Ove si verifichino consumi anomali di acqua, grava sull’utente l’onere di contestare le fatture e chiedere un accertamento sul corretto funzionamento del contatore, mentre all’azienda erogatrice incombe l’onere di provare la correttezza della misurazione.
E’ quanto ha stabilito la Corte di legittimità (Cass.civ. sez. III ord. 19 gennaio 2021 n. 836): “spetta all’utente contestare il malfunzionamento del contatore – richiedendone la verifica – e dimostrare l’entità dei consumi effettuati nel periodo”, con riferimento al “dato statistico di consumo normalmente rilevato in precedenti bollette e corrispondente agi ordinari impieghi del bene somministrato”.
Afferma ancora la Corte che “la rilevazione dei consumi mediante contatore è assistita da una mera presunzione semplice di veridicità sicché, in caso di contestazione, grava sul somministrante, anche se convenuto in giudizio con azione di accertamento negativo del credito, l’onere di provare che il contatore era perfettamente funzionante, mentre il fruitore deve dimostrare che l’eccessività dei consumi è dovuta a fattori esterni al suo controllo e che non avrebbe potuto evitare con un’attenta custodia dell’impianto, ovvero di aver diligentemente vigilato affinché eventuali intrusioni di terzi non potessero alterare il normale funzionamento del misuratore o determinare un incremento dei consumi”.
Il condomino che non versi i contributi per un semestre, ed incorra dunque in una significativa morosità, può vedersi sospesi i servizi condominiali dei quali sia suscettibile un utilizzo separato, ai sensi dell’art. 63 comma III disp.att. cod.civ.
Anche laddove sia dunque possibile interromperei il servizio al solo moroso, senza arrecare disagio agli altri condomini, l’amministratore non potrà procedere in tal senso quando la sospensione finirebbe per incidere negativamente su un bene essenziale, costituzionalmente tutelato, come la salute.
Lo ha stabilito il Tribunale di Bologna 15 settembre 2017 , rigettando un ricorso ex art 700 cod.proc.civ. con cui col condominio chiedeva di essere autorizzato ad interrompere i servizi di riscaldamento e acqua, oltre a quello di antenna centralizzata, nei confronti di una condomina morosa da lunghissimo tempo, contro la quale era stato ottenuto decreto ingiuntivo e iniziata esecuzione immobiliare, che si profilava comunque infruttuosa per l’intervento di un creditore fondiario che vantava un privilegio per somme decisamente superiori al valore stesso dell’immobile oggetto di espropriazione forzata.
Il giudice osserva tuttavia che, pendendo già l’espropriazione forzata, il condominio può comunque ottenere tutela chiedendo al giudice dell’esecuzione la sostituzione del condomino moroso nominato custode.
il Tribunal osserva che “Documentalmente pacifica la durata ultrasemestrale della morosità riferibile alla condomina S ed altrettanto incontestabile la possibilità di godimento separato dei servizi comuni di riscaldamento e acqua, sussistono senz’altro astrattamente i presupposti applicativi dell’art. 63, 3° comma, Disp. Att. c.c., in forza del quale, per l’appunto, “in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”.
Senonché da tempo dottrina e giurisprudenza – con risultati, peraltro, divergenti – si sono interrogati sulla necessità o meno di distinguere – a fronte dell’interesse meramente economico del Condominio – fra servizi “essenziali” e non essenziali in funzione della preminente tutela del diritto alla salute, costituzionalmente tutelato (art. 32 Cost.).
Proprio con riferimento al servizio di riscaldamento ed acqua si sono così confrontati gli orientamenti negativi alla sospensiva in parola per i diritti primari costituzionalizzati (Trib. Brescia 29.9.2014; Trib. Milano 24.10.2013) e quelli positivi (Trib. Roma 27.6.2014; Trib. Alessandria 17.7.2015; Trib. Brescia 17.2.2014 e 21.5.2014), tutti valorizzanti l’aspetto assimilativo della fattispecie al rapporto diretto fra ente erogatore ed utente.
Questo Giudice ritiene di aderire al primo orientamento, non senza sottolineare che dei servizi “essenziali” ha tenuto conto anche la legislazione statale, che, per quanto riguarda il servizio acqua, con il D.P.C.M. 29.8.2016 (Disposizioni in materia di contenimento della morosità nel servizio idrico integrato) ha comunque stabilito che ai soggetti indigenti, seppur morosi, va comunque garantita una fornitura di 50 litri al giorno pro capite.
Ovviamente non è servizio essenziale l’utilizzo dell’antenna televisiva centralizzata, salvo ad osservare che parte ricorrente non ha allegato alcuno specifico costo ordinario in ordine alla stessa.
Quanto in premessa è senz’altro dirimente, apparendo comunque opportuno considerare, sotto altro profilo, che – quanto meno per i servizi comuni principali sopra indicati – l’istituto qui in discussione va in ogni caso riguardato come extrema ratio e che tale situazione non sembra ravvisabile allorché – come nella specie – il Condominio abbia attivato, con il pignoramento, una procedura esecutiva immobiliare nei confronti del condomino moroso, con due conseguenti effetti: a) la possibilità di chiedere al G.E. la sostituzione immediata del custode del bene pignorato in vece del debitore esecutato, con conseguente acquisizione dei frutti derivanti dalla locazione dello stesso oltre che il pagamento delle spese condominiali relative; b) l’attivazione del nuovo custode in ordine alla liberazione dell’immobile, fra l’altro, in caso di inadempienza ai predetti obblighi.”
L’acqua, un bene primario che sottende interessi di rilievo costituzionale ed esigenze primarie dell’individuo.
La sua gestione, e i possibili accadimenti patologici che la riguardano, in contesto condominiale sono l’oggetto di questa interessante pubblicazione, appena edita, a firma del dr. Manunta, Presidente di Sezione del Tribunale di Milano, con un contributo di Eugenio Antonio Correale, noto e finissimo studioso di diritto condominiale.
Così ha stabilito la Cassazione con sentenza 11563 del 6 giugno 2016.
Mentre con il consenso delle parti si può costituire qualunque servitù che sia ascrivibile allo schema generale previsto dalla norma (un peso imposto sopra ad un fondo per il vantaggio di un altro), le servitù coattive costituiscono un numero chiuso di fattispecie tipiche e non è consentito al Giudice procedere alla applicazione analogica delle relative norme.
Ne consegue che non è consentito richiamarsi alle norme sulla servitù coattiva di acquedotto per imporre a carico di un fondo (ed a vantaggio di altro c.d. intercluso) il passaggio di tubazioni di adduzione di gas riconducendo tale fattispecie alla previsione dell’art. 1033 cod.civ.
Precisa la Corte che, inoltre, l’adduzione di acqua e gas – per la diversità di funzione, la diversa pericolosità e le diverse caratteristiche del fluido condotto non sono riconducibili ad identica ratio che consenta di applicare la medesima norma, che il legislatore ha previsto solo per il passaggio dell’acqua.