il distacco del singolo dall’impianto di riscaldamento

È legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato anche senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini, purché l’impianto non ne sia pregiudicato.

E’ quanto osserva Cass.civ. sez. II  ord. 9 novembre 2021 n. 32086, chiarendo che “Già in passato questa Corte aveva operato una distinzione tra le spese di conservazione dell’impianto ex art. 1118 c.c., comma 2, e quelle dovute in relazione all’uso; richiamando, da un lato, la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale è legittima la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato anche senza necessità di autorizzazione da parte degli altri condomini, purché l’impianto non ne sia pregiudicato; con il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato e l’obbligo di pagare solo le spese di conservazione (Cass. n. 19893 del 2011; conf. Cass. n. 28051 del 2018; Cass. n. 11970 del 2017) principio che prevale anche sul regolamento. L’operatività della rinuncia è limitata dal divieto di sottrarsi all’obbligo di concorrere alle spese necessarie alla conservazione della cosa comune con aggravio degli altri partecipanti (Cass. n. 15079 del 2006; conf. Cass. n. 24209 del 2014).”

© Massimo Ginesi 16 novembre 2021

distacco dall’impianto di riscaldamento, regolamento e sostituzione caldaia

una recente e articolata sentenza  della suprema corte (Cass.civ. sez. II  31 agosto 2020 n. 18131 rel. Scarpa) affronta temi ricorrenti in tema di riscaldamento e chiarisce due aspetti fonte di frequente contenzioso:

a) è nulla la clausola del regolamento – anche di natura contrattuale – che vieti tour court il distacco del singolo dall’impianto centralizzato

b) ove si provveda a sostituire la caldaia e da tale intervento derivi – pre invalicabili ragioni tecniche – che talune unità non sono più servite dall’impianto comune (né risulta possibile fruire in futuro), non si verterà più in tema di distacco o rinuncia ma cessa la contitolarità dell’impianto, sì che quei condomini non saranno ptenuti a contribuire in alcun modo e la delibera che addebiti loro alcuna spesa sarà affetta da nullità

La Corte d’appello di Torino ha deciso la questione di diritto ad essa devoluta senza tener conto del consolidato orientamento giurisprudenzlale in base al quale, già prima dell’entrata in vigore del novellato art. 1118 c.c., comma 4, introdotto dalla L. n. 220 del 2012, si riconosce a ciascun condomino il diritto di rinunziare legittimamente all’uso del riscaldamento centralizzato e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, senza necessità di autorizzazione od approvazione degli altri condomini, se sia provato che dal distacco non derivano nè un aggravio di spesa per gli altri condomini nè uno squilibrio di funzionamento, restando in tal caso fermo soltanto l’obbligo del concorso nel pagamento delle spese occorrenti per la conservazione e la manutenzione straordinaria dell’impianto.

Sono conseguentemente nulle, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la Delib. assembleare che vi dia applicazione, che vietino in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, seppure il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio termico nè aggravio di gestione per gli altri partecipanti. Secondo l’interpretazione giurisprudenziale di questa Corte, infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dall’art. 1118 c.c., comma 4, L. n. 10 del 1991, art. 26, comma 5 e D.Lgs. n. 102 del 2014, art. 9, comma 5, (come modificato dal D.Lgs. 18 luglio 2016, n. 141, art. 5, comma 1, lett. i, punto i), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l’uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o “non meritevole di tutela” (Cass. Sez. 2, 11/12/2019, n. 32441; Cass. Sez. 2, 02/11/2018, n. 28051; Cass. Sez. 2, 12 maggio 2017, n. 11970; Cass. Sez. 6 – 2, 03/11/2016, n. 22285; Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893; Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209; Cass. Sez. 2, 30/03/2006, n. 7518).

E’ altrimenti incomprensibile la conclusione cui perviene la Corte d’appello di Torino, quando afferma che il condomino V. non poteva essersi legittimamente distaccato dall’impianto centralizzato di riscaldamento, e doveva perciò continuare a sostenerne le spese di funzionamento, in quanto, a seguito della sostituzione della caldaia avvenuta nel 2001, la proprietà V. non era proprio più collegata con il rinnovato impianto centrale condominiale: in sostanza, si legge nella sentenza impugnata: “l’impianto di riscaldamento V. non fu mai collegato “prima” (a caldaia sostituita) e distaccato “dopo” (sempre a caldaia sostiuita) dall’impianto di riscaldamento centrale”.

