summus ius summa iniuria: il cane che abbaia in condominio deve disturbare necessariamente tutti…

Se il cane di un condomino rende la vita impossibile al solo condomino del piano sovrastante o sottostante non è reato: è quanto scrive  Cass. pen. Sez. III 6 luglio 2018 n. 30643.

i giudici di merito avevano ritenuto che anche le orecchie e la quiete di  alcuni condomini meritassero tutela penale e avevano condannato il proprietario del cane molesto.

i condomini, come spesso accade, si erano divisi nelle testimonianze; la Cassazione ha ritenuto inadeguata la motivazione del giudice di merito in ordine all’apprezzamento delle testimonianze posto a fondamento del giudizio di colpevolezza.

© massimo ginesi 18 luglio 2018

responsabilità per immissioni rumorose da bar, è responsabile chi le provoca.

La Cassazione ( Cass.civ. sez. II  4 luglio 2017 n. 16407) esamina una vicenda che – con l’arrivo dell’estate – è frequente in condominio: il pub a piano terra dell’edificio tiene musica ad alto volume sino a tarda notte e turba i sonni dei condomini.

Due di costoro promuovono azione giudiziale sia nei confronti del proprietario dei locali che verso il conduttore, che è il soggetto titolare dell’attività commerciale molesta.

Il Tribunale di Sondrio condanna proprietario e locatore a pagare a ciascuno dei condomini attori l’importo di 15.000 euro (diecimila per danno biologico e 5.000 per danno morale).

LA Corte d’appello di Milano, in riforma della sentenza, rigetta la domanda contro il proprietario dei fondi,  lasciando integra la sola condanna in capo al conduttore dei locali, esercente l’attività commerciale.

La Corte milanese rilevava che dalla relazione dell’Arpa risultava che le immissioni intollerabili derivassero dalla musica tenuta ad alto volume all’interno dei locali fino a tarda notte, dal vociare degli avventori fuori dal locale e che il locatore avesse saputo della situazione solo poco prima del giudizio, che avesse più volte richiamato i conduttori e che nel contratto di locazione fosse stata inserita una clausola che vietava al conduttore attività rumorose. Riduceva inoltre il risarcimento a 6.000 euro per ciascun condomino, determinati in via equitativa, sull’assunto che non vi fosse prova del danno biologico nella misura lamentata.

Occorre premettere che, secondo l’indirizzo interpretativo di questa corte, l’azione di natura reale, asperità per l’accertamento dell’illegittimità dell’immissione e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono è distinta e può essere cumulata con la domanda verso altro convenuto, per responsabilità aquiliana ex articolo 2043 c.c., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionate (Cass.civ. sez. un. 27 febbraio 2013 n. 4848).

Quest’ultima domanda risarcitoria va proposta secondo i principi della responsabilità aquiliana e cioè nei confronti del soggetto individuato da criterio di imputazione della responsabilità. E, quindi nei confronti dell’autore del fatto illecito (materiale o morale), allorché il criterio di imputazione è la colpa o il dolo (art. 2043) e nei confronti del custode della cosa allorché i criterio di imputazione è il rapporto di custodia (art. 2051).

Allorché le immissioni intollerabili originano da un immobile condotto in locazione, dunque, la responsabilità ex articolo 2043 cod.civ. per i danni da essi derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, non già per aver omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizio a carico di terzi (Cass.civ. sez. III  28/5/2015 n 11125)”

© massimo ginesi 5 luglio 2017

la Cassazione ritorna sul rumore. l’accertamento della intollerabilità e il risarcimento del danno.

Abbiamo segnalato ieri una serie di pronunce sull’art. 844 cod.civ. in condominio e oggi se ne aggiunge un’altra, sempre in tema di immissioni.

La vicenda attiene ad una complessa controversia fra  parenti, proprietari di due unità immobiliari vicine, in una delle quali viene svolta attività di fabbro che – sostengono gli altri – arreca grave pregiudizio alla vita quotidiana.

Cass. civ. II sez. 20 gennaio 2017 n. 1606 rel. Scarpa  traccia i limiti probatori riguardo al giudizio relativo all’accertamento della tollerabilità: “Vertendosi in giudizio relativo ad immissioni (nella specie di rumori ed esalazioni provocati dallo svolgimento di attività di officina fabbrile), i mezzi di prova esperibili per accertare il livello di normale tollerabilità previsto dall’art. 844 c.c. costituiscono tipicamente accertamenti di natura tecnica, che vengono di regola compiuti mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio con funzione “percipiente”, in quanto soltanto un esperto è in grado di accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l’intensità dei suoni o delle emissioni di vapori o gas, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone. Mentre, in tale materia, la prova testimoniale rimane ammissibile soltanto quando verta su fatti caduti sotto la diretta percezione sensoriale dei deponenti, e non si riveli espressione di giudizi valutativi (come tali vietati ai testi: cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1245 del 04/03/1981; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2166 del 31/01/2006).”

