art. 1134 cod.civ.: rimborso solo per spese urgenti e non per trascuratezza degli altri condomini.

 

La Suprema Corte conferma un orientamento consolidato: il condomino che agisca per vedersi rimborsare dagli altri partecipanti al condominio le somme anticipate nell’interesse comune deve dimostrare l’urgenza e indifferibilità dell’intervento, non essendo sufficiente a giustificare il suo agire la semplice trascuratezza del condominio nella gestione delle parti comuni.

Ove non adempia a tale prova, non avrà diritto ad alcun rimborso.

Lo ha affermato Cass.civ. sez. II 5 ottobre 2017, n. 23244: in conformità a quanto questa Corte ha già statuito, in cause sovrapponibili alla presente (cfr. Cass. 20151/2013, nonché più di recente Cass. 9177/2017).
Il Tribunale ha sì ritenuto che, trattandosi di un condominio, il rimborso delle spese per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni, anticipate da uno dei condomini, trova la sua disciplina nell’art. 1134 c.c., in base al quale il diritto è riconosciuto soltanto per le spese urgenti e non in base al mero dato della trascuratezza degli altri comunisti, ma ha poi – con falsa applicazione di legge che si riflette nella contraddittorietà della motivazione – ravvisato l’urgenza in una situazione di fatto in cui tale urgenza delle spese (intesa, secondo lo stesso Tribunale che si richiama alla pronuncia delle sezioni unite n. 2046/2006, come l’erogazione che non può essere differita senza danno o pericolo) non è ravvisabile (il Tribunale richiama infatti la diffusa inerzia degli altri titolari di immobili compressi nel complesso e la “difficoltà di procurarsi tempestivamente il consenso e la necessaria cooperazione degli altri condomini”, in relazione all’”adeguamento di tutti gli impianti e servizi comuni alle normative di igiene e sicurezza pubblica disciplinanti l’attività alberghiera” e, comunque, al mantenimento degli spazi comuni”

© massimo ginesi 11 ottobre 2017 

 

art. 1134 cod.civ.: il potere gestorio del singolo condomino.

La Suprema Corte ribadisce un concetto consolidato in tema di spese effettuate dal singolo per la gestione delle parti comuni e sottolinea un dato fondamentale della disciplina  condominiale: il concorso dei singoli alla gestione della cosa comune trova il suo luogo privilegiato nelle delibere assembleari il potere di provvedere direttamente è assolutamente circoscritto ed eccezionale, al contrario di quanto prevede l’art. 1105 I comma cod.civ. per la comunione.

La vicenda affrontata da  Cass. civ. VI-2 sez.  8 giugno 2017 n. 14326 rel. Scarpa muove da una vicenda nata in terra genovese, ad Arenzano, ove un condomino aveva  personalmente provveduto ad alcuni lavori di sistemazione di una scaletta comune sostenendo esborsi  per 450 euro, di cui pretendeva il rimborso ai sensi dell’art. 1134 cod.civ.

Nonostante l’esiguità della somma oggetto di lite, la vicenda attraversa ben tre gradi di giudizio, in primo grado viene svolta CTU che ha ” escluso che le condizioni di questa scala, avente alzate non complanari con la pedata ed una decina di piastrelle lesionate, comportassero “pericolo per gli utenti” , pur denotando “scarsa manutenzione”; il Tribunale ritenuto che non sussistesse urgenza, aveva respinto la domanda, pronuncia totalmente riformata dalla Corte di appello di Genova in favore del condomino.

Ricorre in Cassazione il Condominio, per ribadire che l’art. 1134 cod.civ. qualifica l’urgenza con caratteristiche ben definite, non sussistenti nel caso di specie, ovvero deve sussistere indifferibilità dell’intervento, intesa come l’impossibilità di investire della questione l’amministratore o l’assemblea senza che sussista pericolo nel ritardo.

Il giudice di legittimità accoglie totalmente la tesi, ribadendo un consolidato orientamento cui non si è attenuta la Corte genovese: “Per consolidato orientamento di questa Corte, del quale la Corte d’Appello di Genova non ha tenuto conto, il condomino che, in mancanza di autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, abbia anticipato le spese di conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso solo se ne dimostri, ex art. 1134 c.c. (testo previgente alla modifica operata con la legge n. 220/2012), l’urgenza, ossia se dimostri che le opere, per evitare un possibile nocumento a sé, a terzi od alla cosa comune, dovevano essere eseguite senza ritardo e senza possibilità di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 23/09/2016, n. 18759; Cass. Sez. 2, 19/12/2011, n. 27519; Cass. Sez. 2, 23/04/2010, n. 9743).