Di regola, si spiega che il condomino rimane obbligato a pagare le sole spese di conservazione dell’impianto di riscaldamento centrale (ad esempio, proprio quelle per la sostituzione della caldaia), anche quando sia stato autorizzato a rinunziare all’uso del riscaldamento centralizzato e a distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto comune, atteso che l’impianto centralizzato costituisce un accessorio di proprietà comune, al quale il predetto potrà comunque, in caso di ripensamento, riallacciare la propria unità immobiliare (Cass. Sez. 2, 29/03/2007, n. 7708).

Se, tuttavia, in seguito ad un intervento di sostituzione della caldaia dell’impianto termico centralizzato, il mancato allaccio di un singolo condomino non si intenda quale volontà unilaterale dello stesso di rinuncia o distacco, ma appaia quale conseguenza della impossibilità tecnica di fruizione del nuovo impianto condominiale a vantaggio di una unità immobiliare, restando impedito altresì un eventuale futuro riallaccio, deve ritenersi che tale condomino non sia più titolare di alcun diritto di comproprietà sull’impianto, e non debba perciò nemmeno più partecipare ad alcuna spesa ad esso relativa, essendo nulla la Delib. assembleare che addebiti le spese di riscaldamento ai condomini proprietari di locali cui non sia comune l’impianto centralizzato, nè siano serviti da esso (Cass. Sez. 2, 03/10/2013, n. 22634; Cass. Sez. 2, 10/05/2012, n. 7182).”

© massimo ginesi 3 settembre 2020

 

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il regolamento non può vietare il distacco dall’impianto centralizzato

E’ nulla la clausola regolamentare, anche di natura contrattuale che vieti tout court al singolo di distaccarsi dall’impianto centralizzato di riscaldamento, ove da tale operazione non derivi squilibrio o aggravio di consumi.

E’ quanto afferma una recente ordinanza di legittimità (Cass.civ. sez. II  21 maggio 2020 n. 9387):

Il regolamento di condominio, anche se contrattuale, non può, invero, derogare alle disposizioni richiamate dall’art. 1138 c.c., comma 4 e non può menomare i diritti che ai condomini derivino dalla legge, dagli atti di acquisto e dalle convenzioni.

La clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti “in radice” al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, è nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, se il distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento (Cassazione civile sez. II, 02/11/2018, n. 28051; Cassazione civile sez. II, 12/05/2017, n. 11970; Cassazione civile sez. II, 29/09/2011, n. 19893).

Le condizioni per il distacco dall’impianto centralizzato, vanno quindi ravvisate, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, nell’assenza di pregiudizio al funzionamento dell’impianto e comportano il conseguente esonero, in applicazione del principio contenuto nell’art. 1123 c.c., comma 2, dall’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato; in tal caso, il condomino che opera il distacco è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.

Inoltre, l’ordinamento ha mostrato di privilegiare un favor per il distacco dall’impianto centralizzato, al preminente fine di interesse generale rappresentato dal risparmio energetico e, nei nuovi edifici, ha previsto l’esclusione degli impianti centralizzati e la realizzazione dei soli individuali.

Non trascurabile è il richiamo alle previsioni di cui alla L. n. 10 del 1991, art. 26 (che al comma 5, prevede che “Per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore e per il conseguente riparto degli oneri di riscaldamento in base al consumo effettivamente registrato, l’assemblea di condominio Delibera con le maggioranze previste dall’art. 1120 c.c., comma 2″) nonché della L. n. 102 del 2014, che impongono la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi (art. 9, comma 5); emerge da tale quadro normativo l’intento del legislatore di correlare il pagamento delle spese di riscaldamento all’effettivo consumo.”

© Massimo Ginesi 26 maggio 2020

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nulla la clausola regolamentare che vieta il distacco dal riscaldamento

Lo ribadisce la Suprema Corte (Cass.civ. sez. II  ord. 11 dicembre 2019 n. 32441), anche con riferimento a regolamento preesistente alla L. 220/2012.

Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, ai sensi dell’art. 1118, quarto comma, cod. civ., il diritto del condomino a distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato non è disponibile e di conseguenza sono nulle le clausole dei regolamenti condominiali che vietino il distacco (ex plurimis, Cass. 12580 del 18/05/2017; Cass. 12/05/2017, n. 11970). I

l regolamento condominiale può invece legittimamente obbligare il condomino rinunziante a concorrere alle spese per l’uso del servizio centralizzato, poiché il criterio legale di ripartizione delle spese di gestione dettato dall’art. 1123 cod. civ. è derogabile.

Nel caso di specie, in cui regolamento condominiale che vieta il distacco è preesistente all’entrata in vigore dell’art. 1118, quarto comma, cod. civ., la norma sopravvenuta incide, e non potrebbe essere altrimenti, sull’efficacia della clausola contrattuale, che viene meno.