Quanto alla intensità delle immissioni la Corte ribadisce un orientamento ormai consolidato, sulla  rilevanza degli accertamenti sotto il profilo civilistico e pubblicistico, chiarendo con motivazione ineccepibile la larga autonomia di giudizio del Giudice chiamato a valutare nel merito la intollerabilità delle immissioni fra privati: “in tema, appunto, di immissioni sonore, le disposizioni dettate, con riguardo alle modalità di rilevamento o all’intensità dei rumori, da leggi speciali o regolamenti perseguono finalità di carattere pubblico, operando nei rapporti fra i privati e la P.A. sulla base di parametri meno rigorosi di quelli applicabili nei singoli casi ai sensi dell’art. 844 c.c., e non regolano, quindi, direttamente i rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini, per i quali vige la disciplina dell’art. 844 c.c., disciplina che, nel fissare i criteri a cui il giudice di merito deve attenersi, rimette al suo prudente apprezzamento il giudizio sulla tollerabilità delle stesse (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6223 del 29/04/2002; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 2319 del 01/02/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 10735 del 03/08/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5697 del 18/04/2001; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011).

I criteri dettati dal d.m. 16 marzo 1998 attengono, piuttosto, al superamento dei valori limite differenziali di immissione di rumore nell’esercizio o nell’impiego di sorgente di emissioni sonore, di cui all’art. 6, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447, e sono volti a proteggere la salute pubblica mediante predisposizione di apposito illecito amministrativo (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 28386 del 22/12/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26738 del 13/12/2006).

Perciò la Corte d’Appello di Venezia ha definito irrilevante accertare per quante ore al giorno venissero utilizzati gli strumenti da lavoro rumorosi, ed ha invece stimato decisiva la verifica, confortata dalle risultanze peritali, che ogni singola macchina adoperata nell’officina fabbrile cagionasse un rumore percepito nell’abitazione dei vicini come eccedente di 3 db rispetto al rumore ambientale di fondo. La sentenza impugnata ha correttamente considerato, in sostanza, prive di significatività le disposizioni ministeriali sulle modalità di rilevamento dei rumori cosiddetti “a tempo parziale”, valutando comunque illecite le immissioni sulla base di un giudizio di tollerabilità formulato ai sensi dell’art. 844 c.c., tenendo presente, fra l’altro, la vicinanza dei luoghi e i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è, invero, mai assoluto, ma relativo proprio alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 c.c, diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale. Spetta, pertanto, al giudice di merito accertare in concreto il superamento della normale tollerabilità e individuare gli accorgimenti idonei a ricondurre le immissioni nell’ambito della stessa, supponendo tale accertamento un’indagine di fatto, sicché nel giudizio di legittimità non può chiedersi alla Corte di Cassazione di prendere direttamente in esame l’intensità, la durata, o la frequenza dei suoni o delle emissioni per sollecitarne una diversa valutazione di sopportabilità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17051 del 05/08/2011; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3438 del 12/02/2010; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17281 del 25/08/2005).”

La corte affronta poi il tema del risarcimento al danneggiato per le  immissioni pregiudizievoli che il Giudice di merito abbia ritenuto sussistenti: “il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. “comunitarizzazione” della Cedu (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20927 del 16/10/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26899 del 19/12/2014). La Corte di Venezia ha proprio affermato l’esistenza di un pregiudizio alla libera e normale esplicazione della personalità ed alla qualità della vita di B.P., M. Z., G. P.  e A. P., pregiudizio riconducibile allo stress ed al grave disagio provocato dalle immissioni sonore provenienti dalla vicina officina e percepibili nell’abitazione di quelli.”

La Corte si sofferma infine sulla rilevanza della riconoscibilità della situazione a fattispecie di rilevanza penale, ai fini del risarcimento del danno a norma dell’art. 2059 cod.civ. “Al riguardo, la Corte di Venezia ha ritenuto nella specie ravvisabili gli estremi del reato di cui all’art. 659 c.p. (Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), sussistendo la potenzialità del rumore ad investire tutti coloro che ne sono a contatto, mentre ha escluso la configurabilità dell’art. 674 c.p. (Getto pericoloso di cose), non essendo verificata l’attitudine del materiale per la verniciatura utilizzato da E. P. a creare offesa o molestia. Il sesto motivo del ricorso principale ed il secondo motivo del ricorso incidentale sono infondati in quanto quel che rileva ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale a norma dell’art. 2059 c.c., in relazione all’art. 185 c.p., non è che il fatto illecito integri, in concreto, un reato piuttosto che un altro, né occorre una condanna penale passata in giudicato, ma è sufficiente che il fatto stesso sia soltanto astrattamente previsto come reato, sicché è sufficiente a tal fine l’accertamento, da parte del giudice civile, della sussistenza, secondo la legge penale, degli elementi costitutivi di una fattispecie incriminatrice (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 13085 del 24/06/2015; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22020 del 19/10/2007).”

© massimo ginesi 21 gennaio 2017

art. 659 cod.pen.: il disturbo alle persone in condominio

La Suprema Corte detta i limiti del reato di disturbo alle occupazioni e al riposo delle persone in ambito condominiale (Cass. pen. III sez. 29 dicembre 2016 n. 55096).

