condomino apparente e dissenso alle liti, una discutibile sentenza di merito…

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Il legislatore del 2016 ha ritenuto, assai inopportunamente, di attribuire la competenza esclusiva della materia condominiale al giudice di pace, o meglio a quella ibrida figura che esce dalla discutibile riforma della magistratura onoraria introdotta con la L. 57/2016.

La materia del condominio ancora una volta patisce l’ingiusta qualificazione di diritto minore, quando invece sottende l’applicazione di alcuni fra i più complessi istituti del diritto civile (diritti reali, obbligazioni, responsabilità extracontrattuale) nella peculiare realtà di un contesto plurisoggettivo.

Del resto l’intervento frequentissimo delle Sezioni Unite della Cassazione in questa materia altro non è che indice della sussistenza di contrasti anche al massimo livello, che sono l’indice evidente di una grande complessità dei temi di decisione.

Spesso accade, nelle corti di merito, di trovare pronunce che sembrano uscite da un’altra epoca e che lasciano spiazzati, a fronte di orientamenti giurisprudenziali di legittimità che affermano da anni principi contrari.

E’ il caso di una sentenza del Tribunale di Firenze, che esprime due valutazioni su cui l’amministratore e il difensore accorti faranno bene a non fare eccessivo affidamento.

A proposito di condomino apparente, il giudice fiorentino afferma che ove il vecchio condomino non abbia provveduto a comunicare all’amministratore l’avvenuta cessione della propria unità a terzi, ai fini dell’aggiornamento della anagrafe condominiale, l’amministratore potrà continuare a convocare legittimamente il vecchio propritario. E’ pur vero che la L. 220/2012 ha introdotto nell’art. 1130 cod.civ. l’obbligo di tale comunicazione in capo al cedente – con contestuale possibilità di autonomo accertamento da parte dell’amministratore a spese dell’inadempiente – e che l’art. 63 u.s. disp.att. cod.civ. ha previsto che in difetto il vecchio proprietario rimarrà solidalmente responsabile per le quote dovute, ma non pare di leggere nella riforma alcuna altra conseguenza diretta né tantomeno una deroga ai criteri che prevedono la partecipazione all’assemblea degli effettivi aventi diritto.

Non pare quindi che la riforma del 2012 vada ad incidere su un consolidato orientamento giurisprudenziale che sin dagli inizi degli anni 2000, a fronte del regime di pubblicità dei registri immobiliari, ha escluso la rilevanza di qualunque apparenza, sia per quel che attiene alle azioni recupero dei crediti sia per ciò che attiene alla convocazione.  “In caso di azione giudiziale dell’amministratore del condominio per il recupero della quota di spese di competenza di una unità immobiliare di proprietà esclusiva, è passivamente legittimato il vero proprietario di detta unità e non anche chi possaapparire tale come il venditore il quale, pur dopo il trasferimento della proprietà (non comunicato all’amministratore), abbiacontinuato a comportarsi da proprietario -, difettando, nei rapporti fra condominio, che è un ente di gestione, ed i singolipartecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività del principio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente adesigenze di tutela dell’affidamento del terzo in buona fede, ed essendo, d’altra parte, il collegamento della legittimazionepassiva alla effettiva titolarità della proprietà funzionale al rafforzamento e al soddisfacimento del credito della gestione condominiale” Cass. SS.UU.  8 aprile 2002 n. 5035

“In tema di convocazione dell’assemblea condominiale deve essere convocato solo il vero proprietario della porzioneimmobiliare e non anche colui che si sia comportato, nei rapporti con i terzi, come condomino senza esserlo, difettando neirapporti tra il condominio (nella specie, l’amministratore) ed i singoli partecipanti ad esso, le condizioni per l’operatività delprincipio dell’apparenza del diritto, strumentale essenzialmente all’esigenza di tutela dei terzi in buona fede”.
Cass. Sez. II 22 ottobre 2007 n. 22089

Ancor più singolari le tesi fiorentine sull’espressione del dissenso alle liti ai sensi dell’art. 1132 cod.civ.

Se appare condivisibile la valutazione che, in caso di unità di proprietà di più soggetti, tale dissenso debba essere unitariamente espresso da tutti costoro e non sia ammesso pro quota, decisamente singolare appare il richiamo unicamente alle forme di cui all’art. 1132 cod.civ., ritengo che non valga invece la sua comunicazione una assemblea: in tal senso la Cassazione si è espressa da tempo immemore “La manifestazione di dissenso di un condomino, rispetto alla promozione di lite deliberata dall’assemblea, va notificata all’amministratore senza bisogno di forme solenni comprese fra queste quelle previste dal codice di procedura civile”. Cassazione civile, sez. II, 15/06/1978, n. 2967

Giova invece segnalare l’opportuna notazione del Giudice fiorentino delle spese di coibentazione del lastrico di proprietà esclusiva a tutti i condomini in quanto si tratta di intervento che, pur eseguito su un bene di proprietà esclusiva, è diretto a produrre vantaggi per tutti i condomini.

