art. 1127 cod.civ.: sopraelevazione e aspetto architettonico.

La corte di legittimità (Cass.Civ.  sez.VI-2 ord. 12 settembre 2018 n. 22156 rel. Scarpa)   ritorna sui differenti concetti di aspetto e decoro architettonico, cod.civ. riguardo alla tutela  accordata dal codice in caso di sopraelevazione: il nuovo corpo  – per essere lecito – deve  rispettare le linee estetiche del fabbricato, inserendosi armonicamente nel suo aspetto complessivo.

La vicenda riguarda la demolizione di una veranda in vetro e alluminio  realizzata sulla terrazza sommitale di un fabbricato romano, ritenuta dai giudici di merito illecita in quanto destinata ad alterare l’aspetto complessivo dell’edificio, pronuncia che ha resistito al vaglio della Cassazione, che ha osservato:

E’ noto come l’art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell’ultimo piano dell’edificio ai limiti dettati dalle condizioni statiche dell’edificio che non la consentono, ovvero dall’aspetto architettonico dell’edificio stesso, oppure dalla conseguente notevole diminuzione di aria e luce per i piani sottostanti.

L’aspetto architettonico, cui si riferisce l’art. 1127, comma 3, c.c., quale limite alle sopraelevazioni, sottende, peraltro, una nozione sicuramente diversa da quella di decoro architettonico, contemplata dagli artt. 1120, comma 4, 1122, comma 1, e 1122-bis c.c., dovendo l’intervento edificatorio in sopraelevazione comunque rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore.

Il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio va condotto, in ogni modo, esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale, e verificando l’esistenza di un danno economico valutabile, mediante indagine di fatto demandata al giudice del merito, il cui apprezzamento sfugge al sindacato di legittimità, se, come nel caso in esame, congruamente motivato (cfr. Cass. Sez. 6-2, 28/06/2017, n. 16258; Cass. Sez. 2, 15/11/2016, n. 23256; Cass. Sez. 2, 24/04/2013, n. 10048; Cass. Sez. 2, 07/02/2008, n. 2865;    Cass. Sez. 2, 22/01/2004, n. 1025; Cass. Sez. 2, 27/04/1989, n. 1947).

D’altro canto, questa Corte ha anche affermato che le nozioni di aspetto architettonico ex art. 1127 c.c. e di decoro architettonico ex art. 1120 c.c., pur differenti, sono strettamente complementari e non possono prescindere l’una dall’altra, sicché anche l’intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato, senza recare una rilevante disarmonia al complesso preesistente, sì da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterarne le linee impresse dal progettista (Cass. Sez. 6 – 2, 25/08/2016, n. 17350).

Ora, perché rilevi la tutela dell’aspetto architettonico di un fabbricato, agli effetti, come nella specie, dell’art. 1127, comma 3, c.c., non occorre che l’edificio abbia un particolare pregio artistico, ma soltanto che questo sia dotato di una propria fisionomia, sicché la sopraelevazione realizzata induca in chi guardi una chiara sensazione di disarmonia.

Perciò deve considerarsi illecita ogni alterazione produttiva di tale conseguenza, anche se la fisionomia dello stabile risulti già in parte lesa da altre preesistenti modifiche, salvo che lo stesso, per le modalità costruttive o le modificazioni apportate, non si presenti in uno stato di tale degrado complessivo da rendere ininfluente allo sguardo ogni ulteriore intervento.

Ciò premesso, è agevole osservare che la Corte di Roma, riconoscendo — in conformità ai principi sopra ricordati – il carattere lesivo dell’aspetto architettonico della veranda realizzata da N. T., ha fornito una motivazione adeguata e pienamente condivisibile alla stregua del comune senso estetico, sottolineando come il manufatto disperda quella uniformità che attribuisce all’edificio un aspetto ancora ordinato e dignitoso.

La preesistenza di una veranda, oggetto di precedente giudizio, è stata correttamente ritenuta non determinante dalla Corte d’appello, perché essa non rende certamente ininfluenti gli ulteriori fatti lesivi e, quindi, non ne può costituire valida giustificazione.”

© massimo ginesi 14 settembre 2018 

aspetto e decoro architettonico pari non sono…

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La Suprema  Corte deposita un’ordinanza estiva (Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 15 marzo – 25 agosto 2016, n. 17350)  in cui affronta e chiarisce la portata di due concetti che in condominio si affacciano spesso: l’aspetto e il decoro architettonico del fabbricato.

Si pensi solo alle innovazioni vietate ai sensi dell’art. 1120 IV comma cod.civ., al divieto posto dall’art. 1117 ter V comma cod.civ. in tema di modifica delle destinazioni d’uso, alle modalità di esecuzione degli interventi di cui all’art. 1122 bis III comma cod.civ. e alla facoltà di sopraelevazione prevista dall’art. 1127 cod.civ.

Afferma la Cassazione che “Questa Corte ha ben definito i due parametri del decoro e dell’arto architettonico, sottolineandone le numerose differenze e affinità concettuali Mentre la nozione dell’aspetto, contenuta nell’art. 1127 cc, relativo alla facoltà dei condomini di costruire in sopraelevazione, coinvolge una serie di valutazioni connesse alla compatibilità con lo stile architettonico dell’edificio (Cass., sez. 2, n. 1025 del 2004), diversamente il decoro dell’immobile, come richiamato dall’art. 1120 cc, si esprime nell’omogeneità delle linee e delle strutture architettoniche, ossia nell’armonia estetica (Cass., seti 2, n. 10350 del 2011).
Le due nozioni, a luce meridiana, vivono un rapporto di stretta complementarietà, tale da escludere uno iato netto tra le due, le quali appaiono anzi l’un l’altra imprescindibili, risolvendosi la valutazione di continuità stilistica in una verifica del rispetto delle direttive architettoniche impresse dal progettista (Cass., sez. 2, n. 10048 del 2013)”

E già che si parla di aspetto del fabbricato, per non vivere di solo diritto, merita uno sguardo l’opera di Patrick Commecy che – a fronte della bruttura della maggior parte dei murales nostrani – lascia incantati.

© massimo ginesi 29 agosto 2016