In primo luogo la corte chiarisce che la fattispecie penale è tuttora vigente: “ Il reato previsto dall’articolo 659 codice penale non risulta depenalizzato; non rientra tra le ipotesi di depenalizzazione del d. lgs. n.7 e n. 8  del 2016. La previsione della depenalizzazione nella legge numero 67 del 2014 all’articolo 2  non è sufficiente per ritenere depenalizzato il reato. Il reato previsto dall’articolo 659 codice penale, disturbo dell’occupazione di riposo delle persone, non può ritenersi abrogato per effetto diretto della legge 28 aprile 2014, numero 67, posto che tale atto normativo ha conferito al Governo una delega, implicante la necessità del suo esercizio per la depenalizzazione di tale fattispecie”

Il giudice di legittimità delinea poi i limiti del reato all’interno di un fabbricato plurifamiliare: “Trattandosi di condominio la configurabilità del reato è realizzata solo se il disturbo non sia limitato gli appartamenti sovrastanti e sottostanti a quello del disturbatore: “perché sussista la contravvenzione di cui all’articolo 659 codice penale relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante sottostante la fonte di propagazione ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio… Integra la contravvenzione di disturbo delle occupazioni e del riposo delle persone l’organizzazione di feste e cerimonie all’interno di uno scantinato di edificio condominiale che si protraggano  per ore, con schiamazzi,  rumori e abuso di strumenti sonori idonei a diffondersi all’interno e all’esterno dello stabile, con pregiudizio della tranquillità di un numero indeterminato di persone”

Decisamente verificata l’ipotesi nel caso all’esame della corte: “Nel nostro caso l’intensità dei rumori, che ha costretto intere famiglie uscire dalla casa per trovare un po’ di pace, e la lettera esposto la curia, con richiesta di intervenire quale proprietario dell’appartamento, inducono a ritenere, come adeguatamente motivato la sentenza impugnata, che il disturbo sia venuto nei confronti di un numero indeterminato di persone, o comunque era potenzialmente idonea di infastidire tutto lo stabile ed anche oltre”

© massimo ginesi 31 dicembre 2016

il reato di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone in condominio

 

L’art. 659 cod.pen. prevede che : “Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a 309 euro”

La Suprema Corte ( Cass. pen. III sez. 15 dicembre 2016 n. 53102) ha delineato i limiti di applicabilità della norma in ambito condominiale, sia con riferimento alla natura del disturbo che con riguardo alla responsabilità del genitore  che non impedisca al figlio di arrecare quel disturbo, tenendo lo stereo troppo alto.

Quanto alla possibilità che il reato sussista in ambito condominiale, la corte afferma che non è sufficiente che il rumore interessi solo le unità contigue:  Affinché sussista la contravvenzione in oggetto relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei a recare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni  non solo degli abitanti dell’appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti medesimo edificio

Nel caso di specie il rumore si percepiva ben oltre l’ambito condominiale: “La sentenza impugnata ha chiaramente e analiticamente riportato elementi di prova dai quali doveva ritenersi che i rumori fossero stati percepiti ben al di là addirittura dell’ambito condominiale, in particolare richiamando le deposizioni dei testi, entrambi appartenenti alla polizia municipale, secondo cui la musica ad alto  volume si percepiva già ad 80 m di distanza dal condominio… Il fatto che sono due persone avessero ritenuto di denunciare il fatto non poteva evidentemente incidere sulla sussistenza del reato”

Assai interessante si rivela invece il passaggio sulla colpa attribuita al padre e sul concetto di posizione di garanzia, spesso richiamato in giurisprudenza anche per fondare la colpa per responsabilità omissiva dell’amministratore: ” aldilà dell’improprio richiamo effettuato per sostenere la responsabilità dell’imputato, agli obblighi discendenti dalla sua qualità di proprietario ed abitante dell’immobile dal quale i rumori si diffondevano, posto che il danno non è stato, nella specie, come correttamente rilevato del ricorrente, prodotto dall’immobile in sé (come richiesto dall’articolo 2051 codice civile) ma dagli apparecchi di riproduzione musicale attivati dal figlio, la sentenza ha posto in evidenza la posizione di garanzia data dall’esercizio della potestà genitoriale sul figlio minore autore, come appena detto, delle propagazioni rumorose”

A tal proposito rileva la Suprema corte che “Tale fonte di responsabilità è stata correttamente evocata dei giudici di merito. L’articolo 40 comma due codice penale prevede che “non impedire un evento che sia l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo” e non può esservi dubbio che fra gli obblighi giuridici richiamati da tale norma debba ricomprendersi anche quello discendente dalla responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori, essendo i genitori responsabili del danno cagionato da fatto illecito dei figli minori secondo quanto previsto dall’articolo 2048 codice civile”

“Va infatti chiarito come da tale disposizione discenda un obbligo  di sorveglianza che, senza escludere la concorrente responsabilità del minore ultraquattordicenne e  capace di intendere di volere, non può non radicare una responsabilità anche del genitore in tutti casi in cui un tale obbligo sia rimasto inadempiuto, solo che restando salva la possibilità, espressamente consentita dal comma tre dell’articolo 2048 citato, di provare di non aver potuto impedire il fatto”

© massimo ginesi 16 dicembre 2016