© Massimo Ginesi 17 dicembre 2019

il regolamento non può vietare il distacco (ma può obbligare alle spese il distaccato)

una interessante pronuncia della Cassazione (Cass.Civ.  sez.II ord. 2 novembre 2018 n. 28051 rel. Scarpa) chiarisce che il complesso di norme a rilievo  pubblicistico    che governano la materia dell’energia e del conseguente miglior uso delle risorse devono far ritenere nulla la norma regolamentare che vieti tout court il distacco dall’impianto centralizzato di riscaldamento – anche in quelle ipotesi ove ciò non comporti aggravio o si risolva addirittura in un miglior sfruttamento delle risorse – ma non quella che, pur consentendo il distacco, preveda il permanere di un onere patrimoniale in capo al distaccato (l’ipotesi esaminata dalla corte  si sottrae, ratione temporsi,  all’applicazione del novellato art. 1118 cod.civ.)

La Corte d’appello di Torino ha rigettato l’impugnazione della deliberazione assembleare del 1 marzo 2011 del Condominio (omissis), proposta dal condomino A.L. , deliberazione relativa all’approvazione dei rendiconti e dei preventivi di gestione del servizio di riscaldamento ed al rifiuto della proposta transattiva avanzata dallo stesso condomino A.in riferimento al distacco operato dall’impianto centralizzato nel 1993, valutando la conformità di tale delibera ad alcune disposizioni del regolamento condominiale, dalle quali i giudici di appello hanno desunto l’esistenza di un valido divieto regolamentare di distacco.

Non è applicabile ratione temporis, ai fini del giudizio di validità della deliberazione impugnata, l’art. 1118, comma 4, c.c., introdotto dalla legge n. 220/2012, pur influendo tale sopravvenuta disposizione sulla permanente efficacia delle clausole dei preesistenti regolamenti di condominio.

Ora, le disposizioni regolamentari in esame (in particolare l’art. 9, comma 1) devono ritenersi valide ove interpretate nel senso che esse si limitino ad obbligare il condomino rinunziante a concorrere alle spese per l’uso del servizio centralizzato.

È stato, infatti, affermato dalla giurisprudenza come sia legittima la delibera assembleare la quale disponga, in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale posta in deroga al criterio legale di ripartizione dettato dall’art. 1123 c.c., che le spese di gestione dell’impianto centrale di riscaldamento siano a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o essersene distaccati), tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma codicistica (Cass. Sez. 6 – 2, 18 maggio 2017, n. 12580; Cass. Sez. 2, 23 dicembre 2011, n. 28679; Cass. Sez. 2, 20 marzo 2006, n. 6158; Cass. Sez. 2, 28 gennaio 2004, n. 1558).

Non è invero ravvisabile nella previsione che il rinunziante all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento debba concorrere alle sole spese per la manutenzione straordinaria o alla conservazione dell’impianto stesso, una norma imperativa non derogabile nemmeno con accordo unanime di tutti i condomini, in forza di vincolo pubblicistico di distribuzione degli oneri condominiali dettato dall’esigenza dell’uso razionale delle risorse energetiche e del miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, ed essendo perciò i condomini liberi di regolare mediante convenzione il contenuto dei loro diritti e dei loro obblighi mediante una disposizione regolamentare di natura contrattuale che diversamente suddivida le spese relative all’impianto.

Rimane tuttavia nulla, per violazione del diritto individuale del condomino sulla cosa comune, la clausola del regolamento condominiale, come la deliberazione assembleare che vi dia applicazione, che vieti in radice al condomino di rinunciare all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento e di distaccare le diramazioni della sua unità immobiliare dall’impianto termico comune, seppure il suo distacco non cagioni alcun notevole squilibrio di funzionamento né aggravio di spesa per gli altri partecipanti.

Secondo l’interpretazione giurisprudenziale di questa Corte, infatti, la disposizione regolamentare che contenga un incondizionato divieto di distacco si pone in contrasto con la disciplina legislativa inderogabile emergente dagli artt. 1118, comma 4, c.c., 26, comma 5, L. n. 10 del 1991 e 9, comma 5, d.lgs. n. 102 del 2014 (come modificato dall’art. 5, comma 1, lettera i, punto i, del d.lgs. 18 luglio 2016, n. 141), diretta al perseguimento di interessi sovraordinati, quali l’uso razionale delle risorse energetiche ed il miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, e sarebbe perciò nulla o “non meritevole di tutela” (Cass. Sez. 2, 12 maggio 2017, n. 11970; Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893; Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209).

