E’ quanto ha ribadito, secondo un orientamento ormai costante, il Tribunale di Velletri con sentenza 4.9.2023 n. 1657, resa nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dal coniuge separato e non assegnatario dell’immobile:
“Costituisce fatto pacifico che l’immobile sito in M viale dell’A che ha originato le spese straordinarie condominiali richieste con il decreto ingiuntivo opposto, è in comproprietà tra le parti al 50% ciascuno. E’, altresì, pacifico che l’immobile sia stato assegnato alla R con i provvedimenti del divorzio.
Sul punto va ricordato che l’amministratore di condominio ha diritto di riscuotere i contributi per la manutenzione e per l’esercizio delle parti e dei servizi comuni esclusivamente da ciascun condomino, e cioé dall’effettivo proprietario o titolare di diritto reale sulla singola unità immobiliare.
Poi, più nello specifico, per quanto riguarda la ripartizione delle spese condominiali inerenti alla casa familiare oggetto di assegnazione in sede di separazione o di divorzio, vanno distinte le spese che sono dovute dal coniuge assegnatario, il quale utilizza in concreto l’immobile (per esempio, servizio di pulizia, riscaldamento) e quelle che rimangono a carico del coniuge proprietario esclusivo dell’immobile (per esempio, spese di manutenzione straordinaria) (Cass. civ. 24 luglio 2000, n. 9689).
Dunque, sulla base di tali linee interpretative, é chiaro che le spese condominiali, di cui non è contestata la natura straordinaria, sostenute dalla R in relazione all’immobile debbano gravare nella misura del 50% in capo al S. Ciò posto appare assolutamente irrilevante la circostanza che il S non possa godere dell’immobile in quanto il medesimo viene legittimamente utilizzato dalla R in forza del dell’assegnazione disposta con i provvedimenti del divorzio (cfr. doc. in atti). Poi, le doglianze sollevate con riguardo alla mancata partecipazione alle assemblee condominiali risultano inconferenti rispetto all’obbligazione cui il S è tenuto, considerato che esse attengono esclusivamente al rapporto tra il comproprietario S ed il Condominio (nei confronti del quale avrebbe dovute farle valere) e non a quello con l’altro comproprietario. Anche la circostanza riferita dal S, secondo cui le comunicazioni del Condominio contengono il solo nominativo della R, costituisce un fatto irrilevante in questa sede, che doveva essere tempestivamente rappresentato all’amministratore di condominio ed inidoneo, di per se solo, ad escludere l’obbligazione pecuniaria gravante sul comproprietario.”
Taluni soci di cooperativa edilizia, che ha nel frattempo ha provveduto alla assegnazione in via esclusiva degli alloggi, propongono azione per accertare che alcuni beni posti nel complesso edilizio non sono comuni a tutti, non essendo menzionati espressamente negli atti di acquisto.
La vicenda giunge in cassazione, ove la corte (Cass.civ. sez. II ord. 27 maggio 2019 n. 14432) ripercorre i principi consolidati in tema di condominio e beni comuni, osservando come – una volta che si sia proceduto all’assegnazione in via individuale delle unità singole – si dia luogo ad una situazione di condominio, in cui la norma di riferimento è costituita dall’art. 1117 c.c., sì che i beni destinati per natura o funzione ad uso e beneficio comune devono ritenersi tali anche ove non espressamente menzionati nell’atto di acquisto.
Tuttavia, osserva la corte, la vicenda non può essere decisa poiché coperta da giudicato esterno, avendo taluni condomini impugnato delibere che attribuivano loro spese ed avendo il giudice di merito, con sentenza passata in giudicato, accertato che quelle somme non erano dovute poiché relative a beni non comuni.
Essendo statuizione che attiene allo stesso esatto rapporto dedotto nel giudizio di legittimità, deve ritenersi che la vicenda sia coperta da giudicato esterno, preclusivo di ulteriore esame.
