recrudescenza covid 19 e assemblee di condominio

Il clima di continuo, notevole e pressante allarme generato dai media (e in buon misura anche da parte della classe dirigente, con la diffusione di dati allarmanti e numeri del tutto slegati dal contesto statistico e reale al quale attengono) sta destando notevole preoccupazione fra le persone, a fronte di un indubitabile nuovo aumento della diffusione del virus.

A fronte di tale emergenza si è ritornati alla preoccupante e disastrosa modalità dei DPCM, che contengono misure in buona parte inspiegabili (e come tali difficilmente accettabili), quali  la chiusura degli esercizi di ristorazione alle 18 (a fronte di un virus che evidentemente predilige le cene…), rimedio la cui razionalità pare difficilmente comprensibile in un  paese che nulla detta (e dispone) su metropolitane e autobus affollati.

In perfetta linea con le bizzarre norme emanate a marzo, si assiste anche a una preoccupante tecnica normativa, che appare evidente dall’uso della raccomandazione, espressione del tutto priva di significato in un testo destinato a disciplinare la condotta umana con precetti e sanzioni, con esiti in taluni casi decisamente ridicoli, laddove si invitano le persone fisiche a non utilizzare mezzi di trasporto pubblici e privati (si immagina con grande sollievo per società e cooperative che potranno liberamente andare in metro, come acutamente osservato da taluni interpreti…)

In questo panorama di norme di rango secondario e, talvolta, neanche di norme ma di semplici indicazioni interne (come le circolari), va evidenziato che non vi è divieto di tenere assemblee di condominio, purché nel rispetto delle norme di distanziamento e di protezione individuale (mascherina).

Le assemblee sono riunioni private e non rientrano, pertanto, nella sospensione prevista per convegni, attività congressuali et similia, come ha precisato finanche il Ministero dell’interno, in una circolare diretta ai suoi dipendenti, tenuti a far rispettare i divieti.

Tuttavia a fronte di una crescente emergenza appare più che mai opportuno consigliare di non indire nuove riunioni e di rinviare di qualche mese quelle non strettamente necessarie, non tanto perché qualcuno possa poi rimproverare all’amministratore di aver contratto il covid in quella sede  (prova  quanto mai diabolica, riguardo al nesso causale), quanto perché il principio  di cautela generale impone di evitare occasioni di incontro e diffusione e il significativo stato  di  allarme di questi giorni potrebbe indurre taluni condomini a proporre impugnative (magari fantasiose), adducendo una lesa facoltà di partecipazione, a fronte di una fase emergenziale in atto.

Per quelle già convocate e di necessaria celebrazione, va valutata l’opportunità di celebrazione da remoto (totale o parziale) ormai certamente introdotta ex lege dalle (controverse) modifiche apportate all’art. 66 disp.att. cod.civ. dal D.L. 104/2020, convertito dalla legge 126/2020: a tal proposito appare del tutto privo di efficacia pratica l’inciso di cui al comma VI della norma, circa il necessario consenso di tutti i partecipanti al condominio; il legislatore del 2020 non se la cava meglio del normatore da DPCM, poiché ha confezionato una modifica priva di senso pratico e di efficacia, come è stato evidenziato anche da autorevole dottrina (Scarpa, l’assemblea e il rebus della video conferenza, su NT+-il sole24ore, 21.10.202): laddove il legislatore ha inteso  affermare che l’assemblea da remoto possa  essere prevista dal regolamento, ha implicitamente dato atto della liceità di tale mezzo e della possibilità di ricorrevi per semplice previsione assembleare  ex artt. 1136 comma II/1138  c.c..

Non sarebbe peraltro  possibile,  a mente di quanto disposto dall’art. 1138 comma IV c.c. e della costante giurisprudenza sul punto,  derogare neanche all’unanimità, ai principi cui tale norma fa richiamo, di talchè  la celebrazione da remoto  si deve ritenere lecita in forza della prima parte della norma (la cui formulazione letterale non lascia adito a dubbi), e rimane del tutto incomprensibile il richiamo  alla unanimità dei condomini prevista nel successivo inciso.

Laddove si celebri ancora assemblea in presenzapotrebbe apparire utile , in linea con un vezzo assai di moda anche fra gli atti amministrativi, una forte raccomandazione ai condomini di ricorrere – per quanto possibile – all’istituto della delega, sì da ridurre il numero degli effettivi intervenuti: suasion  che deve essere particolarmente lieve, sempre per non incorrere in imperativi che possano essere percepiti come una imposizione, con conseguente compressione della facoltà di partecipazione, stimolando la litigiosità di taluni condomini.

© massimo Ginesi 27 ottobre 2020 

art. 66 disp.att. cod.civ.

DPCM_20201024

1603060912481_DPCM_18_ottobre_2020

circolare_dpcm_18_ottobre_2020_-