Ai fini dell’applicabilità dell’art 1134 c.c., va allora considerata ‘urgente’ non, come ha ragionato la Corte d’Appello di Genova, la spesa che pur sia giustificata dalle condizioni di degrado o di scarsa manutenzione, o di incuria, quanto la spesa la cui erogazione non possa essere differita, senza danno o pericolo, fino a quando l’amministratore o l’assemblea dei condomini possano utilmente provvedere.

La ragione sottintesa all’art. 1134 c.c. viene ravvisata, del resto, proprio nell’esigenza di evitare dannose interferenze del singolo condomino nell’amministrazione, dovendosi esprimere il concorso dei distinti proprietari alla gestione delle cose comuni essenzialmente in forma assembleare

La prova dell’indifferibilità della spesa incombe, peraltro, sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. Sez. 2, 26/03/2001, n. 4364; Cass. Sez. 2, 04/08/1997, n. 7181; Cass. Sez. 2, 12/09/1980, n. 5256).”

La pronuncia si riferisce al testo dell’art. 1134 cod.civ. anteriore alla L. 220/2012, che ha tuttavia unicamente  mutato il riferimento al condomino che “ha fatto spese per le cose comuni” in “condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni”, intervento che rende la lettura del giudice di legittimità del tutto attuale anche in relazione  alla norma vigente.

© massimo ginesi 9 giugno 2017

anticipazioni effettuate dall’amministratore uscente: contro chi va promossa l’azione per il recupero?

E’ noto che la buona prassi amministrativa (e oggi anche i principi geniali sottesi alla L. 220/2012) sconsigliano l’amministratore dalla effettuazione di anticipazioni nell’interesse del Condominio.

Può tuttavia accadere, per ragioni assolutamente lecite, che al termine dell’incarico  risulti un credito dell’amministratore uscente nei confronti del Condominio.

E’ nota la giurisprudenza più recente (Cassazione n. 10153/2011) in cui si è osservato  che la differenza negativa risultante dal rendiconto non costituisce automaticamente prova dell’anticipazione da parte dell’amministratore, sicché costui dovrà dare prova piena degli esborsi sostenuti sia relativamente all’an che al quantum.

Ammesso che tale prova sia fornita, è interessante ripercorrere i limiti e le modalità del recupero, così come delineate in una recente sentenza di merito (Trib. Massa  25/11/2016 n. 1095) : “il credito per le somme anticipate nell’interesse del Condominio dall’amministratore trae origine da un rapporto di “mandato” che intercorre con i condomini (cfr. per tutte: Cass. civile, sez. II, 04 ottobre 2005, n. 19348; Cass. civile, sez. II, 16 agosto 2000, n. 10815).
Precisamente, l’amministratore di condominio – nel quale non è ravvisabile un ente fornito di autonomia patrimoniale, bensì la gestione collegiale di interessi individuali, con sottrazione o compressione dell’autonomia individuale – configura un “ufficio di diritto privato” oggettivamente orientato alla tutela del complesso dei suindicati interessi e realizzante una cooperazione, in ragione di autonomia, con i condomini, singolarmente considerati, che è assimilabile, pur con tratti distintivi in ordine alle modalità di costituzione ed al contenuto ‘sociale’ della gestione, al “mandato con rappresentanza”, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra amministratore ed ognuno dei condomini, dell’art. 1720 comma 1 c.c., secondo cui il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni fatte nell’esecuzione dell’incarico: norma che, peraltro, esprime un principio comune nella disciplina dei rapporti di cooperazione, indipendentemente dalla loro peculiarità (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286; Cass. civile, sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530).
Tuttavia, l’amministratore di condominio non ha – salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti – un generale potere di spesa, in quanto spetta all’assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore; ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell’assemblea, l’amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perchè, pur essendo il rapporto tra l’amministratore ed i condomini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell’art. 1720 c.c. – secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario – deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell’amministratore non può considerarsi liquido ne’ esigibile senza un preventivo controllo da parte dell’assemblea (Cass., Sez. 2, 27 giugno 2011, n. 14197).
In particolare, si deve osservare che, nascendo l’obbligazione restitutoria a carico dei singoli condomini nel momento stesso in cui avviene l’anticipazione legittima e per diretto effetto di essa, la situazione non muta in conseguenza della cessazione dell’anticipante dall’incarico di amministratore, con la conseguenza che la domanda dell’amministratore cessato dall’incarico diretta ad ottenere il rimborso di somme anticipate nell’interesse della gestione condominiale può essere proposta, oltre che nei confronti del condominio, anche nei confronti del singolo condomino inadempiente all’obbligo di pagare la propria quota (cfr. in tal senso la citata Cass. civile, sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286 in Giust. civ. Mass. 1997, 227 ed in Vita not. 1997, 190).
In conclusione, l’amministratore cessato dall’incarico può chiedere il rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale sia nei confronti del condominio legalmente rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi considerare attinente alle cose, ai servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall’espletamento del mandato, che, appunto, riflette la gestione e la conservazione di quelle cose, servizi o impianti) sia, cumulativamente, nei confronti di ogni singolo condomino, la cui obbligazione di rimborsare all’amministratore, mandatario, le anticipazioni da questo fatte nell’esecuzione dell’incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui avviene l’anticipazione e per effetto di essa e non può considerarsi estinta dalla nomina del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza eliminare quelle originali, sostanziali e processuali (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530).”