“va ritenuto, in via di principio, che, qualora una cooperativa edilizia, dopo aver stipulato con il Comune una convenzione di lottizzazione su di un terreno al fine di costruirvi un complesso edilizio da destinare a civile abitazioni, abbia poi provveduto all’assegnazione degli alloggi realizzati ai soci, con conseguente formale trasferimento in loro favore della proprietà delle singole unità immobiliari ed insorgenza di un rapporto di condominio tra i soci assegnatari, deve ritenersi che oggetto dell’assegnazione sia pure la comproprietà dei beni che abbiano l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e, cioè, siano collegati strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari assegnate in proprietà esclusiva ai soci, ovvero che siano in rapporto con queste da accessorio a principale, essendo il diritto dei soci assegnatari sulle parti di area non direttamente interessate dai fabbricati assimilabile a quello dei condomini sulle parti comuni;
– come già sostenuto da questa Corte (sentenza n. 6882/2014), deve rilevarsi che le cooperative edilizie perseguono lo scopo di costruire alloggi e di assegnarli dapprima in godimento e poi in proprietà individuale ai soci; -nell’attuare tale oggetto sociale, la previsione di spazi deputati al godimento comune dei soci è più o meno necessitata dalla natura stessa del corpo di fabbrica realizzato e dall’applicazione ad esso dell’art. 1117 cod. civ. in tema di parti comuni dell’edificio;
-il Tribunale di Tivoli aveva ritenuto decisiva, al fine di escludere la comproprietà in capo ai soci assegnatari delle aree degli impianti di pertinenza degli alloggi (pozzi, depuratore, terreni destinati a verde, impianti di urbanizzazione secondaria), e quindi di negare il conseguente obbligo di partecipare alle relative spese, la mera mancata menzione di tali beni all’interno dell’atto di assegnazione;
-in realtà, va osservato, applicando, al caso di specie, l’art. 1117 cod. civ., si sarebbe, peraltro, configurata, piuttosto, una presunzione di comunione che abbraccia quelle aree quegli impianti i quali (all’esito di indagine di fatto riservata al giudice del merito) denotino una relazione strumentale necessaria con l’uso comune;
– inoltre, tale presunzione non potrebbe essere vinta dalla pura e semplice omessa menzione nell’atto di assegnazione di dette aree o impianti, occorrendo, invece, una formale espressione in questa direzione contenuta nel contratto sociale
– nonostante queste considerazioni, risulta decisiva la circostanza che con la memoria ex art. 380 parte controricorrente ha dedotto l’esistenza di un giudicato esterno formatosi inter partes dopo la notifica del ricorso per cassazione in forza della sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493 del 2014 dep. il 23/6/2014 corredata di idonea certificazione ai sensi dell’art. 124 delle disp. att. cod. proc. civ. che ha prodotto ritualmente il relativo documento;
-la menzionata sentenza, avente ad oggetto l’ impugnativa delle deliberazioni assembleari relativa ai bilanci consuntivo 2011 e 2012 proposta da vari proprietari fra cui il sig. G., accertava che gli atti di assegnazione dei singoli lotti agli attori non avessero alcun riferimento alle pertinenze ad esse relative, sicché non sussisteva alcuna comunione al riguardo dei detti beni;
–l’accertamento contenuto nella sentenza del Tribunale di Tivoli – come già osservato nelle precedenti pronunce di questa Corte richiamate dalla controricorrente n. 328/2017, 327/2017, 767/2017, 10058/2018, 9540/2018 e n.9279/2018 – della insussistenza di una situazione di contitolarità in capo alla controricorrente delle aree pertinenziali del Complesso P. , presupposto di fatto dell’obbligo della stessa di contribuire alle spese della relativa comunione, inerisce ad una connotazione, di fatto e di diritto, del rapporto inter partes,idonea a produrre effetti destinati a durare per tutto il protrarsi di tale rapporto a situazione normativa e fattuale immutata;
– ne consegue che la situazione ivi accertata non può più formare oggetto di valutazione diversa nel presente giudizio (cfr. Cass. 11572/2016), né ai fini del primo motivo, né ai fini del secondo motivo, in quanto i limiti della cognizione del giudice del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali dipendono comunque dalla preventiva configurabilità di una deliberazione che abbia approvato la ripartizione delle spese tra i condomini relative a parti ad essi comuni, essendo tale situazione di comunione smentita dall’intervenuto giudicato esterno (arg. Cass. 305/2016);
– consegue che il ricorso per cassazione, poiché finalizzato a porre in discussione la questione relativa alla contitolarità delle aree pertinenziali del Complesso Residenziale P., che risulta coperta dal contrario giudicato esterno dedotto da parte controricorrente, deve essere rigettato (Cass. 13916/2006);
– la rilevanza del giudicato esterno non è inficiata dalla deduzione di parte ricorrente svolta nella memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in relazione alla natura incidentale dell’accertamento oggetto del giudicato , perché esso non riguarda la natura esclusiva di beni ritenuti condominiali;
–esso concerne l’insussistenza dell’obbligo di concorrere alle spese ed il suo antecedente logico rappresentato dall’esclusione del rapporto di condominialità nei confronti del G., accertamento rispetto al quale il contraddittorio è integro e la decisione idonea ad assurgere all’efficacia di giudicato esterno ed ad impedire la riapertura della questione, in difetto di elementi sopravvenuti (Cass.11572/2016).”