© massimo ginesi 11 luglio 2016

le gravi irregolarità che danno luogo a revoca – il rapporto fiduciario

Come è noto le gravi irregolarità che possono dar luogo a revoca indicate nell’art. 1129 cod.civ. costituiscono un mero elenco esemplificativo che non vincola il Giudice, che è sempre chiamato a valutare nel merito l’effettiva gravità della violazione contestata.

La giurisprudenza di merito che da ultimo ha affrontato il tema  appare tranquillizzante.

Ne emerge una lettura della norma non rigoristica e non formale da parte dei Giudici, che affermano che la gravità deve esser tale da incidere in maniera sostanziale sul rapporto fiduciario che sta alla base del mandato ad amministrare condominii e che l’accertamento della violazione non può avere conseguenze automatiche.

In particolare Tribunale di Mantova, con sentenza  22.10.2015, afferma che compete al giudice la valutazione sulla gravità concreta della condotta: “l’art. 1129 c.c. prevede che l’Autorità Giudiziaria, in presenza di gravi irregolarità, può disporre la revoca dell’amministratore ciò che impone al Giudice di verificare se, pur ricorrendo in astratto una ipotesi rientrante nell’ambito della previsione normativa, sussista nel caso concreto un comportamento contrario ai doveri imposti per legge, con esclusione pertanto di ogni automatismo”; il Tribunale aggiunge  che il mero ritardo formale rispetto al termine previsto dall’art. 1130 n. 10 cod.civ. appare comunque, pur costituendo irregolarità, non così grave da giustificare la revoca, atteso che nel caso specifico  sussistevano motivi che lo hanno provocato e di cui l’amministratore ha fornito prova e giustificazione. Aggiunge infine il giudice lombardo, nel rigettare il ricorso per la revoca: ” che, nel caso in esame, benchè non risulti formalmente rispettato il termine previsto dall’art. 1130 n. 10 c.c., la grave irregolarità in concreto non è ravvisabile atteso che il ritardo nel dare corso alla predisposizione del rendiconto e alla convocazione dell’assemblea non fu dovuto a colpevole inerzia da parte dell’ing. B. nell’adempimento dei suoi doveri ma risulta giustificato dalla esigenza di fare piena chiarezza su una voce importante della contabilità del condominio, rilevandosi altresì che l’amministratore si è ripetutamente attivato per sollecitare i dovuti chiarimenti da parte del fornitore senza ottenerli, che, comunque, della questione aveva tenuto informato il Consiglio di Condominio ed infine che nessun pregiudizio risulta essere derivato alla compagine condominiale”.

In sostanza i Giudici ancorano la loro valutazione al pregiudizio effettivamente arrecato al Condominio dalla asserita violazione della regola di condotta e mostrano di non considerare la violazione grave ove tale pregiudizio non vi sia o sia minimo.

Va tuttavia osservato che, ove la condotta sia ritenuta grave, non vale a sanarla neanche la successiva ratifica assembleare, come accade nel caso del Tribunale di Taranto (Decreto 21.9.2015); nel caso di specie  l’amministratore  ha reso il conto per oltre due anni e viene revocato nonostante l’assemblea abbia successivamente approvato il rendiconto cumulativo: “Che una singola violazione, cioè il non aver presentato il conto relativo ad un esercizio, sia grave e come tale giustifichi la revoca giudiziale non può quindi revocarsi in dubbio. Né poi l’amministratore resistente adduceva giustificazioni a siffatto ritardo intollerabile. Anzi emerge anche una sorta di recidiva, se si considera che anche nel settembre 2012 l’approvazione assembleare aveva ad oggetto ancora una volta due esercizi cumulativi e cioè il periodo 2010-2012… La circostanza che pur se in ritardo l’assemblea abbia approvato i due rendiconti non esclude la gravità della violazione addebitata all’amministratore resistente e la conseguente ricorrenza del presupposto per la sua revoca giudiziale.”

E’ ancora opportuno  segnalare  l’interessante pronuncia  del Tribunale di Santa MAria CApua a Vetere (decreto 26.5.2015), ove si  riafferma l’obbligo dell’amministratore di ricevere anche i pagamenti i contanti dai condomini (entro al soglia prevista per legge, che è con ogni evidenza cosa diversa dall’obbligo di far transitare le somme ricevute o erogate attraverso il conto corrente condominiale, così come prevede l’art. 1129 cod.civ). Anche in tal caso, comunque, l’invito alla condomina ad effettuare bonifico, seppur irregolare, non è stato ritenuto sufficiente per la revoca.

© massimo ginesi aprile 2016