© massimo ginesi 24 gennaio 2017 

 

 

spese rimborsate al singolo condomino solo in caso di urgenza

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La Cassazione ribadisce la portata precettiva dell’art. 1134 cod.civ.

Dopo 17 anni giunge ad epilogo una vicenda iniziata dinanzi al Giudice di Pace di Alghero e relativa alla richiesta di pagamento avanzata da un società nei confronti di una condomina , sull’assunto di aver anticipato le spese per la cura e la manutenzione delle parti comuni.

Il giudice di primo grado e il Tribunale di Sassari, in secondo grado, avevano inopinatamente ritenuto fondata la richiesta, che è stata invece disattesa dal giudice di legittimita.

La Suprema corte, II sez. Civile, con sentenza n. 18758 depositata in data 23 settembre 2016 ha chiarito che “In ordine alla rilevanza delle spese anticipate dal singolo condomino, l’art. 1134 c.c. fissa criteri particolari, in deroga al disposto dell’art. 1110 c.c., dettato in tema di comunione, che riconosce il diritto al rimborso in favore del comunista il quale ha anticipato le spese necessarie per la cosa comune nel caso di “trascuranza degli altri partecipanti e dell’amministratore”. Nel condominio la “trascuranza” degli altri partecipanti e dell’amministratore non è sufficiente. Il condomino non può, senza interpellare gli altri condomini e l’amministratore e, quindi, senza il loro consenso, provvedere alle spese per le cose comuni, salvo che si tratti di “spese urgenti” (Cass., Sez. Un., 31 gennaio 2006, n. 2046; Cass., Sez. 2, 12 ottobre 2011, n. 21015). Il divieto per i singoli condomini di eseguire di propria iniziativa opere relative alle cose comuni cessa quando si tratta di opere urgenti, per tali intendendosi quelle che, secondo il criterio del buon padre di famiglia, appaiano indifferibili allo scopo di evitare un possibile, anche se non certo, nocumento alla cosa comune, l’urgenza dovendo essere commisurata alla necessità di evitare che la cosa comune arrechi a sé o a terzi o alla stabilità dell’edificio un danno ragionevolmente imminente, ovvero alla necessità di restituire alla cosa comune la sua piena ed effettiva funzionalità… La disposizione dell’art. 1134 c.c., invero, è diretta ad impedire indebite e non strettamente indispensabili interferenze dei singoli partecipanti alla gestione del fabbricato riservata agli organi del condominio, essendo previsti dalle norme processuali strumenti alternativi (art. 1105 c.c., comma 4) al fine di ovviare alla inerzia nella adozione o nella esecuzione di provvedimenti non urgenti, ma tuttavia necessari per la conservazione ed il godimento dell’edificio … Il diritto al rimborso in seguito all’attività gestoria, svolta dal singolo condomino in deroga alla competenza dell’assemblea e dell’amministratore, si giustifica, quindi, soltanto in ragione dell’urgenza delle spese “

La sentenza, per l’ampio contenuto in fatto e diritto e i numerosi  richiami giurisprudenziali, merita lettura integrale.