Conseguono l’accoglimento del primo motivo di ricorso, l’assorbimento del secondo motivo e la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti della censura accolta, con rinvio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino, che sottoporrà la causa a nuovo esame uniformandosi ai principi richiamati e provvederà altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione.”

© massimo ginesi 6 novembre 2018

 

distacco e regolamento contrattuale, la Cassazione da una lettura diversa

A pochi giorni dalla pronuncia con cui ha ritenuto nulla la clausola del regolamento contrattuale che vieti il distacco (o lo consenta obbligando comunque il condomino al pagamento  delle spese di consumo), sull’assunto  che  la legislazione pubblica in tema di energia abbia carattere cogente anche per l’autonomia privata, la corte di legittimità offre una diversa chiave di lettura.

Una discrasia  che dovrà necessariamente vedere nel prossimo futuro una composizione.

Cass. civ. Sez. VI-2 18 maggio 2017 n. 12580 rel. Scarpa riconosce la legittimità delle clausole convenzionali del regolamento che dispongano in materia di distacco.

Nel caso di specie il regolamento di natura contrattuale prevedeva che “del regolamento condominiale di natura
contrattuale, il quale dispone che “la rinuncia al servizio di riscaldamento centrale può essere ammessa purché per un’intera stagione e con le opportune garanzie ed importa l’obbligo di pagare la metà del contributo che il rinunciante avrebbe dovuto pagare se avesse usufruito del servizio”.

Osserva la corte che “la disposizione regolamentare in esame, limitandosi ad obbligare il condomino rinunziante a concorrere parzialmente anche alle spese per l’uso del servizio centralizzato, non va intesa come clausola impeditiva del distacco (il che, ad avviso di precedenti decisioni di questa Corte, renderebbe il contratto non meritevole di tutela: Cass. Sez. 2, 29 settembre 2011, n. 19893; Cass. Sez. 2, 13 novembre 2014, n. 24209).

E’ stato, piuttosto, stabilmente affermato dalla giurisprudenza, con orientamento che deve trovare conferma e depone per l’infondatezza del ricorso, come sia legittima la delibera assembleare che disponga (proprio come nel caso in esame), in esecuzione di apposita disposizione del regolamento condominiale avente natura contrattuale posta in deroga al criterio legale di ripartizione delle spese dettato dall’art. 1123 c.c., che le spese di gestione dell’impianto centrale di riscaldamento siano a carico anche delle unità immobiliari che non usufruiscono del relativo servizio (per avervi rinunciato o essersene distaccati), tenuto conto che la predetta deroga è consentita, a mezzo di espressa convenzione, dalla stessa norma codicistica (Cass. Sez. 2, 23 dicembre 2011, n. 28679;
Cass. Sez. 2, 20 marzo 2006, n. 6158; Cass. Sez. 2, 28 gennaio 2004, n. 1558).

E’ del resto derogabile dai condomini, nell’esercizio della loro autonomia privata, anche la disciplina dell’art. 1118 c.c., che correla diritti ed obblighi dei condomini al valore millesimale di contitolarità, prescegliendo un accordo di valore negoziale che si risolve in un impegno irrevocabile di determinare quantitativamente le quote di contribuzione alle spese in un certo modo (cfr. Cass. Sez. 2, 26/03/2010, n. 7300).

Non è dunque ravvisabile nella previsione che il rinunziante all’utilizzo dell’impianto centralizzato di riscaldamento debba concorrere alle sole spese per la manutenzione straordinaria o alla conservazione dell’impianto stesso, una norma imperativa non derogabile nemmeno con accordo unanime di tutti i condomini, in forza di vincolo pubblicistico di distribuzione degli oneri condominiali dettato dall’esigenza dell’uso razionale delle risorse energetiche e del miglioramento delle condizioni di compatibilità ambientale, ed essendo perciò i condomini liberi di regolare mediante convenzione il contenuto dei loro diritti e dei loro obblighi mediante una disposizione regolamentare di natura contrattuale che diversamente suddivida le spese relative all’impianto, ferma l’indisponibilità del diritto al distacco

La tesi oggi avanzata appare maggiormente condivisibile alla luce dei principi generali in tema di energia e riscaldamento, atteso che la normativa imperativa è indubitabilmente volta alla ottimizazione dei consumi e alla riduzione dell’inquinamento atmosferico, sicche quello appare  lo scopo pubblico da  doversi ritenere inscalfibile dalla autonomia privata, potendo invece rimanere  nella disponibilità dei singoli la facoltà  di statuire sui  risvolti patrimoniali di vicende quali il distacco (che dovrà comunque rispondere alle norme tecniche in materia, anche e non solo per quanto stabilito dall’art. 1118 Iv comma cod.civ.).

massimo ginesi 19 maggio 2017