servitù in condominio: il bizzarro concetto di apparenza della Cassazione.

L’art. 1061 cod.civ. precede che siano apparenti le servitù per il cui esercizio vi sono opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio e che le servitù non apparenti non possono acquistarsi per usucapione o per destinazione del padre di famiglia.

Si tratta di una disposizione che fa evidente riferimento alla necessità che l’esercizio della servitù debba essere percepibile, affinché il possesso da parte del titolare o l’eventuale predisposizione dell’unico proprietario risulti manifesta al soggetto destinato a subirne il peso e possa dar luogo ai fenomeni acquisitivi descritti dalla norma.

Oggi la Cassazione afferma che è apparente anche la servitù di acquedotto in condominio, quando i tubi passano sotto il pavimento di una unità immobiliare per servirne altre.

Lo afferma Cass. civ. sez. II 8 giugno 2017 n. 14292: “La giurisprudenza di questa Corte è solita affermare, al riguardo, che, ai sensi dell’art. 1061 c.c., comma 1, è apparente soltanto la servitù al cui esercizio risultino destinate opere permanenti e visibili dal fondo servente, in modo da renderne presumibile la conoscenza da parte del proprietario di quest’ultimo (cfr. Cass. n. 2290/2004; Cass. n. 321/1998).

La precisazione per cui le opere permanenti devono essere “visibili dal fondo servente” non costituisce, tuttavia, una specificazione del concetto di apparenza,come tale insensibile a connotazioni puramente topografiche, come dimostra l’irrilevanza – costantemente affermata da questa Corte – del fatto che le opere siano collocate sul fondo servente, su quello dominante o sul fondo di un terzo (Cass. n. 7817/2006; Cass. n. 6357/1997).

Questa Corte ha avuto, così, occasione di precisare che la visibilità delle opere deve far capo ad un punto d’osservazione non necessariamente coincidente con il fondo servente, essendo essenziale, allo scopo, che queste rendano obiettivamente manifesta, per chi possegga detto fondo, la situazione di asservimento (Cass. n. 2994/2004; Cass. n. 2225/1976).

La visibilità dal fondo servente è, dunque, un’ipotesi normale ma non per questo esclusiva, essendo, piuttosto, sufficiente che le opere destinate all’esercizio della servitù siano visibili – anche se solo saltuariamente ed occasionalmente (Cass. n. 6522/1993) – da qualsivoglia altro punto d’osservazione, anche esterno al fondo servente, purchè il proprietario di questo possa accedervi liberamente, come nel caso in cui le opere siano visibili da una vicina via pubblica.

Non rileva, quindi, che l’opera sia a vista nè che il proprietario del fondo che si assume asservito abbia, in concreto, conoscenza dell’esistenza dell’opera.

L’apparenza della servitù, senza la quale non è possibile la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, si identifica, in definitiva, nell’oggettiva e permanente sussistenza di opere suscettibili di essere viste (anche se, in concreto, ignorate) che, per la loro struttura e consistenza, inequivocamente denuncino il peso imposto su un fondo a favore dell’altro (Cass. n. 3556/1995).

Non è, infine, necessario che l’apparenza, nei termini predetti, si estenda all’opera nel suo complesso: non è, quindi, l’entità dell’opera che rileva ma le opere in quanto segno obiettivo ed inequivoco della loro destinazione ad una determinata servitù (Cass. n. 9371/1992; Cass. n. 5020/1996).

A fronte di tali principi, appare, allora, evidente alla Corte come la tubatura idrica, pur se collocata al di sotto del pavimento dell’appartamento che funge da fondo servente – ed incontestatamente oggetto di proprietà comune (in tal senso, del resto, Cass. n. 7761/2010) – costituisca senz’altro un’opera oggettivamente visibile (sia pur occasionalmente: come, in effetti, il ricorrente ha confermato ammettendo di aver accertato l’esistenza della tubatura in occasione di lavori svolti nel suo appartamento), anche solo in parte, dal proprietario dello stesso, che, di fatto, inequivocabilmente (come, appunto, è il caso di una tubazione che trasporta acqua), rivela, per struttura e consistenza, l’onere che grava sull’appartamento servente a vantaggio dell’altro.

© massimo ginesi 20 giugno 2017 

niente servitù coattiva per i tubi del gas

Così ha stabilito la Cassazione con sentenza 11563 del 6 giugno 2016.

Mentre con il consenso delle parti si può costituire qualunque servitù che sia ascrivibile allo schema generale previsto dalla norma (un peso imposto sopra ad un fondo per il vantaggio di un altro), le servitù coattive costituiscono un numero chiuso di fattispecie tipiche e non è consentito al Giudice procedere alla applicazione analogica delle relative norme.

Ne consegue che non è consentito richiamarsi alle norme sulla servitù coattiva di acquedotto per imporre a carico di un fondo (ed a vantaggio di altro c.d. intercluso) il passaggio di tubazioni di adduzione di gas riconducendo tale fattispecie alla previsione dell’art. 1033 cod.civ.

Precisa la Corte che, inoltre,  l’adduzione di acqua e gas – per la diversità di funzione, la diversa pericolosità e le diverse caratteristiche del fluido condotto non sono riconducibili ad identica ratio che consenta di applicare la medesima norma, che il legislatore ha previsto solo per il passaggio dell’acqua.

per chi volesse leggere l’intera sentenza

 © massimo ginesi giugno 2016