Cass.Civ. II sez. 30 marzo 2018, n. 8014 rel. Giusti affronta una ipotesi in cui il costruttore si era riservato la proprietà dell’area esterna al fabbricato: “P.A. ricorreva al Tribunale di Savona, sezione distaccata di Albenga, al fine di sentire dichiarare nulla la delibera in data 9 marzo 2003 del condominio (omissis) , al quale egli apparteneva essendo proprietario di un appartamento nell’edificio F e di un box nell’edificio E. Con tale delibera veniva stabilito che i posti macchina “disegnati… sul cortile” dal costruttore – il medesimo P.A. – fossero assegnati ai condomini che non avevano acquistato un box. Deduceva il ricorrente che, essendosi egli riservato, al momento della costituzione del condominio, la proprietà esclusiva del terreno sul quale erano situati i suddetti posti auto, l’assemblea non poteva disporre del suo diritto. Costituendosi in giudizio, il condominio resisteva.”
Il Tribunale di Savona sez. disse. Albenga e poi la Corte di Appello di Genova respingevano la domanda, sull’assunto che ““l’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942 comporta che il contratto di compravendita con il quale il costruttore-venditore si riservi la proprietà esclusiva di aree destinate al parcheggio, è affetto da nullità parziale, con automatica sostituzione della clausola nulla ed integrazione del contratto, ex art. 1419, secondo comma, cod. civ.. La Corte di Genova ha quindi affermato che la delibera assembleare si è limitata ad assegnare i posti auto, senza in alcun modo qualificare la natura del diritto in contestazione. Ad ogni modo – ha sottolineato la Corte distrettuale – la giurisprudenza di legittimità individua tale diritto come reale ed assoluto, avente ad oggetto l’utilizzo delle aree destinate a parcheggio. Infine, la Corte territoriale ha escluso la retroattività del principio stabilito dall’art. 12, comma 9, della legge n. 246 del 2005, che consente di trasferire gli spazi per parcheggio in modo autonomo rispetto alle altre unità immobiliari.”
Tesi totalmente bocciata dal giudice di legittimità che cassa la sentenza, dichiarando nulla la delibera impugnata ben quindici anni fa: “Occorre premettere che nel fabbricato condominiale di nuova costruzione ed anche nelle relative aree di pertinenza, ove il godimento dello spazio per parcheggio – nella misura fissata dalla norma imperativa ed inderogabile di cui all’art. 41-sexies della legge n. 1150 del 1942, introdotto dall’art.18 della legge n. 765 del 1967 – non sia assicurato in favore del singolo condomino, essendovi un titolo contrattuale che attribuisca ad altri la proprietà dello spazio stesso, si ha nullità di tale contratto, nella parte in cui sia omessa tale inderogabile destinazione, con integrazione ope legis del contratto tramite riconoscimento di un diritto reale di uso di detto spazio in favore del condomino, nella misura corrispondente ai parametri della disciplina normativa applicabile per l’epoca dell’edificazione (Cass., Sez. II, 27 dicembre 2011, n. 28950).
Questa Corte (Cass., Sez. U., 17 dicembre 1984, n. 6602) ha altresì precisato che la citata normativa, nel disporre che nelle nuove costruzioni debbono essere riservati appositi spazi per parcheggi, ha istituito inderogabilmente un vincolo pertinenziale permanente di natura pubblicistica tra tali aree e il fabbricato, con riflessi anche di carattere civilistico, consistenti nella possibilità di far dichiarare la nullità parziale, ai sensi degli artt. 1418 e 1419 cod. civ., dei contratti di alienazione delle singole unità immobiliari dell’edificio, in quanto escludenti dal trasferimento il diritto di proprietà o di uso del parcheggio, salva la corresponsione all’alienante del relativo compenso, in quanto non compreso nei prezzi delle vendite.