© massimo ginesi 27 settembre 2016

 

 

non sempre necessari i giustificativi di spese postali e di copia

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Accade con frequenza che l’amministratore porti a consuntivo spese minute per adempimenti postali e di segreteria (fotocopie) senza che adduca per ciascuna il relativo giustificativo di spesa.

nel caso di specie, che affonda ancora le proprie radici nella stagione della lira, il giudice di primo rado aveva stabilito che “per quel che riguardava il rimborso richiesto richiesto dall’amministrazione per Lire 100.000 per spese difficilmente documentabili, non era contra legem la delibera di approvazione pur in assenza delle conservazione dei documenti giustificativi”

La vicenda giunge infine in Cassazione ove viene statuito che “si sottrae al sindacato di legittimità la delibera dell’assemblea condominiale la quale – in relazione alla natura oltrechè all’entità – in relazione alla natura oltrechè all’entità – liquidi forfettariamente importi che non sono relativi a spese strettamente inerenti alla stessa gestione dell’amministrazione condominiale, come quelle sostenute per fotocopiature e spedizione di raccomandate”.

Dunque all’amministratore competerà il rimborso di quelle spese anche in assenza delle singole ricevute di spesa, in quanto è potere dell’assemblea liquidare comunque le ordinarie spese correnti di amministrazione ove risultino congiure e pertinenti, mentre all’improvvido  condomino quelle centomila lire di spese postali e fotocopie sono costate, per solo il grado di cassazione di quell’impugnativa di delibera,   2.500 euro oltre accessori di spese di lite.

Cass. Civ. Sez. II 24 giugno 2016 n. 13183

© massimo ginesi 19 luglio 2016

anticipazioni dell’amministratore, i consuntivi approvati costituiscono prova

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La controversa materia delle anticipazioni dell’amministratore è oggetto di una recente sentenza di un tribunale campano (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sentenza 4 aprile 2016)

La Cassazione ha affermato, in più occasioni, che è onere dell’amministratore fornire espressa e puntuale prova delle anticipazioni eseguite non essendo possibile desumerle in via presuntiva  dal fatto che non risultino creditori insoddisfatti alla fine dell’esercizio, pur non avendo tutti i condomini versato le quote di competenza:” l’approvazione di un rendiconto di cassa che presenti un disavanzo tra uscite ed entrate, non implica che, per via deduttiva, possa ritenersi riconosciuto il fatto che la differenza sia stata versata dall’amministratore utilizzando denaro proprio, ovvero che questi sia comunque creditore del condominio per l’importo corrispondente, atteso che la ricognizione di debito, sebbene possa essere manifestata anche in forma non espressa, richiede pur sempre un atto di volizione su di un oggetto specificamente sottoposto all’esame dell’organo collettivo, chiamato a pronunciarsi su di esso” Corte di cassazione, Sezione seconda civile, 9 maggio 2011, n. 10153.

Tuttavia l’approvazione del rendiconto, in cui siano specificamente indicate le anticipazioni effettuate dall’amministratore, è prova idonea ad attestare il suo credito, poiché il documento contabile fa stato non solo fra condominio e condomini ma anche fra amministratore e condominio, così come afferma il Tribunale campano: “L’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore rientra tra le attribuzioni dell’assemblea dei condomini, le cui deliberazioni se non impugnate tempestivamente, con riguardo a pretesi vizi che ne causino l’annullabilità, sono obbligatorie per tutti i condomini, con la conseguenza che il condomino dissenziente non può, in mancanza di formale impugnazione a termini dell’art. 1137 c.c. – alla quale non può essere equiparata una contestazione scritta – sottrarsi al pagamento di quanto da lui dovuto in base alla rendiconto approvato. Anche, però, nel rapporto tra il condominio e l’amministratore, la delibera assembleare di approvazione del rendiconto, che non sia stata tempestivamente impugnata per vizi che ne possano determinare l’annullamento, o che non sia addirittura nulla, rende incontestabile il rendiconto stesso, per modo che eventuali crediti da questo risultanti in favore dell’amministratore (per anticipazioni e/o compensi oppure ad altro titolo ancora) non possano essere più messi in discussione dal condominio una volta che vi sia stata una valida approvazione. Infatti, l’obbligo di rendiconto trova fondamento nella circostanza che un soggetto svolga attività di gestione di affari altrui, e ha perciò la funzione di informare di ciò che è stato compiuto il soggetto nel cui interesse è stata svolta l’attività, per consentirgli di far valere i propri diritti che da essa nascono. È perciò del tutto logico che, quando siano previsti dei termini per eventuali contestazioni rispetto al rendiconto oppure questo sia espressamente approvato dal diretto interessato, il rendiconto così approvato o che debba darsi per approvato (per inutile decorso dei cennati termini) renda incontestabili le somme che da esso risultino dovute in favore dell’una o dell’altra parte (cfr. in termini riassuntivi l’art. 263, comma 2, c.p.ca circa gli effetti dell’accettazione espressa del conto), salvi ovviamente i casi in cui la legge consenta di contestare il rendiconto (cfr. ancora sempre in termini riassuntivi gli artt. 264 e 266 c.p.c.). È insito, infatti, nella logica dei rapporti bilaterali in cui è previsto l’obbligo di rendiconto, rapporti sovente di natura privatistica e più specificamente contrattuale, che si tenda a raggiungere il risultato della certezza circa le reciproche poste di dare ed avere tra le parti, onde tali aspetti non rimangano indefinitamente pendenti e controvertibili, e tale certezza ben può essere assicurata dall’espressa approvazione(oppure dalla mancata disapprovazione entro termini eventualmente previsti) da parte di chi avrebbe avuto interesse a contestare il conto reso da colui il quale ha svolto l’attività per suo conto.
Ebbene, i detti rendiconti di gestione, redatti dal (…) sono stati comunque approvati dall’assemblea dei condomini, rendendo perciò incontestabile tra le attuali parti in causa la registrazione tra i debiti del Condominio della voce relativa alla somma indicata a titolo di restituzione delle anticipazioni eseguite dall’amministratore. Né hanno rilevanza le ragioni che indussero i condomini a tale approvazione, in quanto gli stessi erano liberi di non approvare i ridetti rendiconti.”

