E’ il caso affrontato da Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 23 marzo 2017 n. 7605, Relatore Scarpa.
I fatti “La Corte d’Appello di Roma, sulla scorta delle richiamate risultanze della CTU, ha affermato che una porzione dell’appartamento di LF, ubicato al piano attico dell’edificio di via QN 152, si estende anche sul corpo di fabbrica dell’adiacente edificio condominiale di via delle TC15. In particolare, i solai di calpestio dell’unità immobiliare di proprietà F. costituiscono la copertura del sottostante fabbricato di via TC, per un’estensione di mq 148,26 di area coperta e di mq 42,81 di area scoperta. Il CTU ha quindi evidenziato conclusivamente che tale appartamento sia “parte integrante” di entrambi i condominii.”
Propone ricorso la condomina, ritenendo che la propria unità immobiliare debba essere ricondotta ad un solo fabbricato e propone ricorso incidentale il Condominio, che si duole della compensazione delle spese applicata dal Giudice di merito.
Osserva la Corte che “Al fine di stabilire se un appartamento sia compreso in un condominio edilizio, è infatti necessario verificare, con riferimento al momento della nascita del condominio (salvo eventuale titolo negoziale contrario, il cui apprezzamento è comunque affidato alle prerogative del giudice di merito: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3084 del 03/09/1976), se, con riguardo alla struttura ed alla conformazione di esso, e, dunque, in base ad elementi obiettivamente rilevabili, sussista il presupposto della permanente ed oggettiva destinazione al suo servizio ed al suo godimento dei beni di quell’edificio elencati nell’art. 1117 c.c., restando escluso che sia determinante pure l’esistenza di un collegamento materiale o di una via diretta di accesso tra parti condominiali e singola unità immobiliare.
E’ d’altro canto certamente ammissibile, per quanto si desume dall’art. 61 disp. att. c.c., che, pur in presenza di fabbricati che presentino elementi di congiunzione materiale, allorchè vengano costituiti condominii separati per le parti aventi i connotati di autonomi edifici, uno dei titolari di porzioni esclusive si ritrovi proprietario di un appartamento ricadente in entrambi i condominii (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2324 del 01/03/1995; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4439 del 07/08/1982).
Il ricorso di L.F., pur deducendo una censura per violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., si sostanzia, in realtà, nella prospettazione di una ricostruzione degli elementi materiali della fattispecie diversa da quella accolta dalla Corte del merito, e dunque invoca un giudizio di mero fatto, del tutto estraneo al sindacato di legittimità.”
Quanto alle spese: “La Corte d’Appello di Roma ha compensato le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio, ponendo a carico delle parti la metà ciascuno delle spese di CTU, “stante l’opinabilità della questione, che peraltro ha necessitato di accertamenti tecnici”. Il Condominio di via delle TC 15, Roma, denuncia al riguardo la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per difetto delle “gravi ed eccezionali ragioni” ex art. 92, comma 2, c.p.c.
Tuttavia, nei giudizi, quale quello in esame, instaurati anteriormente all’entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, la compensazione delle spese può essere disposta – ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate dall’art. 45, comma 11, di detta legge – per “giusti motivi esplicitamente indicati dal giudice nella motivazione della sentenza”, e non per “gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione”. Nella vigenza di tale formulazione dell’art. 92, comma 2, c.p.c., la scelta di compensare le spese processuali rimane riservata al prudente, ma comunque motivato, apprezzamento del giudice di merito, la cui statuizione può essere censurata in sede di legittimità soltanto quando siano illogiche o contraddittorie le ragioni poste alla base della motivazione, ipotesi nella specie certamente non sussistente.”
© massimo ginesi 24 marzo 2017