordinanza, con la quale ha sospeso in via cautelare una delibera di nomina di amministratore, non risultando da alcun documento l’entità del compenso pattuito.

Il provvedimento sottolinea come sia indispensabile che sussista accettazione formale da parte dell’amministratore, come siano irrilevanti integrazioni successive del verbale  effettuate dal presidente e segretario della assemblea, essendo tali soggetti organi la cui operatività è limitata al contesto assembleare in cui sono nominati, che non sia sufficiente l’invarianza del compenso rispetto all’anno precedente in assenza di espressa comunicazione e come – ove si profili la nullità della nomina – il periculum che legittima la sospensione deve ritenersi intrinseco e senza necessità di ulteriori elementi di prova.

Osserva il giudice apuano (Trib. Massa ord. 13 aprile 2017): ” che a mente dell’art. 1129 XIV comma cod.civ. la mancata indicazione del compenso da parte dell’amministratore al momento della accettazione determina nullità della nomina.”

…che non risulta indicazione alcuna di tale compenso nel deliberato assembleare così come predisposto in sede di riunione nella compilazione manoscritta,

che non risulta prodotta dal Condominio alcuna accettazione dell’amministratore,

che non risulta prodotto dal Condominio né l’avviso di convocazione dal quale risulterebbe – a suo dire – indicato il compenso di cui avrebbe discusso l’assemblea (circostanza che avrebbe perlatro mero valore indicativo, ma non supplirebbe alla carenza di accettazione formale, oggi necessariamente presupposta dalla norma codicistica),

che la comunicazione di correzione del verbale, pacificamente predisposta e inviata ai condomini in epoca successiva alla assemblea per stessa ammissione dei convenuti e che reca date incomprensibili (20.8.2016 in intestazione, 22.6.2016 e 22.9.,2016 in calce), non pare allo stato – compatibilmente con la deliberazione sommaria della fase cautelare di sospensiva – avere rilievo integrativo del verbale, provenendo da soggetti che cessano le loro funzioni con la chiusura stessa della riunione (non avendo la figura di presidente e segretario alcuna ultrattività nel condominio rispetto alla assemblea in cui sono nominati) né può costituire accettazione ex art. 1129 cod.civ., non provenendo né essendo sottoscritta dall’amministratore

… che – comminando la norma la espressa sanzione della nullità – sia irrilevante che gli attori abbiano espresso voto favorevole (circostanza viceversa ostativa alla impugnativa ex art. 1137 cod.civ), potendo essere tale vizio fatto valer in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse

… che il periculum debba ritenersi in re ipsa, non potendosi ipotizzare una gestione da parte di soggetto la cui nomina potrebbe essere affetta da nullità, con i conseguenti riflessi sugli atti da costui posti in essere: “La delibera assembleare di nomina dell’amministratore condominiale non accompagnata dalla indicazione del compenso spettategli è illegittima e va sospesa, sussistendo tanto il requisito del fumus boni iuris (stante la chiara dizione del riformato art. 1129 cod.civ) che quello del periculum in mora (atteso che la gestione dei beni comuni non può essere affidata ad un soggetto che non sia validamente officiato dalla assemblea). Trib Roma 15.6.2016,

… che a nulla rilevi che l’amministratore già svolgesse il proprio mandato con il medesimo compenso nel precedente esercizio, atteso che la norma mira a garantire trasparenza e che è espresso onere dell’amministratore indicare il proprio emolumento sia all’atto del conferimento del mandato che dei successivi rinnovi (Trib. Milano 3.4.2016 n. 4294)”

© massimo ginesi 13 giugno 2017

L’erede che non comunica la propria qualità all’amministratore non può impugnare le delibere per vizio di convocazione

Una recente sentenza di merito  (Trib. Roma 2.12.2016 n. 22422) sancisce un principio che potrà rivelarsi assai interessante per l’amministratore.

I fatti sono tanto semplici semplici quanto di frequente accadimento.

Una condomina muore e le succedono i figli. Anni dopo viene notificato all’erede decreto ingiuntivo per quote condominiali scadute e non pagate,  ottenuto sulla scorta di consuntivi approvati negli anni antecedenti da assemblea cui l’ingiunto non era mai stato convocato.

Alla notifica del decreto costui impugna i deliberati, posti a fondamento della richiesta monitoria, assumendo che sussista vizio di convocazione.

Afferma il Tribunale che “Per quanto riguarda, poi, la doglianza concernente la mancata convocazione all’assemblea alle quali sono state approvate le delibere impugnate, il condominio convenuto a precisato che in quel periodo l’attore, in base all’anagrafe condominiale, non risultava appartenere al condominio, in quanto la titolarità dell’appartamento de quo risultava essere della signora X, madre dell’odierno attore; ne era pervenuta al condominio una comunicazione del decesso della signora e della successiva accettazione dell’eredità da parte degli eredi.

E poiché nel marzo 2008 il unità immobiliare della signora X facenti parte del patrimonio sottratto i creditori venivano sottoposto a sequestro conservativo dal tribunale civile di Roma, consegnate al custode giudiziario e, successivamente vendute all’asta, allo stesso custode giudiziario  era stato consegnato l’avviso di convocazione all’assemblea di cui trattasi.

Ciò posto, devesi osservare  che, a fronte di tale contestazione, era onere dell’attore fornire la prova di aver effettuato le dovute comunicazioni al condominio, circa il decesso della signora X e dell’accettazione della eredità con la conseguente assunzione dei diritti degli obblighi condominiali.

Tale prova non risulta fornita; ne risultano elementi dei quali si possa desumere che l’amministratore del condominio convenuto fosse a conoscenza del decesso della signora X. Deve ritenersi, pertanto, in sussistente il vizio di omessa convocazione lamentato da parte attrice”

La situazione all’esame del Tribunale capitolino è certamente peculiare, poichè all’epoca delle assemblee contestate  il compendio immobiliare era sottoposto a sequestro conservativo (certamente trascritto e a conoscenza dell’amministratore) e l’avviso di convocazione era stato correttamente inviato al custode.

Il principio affermato è tuttavia interessante laddove pone un onere di informazione in capo al condomino, pena l’impossibilità di dolersi della mancata convocazione.

La tesi affermata pone qualche dubbio di coordinamento – pur attenendo a diversa fattispecie – con l’orientamento di legittimità che, ormai oltre un decennio fa, ha spazzato via la tesi del condomino apparente, affermando l’onere del condominio di accertare l’effettiva titolarità del diritto in capo al singolo, trattandosi di posizioni giuridiche soggettive soggette a regime di pubblicità legale (da ultimo Cassazione civile, sez. II, 30/04/2015, n. 8824: “Nelle assemblee condominiali deve essere convocato il condomino, cioè il vero proprietario, e non chi si comporta come tale senza esserlo, non potendo invocare il principio dell’apparenza il condominio che abbia trascurato di accertare la realtà sui pubblici registri.” ).

Nel caso in commento , plausibilmente, all’epoca delle convocazioni contestate  non era ancora sussistente  un atto a regime pubblico (quale la denuncia di successione), da cui l’amministratore potesse desumere l’effettiva titolarità del bene (evidentemente poi accertata, posto che il decreto è stato correttamente indirizzato all’effettivo proprietario).

In ogni caso la pronuncia romana appare indiscutibile e ferrea applicazione del principio introdotto nell’art. 1130 cod.civ. dal legislatore del 2012: “:” Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministrazione acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”.

© massimo ginesi 17 gennaio 2017