Si tratta di distinti diritti, spettanti non alla collettività condominiale, ma separatamente a ognuno dei singoli compratori delle varie porzioni dello stabile, in base ai rispettivi titoli di acquisto (Cass., Sez. II, 11 febbraio 2009, n. 3393).
Erroneamente pertanto – in fattispecie nella quale il costruttore P. ha venduto gli appartamenti e i box siti nel fabbricato (fatto salvo un appartamento ed un box che sono rimasti di sua proprietà), riservandosi la proprietà esclusiva dell’area residuata dalla costruzione all’esterno dei muri perimetrali del fabbricato – la Corte d’appello ha ritenuto che l’assemblea condominiale, con l’impugnata delibera, avesse titolo a disciplinare il godimento di un’area non condominiale, assegnando direttamente i posti macchina insistenti sulla detta area esterna di proprietà dell’originario costruttore ai condomini che non avevano acquistato un box nel caseggiato dove si trova il loro alloggio, e ciò tra l’altro senza che, su iniziativa degli acquirenti degli immobili (in ipotesi) illegittimamente privati del diritto all’uso dell’area pertinente a parcheggio e con onere della prova a loro carico, sia stata accertata giudizialmente la nullità dei negozi da loro stipulati, nella parte in cui è stata omessa tale inderogabile destinazione, con conseguente loro integrazione ope legis.
Infatti, l’assemblea di condominio non può adottare delibere che, nel predeterminare ed assegnare le aree destinate a parcheggio delle automobili, incidano sui diritti individuali di proprietà esclusiva di uno dei condomini, dovendosi tali delibere qualificare nulle (cfr., da ultimo, Cass., Sez. II, 31 agosto 2017, n. 20612).”
Lo ha stabilito Cass. Civ. II sez. 21 novembre 2016 n. 23660, confermando la decisione del giudice di appello.
La corte territoriale, con ragionamento che il giudice di legittimità ritiene fondato, aveva osservato che: “il senso logico della delibera è chiaramente indirizzato a ripartire i posti auto nel cortile assegnandoli individualmente in uso esclusivo a ciascun condomino ed autorizzandolo ad allestire mia propria tettoia-gazebo a copertura del proprio posto auto, col solo vincolo di uniformare tra loro la natura dei manufatti”. Osserva la Corte locale che “non a caso, vi è perfetta coincidenza tra il numero di appartamenti ed il numero di posti auto e, del resto, il significato sostanzialmente divisionale della decisione appare insito dalla stessa formulazione dell’ordine del giorno, che recita assegnazione posti auto nel cortile condominiale, andando ben oltre la mera disciplina dell’utilizzo”. Rileva ancora la Corte locale che “al punto n. 6 del verbale si dice apertamente che ci sono 24 posti auto uno per ogni appartamento, il che sottende l’intenzione di frazionare la superficie comune per farne pertinenze di ogni appartamento”. Di qui e in coerenza con tale prospettazione, la Corte locale osserva che “al punto n. 7 si propone che venga realizzata la tettoia per chi la vuole pagando ognuno la sua: questo però presuppone una preventiva assegnazione dei posti auto ad ogni appartamento.”
Identificato in tal modo il contenuto della delibera, ne viene ritenuta la radicale nullità affermando che: “naturalmente, la delibera resta priva di ogni efficacia costitutiva, giacché per attuare davvero un frazionamento sarebbe stata necessaria la stipulazione di un atto notarile”, rilevando pero che “nondimeno, come paventa la difesa appellante, la volontà inespressa crea i presupposti affinché il realizzatore del singolo posto auto coperto possa esercitarvi il possesso e far valere un domani usucapione per sé e per i propri aventi causa”. La Corte locale così conclude il suo ragionamento: “in tal senso, non v’è dubbio che la delibera miri illecitamente a trasformare un’area di uso comune indiviso in porzioni di uso esclusivo, ponendosi in contrasto col disposto dell’art. 1120 comma 2 cod. civ.”. Con l’ulteriore conseguenza che “in accoglimento del gravame, non può che essere dichiarata la nullità della delibera medesima.”