una recente pronuncia della Suprema Corte (Cass.civ. sez. II ord. 18 novembre 2019 n. 29924 rel. Scarpa) chiarisce che – anche ove il regolamento condominiale preveda il preventivo assenso dell’amministratore o dell’assemblea alla esecuzione di opere da parte dei singoli destinate ad incidere sulle parti comuni – resta intatta la facoltà del singolo che ritenga leso il proprio diritto, a fronte di interventi che travalichino i confini di cui all’art. 1102 c.c., di ricorrere all’autorità giudicai onde ottenere la relativa tutela .
“Allorché una clausola del regolamento di condominio, di natura convenzionale, imponga il consenso preventivo dell’amministratore o dell’assemblea per qualsiasi opera compiuta dai singoli condomini che possa modificare le parti comuni dell’edificio, pur dovendosi riconoscere all’assemblea stessa, nell’esercizio dei suoi poteri di gestione, la facoltà di ratificare o convalidare ex post le attività che siano state compiute da alcuno dei partecipanti in difetto nella necessaria preventiva autorizzazione, resta salvo l’interesse processuale di ciascun condomino ad agire in giudizio per contestare il determinato uso fatto della cosa comune ed il potere dell’assemblea di consentirlo, ove esso risulti comunque lesivo del decoro architettonico del fabbricato, non dando ciò luogo ad un sindacato dell’autorità giudiziaria sulle valutazioni del merito o sulla discrezionalità di cui dispone l’assemblea”.
© massimo ginesi 22 novembre 2019