Interessante anche il rilievo circa la rilevanza probatoria del verbale di assemblea e le modalità necessarie al suo disconoscimento: ” Va aggiunto che il verbale dell’assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma essersi in essa verificati, per modo che spetta al condomino che impugna la deliberazione assembleare contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, di provare il suo assunto (cfr. Cass. Sez. 2, 13 ottobre 1999, n. 11526; Cassazione civile sez. VI 12/08/2015 n. 16774). D’altronde, secondo l’orientamento prevalente, ove non sia redatto da un notaio, il verbale dell’assemblea condominiale ha valore di semplice scrittura privata, per vincere le cui risultanze non occorre la querela di falso bensì qualsiasi mezzo di prova (cfr. Tribunale Padova, sez. I, 15/09/2006, n. 1955; Cassazione penale sez. V 20 novembre 1986).
Va precisato che l’anzidetta documentazione pur prodotta in copia su citata non è stata oggetto di disconoscimento rituale in seno all’atto introduttivo. Ed invero, posto che secondo orientamento pacifico, il disconoscimento della conformità di una copia all’originale deve essere chiaro, circostanziato, esplicito, oltre che tempestivo (cfr. Cassazione civile sez. VI 01 luglio 2014 n. 14893), la sola deduzione di parte opponente secondo cui il (…) ha depositato una serie di copie fotostatiche con contestuale richiesta di disporre il deposito degli originali, non concretizza il disconoscimento rituale su indicato.”

Osserva ancora il Tribunale che  l’amministratore non potrà agire nei conforti di un singolo condomino per l’intero ma potrà richiedere l’intero credito al Condominio oppure le singole quote a ciascun condomino (applicazione del noto principio di Cass. SS.UU. 9148/2008 oggi temperato dall’art. 63 disp.att. cod.civ. ): “Va precisato che l’amministratore cessato dall’incarico può chiedere il rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale sia nei confronti del condominio legalmente rappresentato dal nuovo amministratore (dovendosi considerare attinente alle cose, ai servizi ed agli impianti comuni anche ogni azione nascente dall’espletamento del mandato, che, appunto, riflette la gestione e la conservazione di quelle cose, servizi o impianti) sia, cumulativamente, nei confronti di ogni singolo condomino, la cui obbligazione di rimborsare all’amministratore, mandatario, le anticipazioni da questo fatte nell’esecuzione dell’incarico deve considerarsi sorta nel momento stesso in cui avviene l’anticipazione e per effetto di essa e non può considerarsi estinta dalla nomina del nuovo amministratore, che amplia la legittimazione processuale passiva senza eliminare quelle originali, sostanziali e processuali (cfr. in tal senso, Cass. civile, sez. II, 12 febbraio 1997, n. 1286; Cass. civile , sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530; Cass. civile 24 marzo 1981 n. 1720; Tribunale Torino, sez. III, 30/10/2006, n. 6957; Corte appello Torino, 26/06/2003)”.

La pronuncia contiene ancora interessanti riflessioni sulla prescrizione presuntiva e, per la materia di quotidiana rilevanza  che affronta, merita lettura integrale.

© massimo ginesi luglio 2016