La Cassazione ( Cass.civ. sez. II ord. 20 febbraio 2020 n. 4445) ribadisce un principio ormai ferreo, che la riforma del 2012 (la pronuncia si riferisce a caso che, ratione temporis, non vedeva ancora l’applicazione della L. 220/2012) ha vieppiù riaffermato anche in sede normativa agli artt. 1129, 1130 e 1130 bis c.c.
“La Corte d’appello ha, bensì, correttamente richiamato il consolidato principio, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui “in tema di comunione dei diritti reali, ciascun comproprietario ha la facoltà (di richiedere e) di ottenere dall’amministratore del condominio l’esibizione dei documenti contabili in qualsiasi tempo (e non soltanto in sede di rendiconto annuale e di approvazione del bilancio da parte dell’assemblea) e senza l’onere di specificare le ragioni della richiesta (finalizzata a prendere visione o estrarre copia dai documenti), purché l’esercizio di tale facoltà non risulti di ostacolo all’attività di amministrazione, non sia contrario ai principi di correttezza, e non si risolva in un onere economico per il condominio (dovendo i costi relativi alle operazioni compiute gravare esclusivamente sui condomini richiedenti)” (Cass. n. 19210 del 2011; conf. Cass. n. 8460 del 1998; Cass. n. 15159 del 2001).
Ma di tale principio, tuttavia, la Corte di merito non ha fatto altrettanto corretta applicazione, avendo trascurato la contestuale affermazione di questa Corte di legittimità, per la quale “il condomino ha senz’altro il diritto di accedere alla documentazione contabile in vista della consapevole partecipazione all’assemblea condominiale e che a tale diritto corrisponde l’onere dell’amministratore di predisporre un’organizzazione, sia pur minima, che consenta la possibilità di esercizio di tale diritto e della esistenza della quale i condomini siano informati.
Con il che, deve ritenersi che a fronte della richiesta del condomino di accedere alla documentazione contabile per gli indicati fini di partecipazione consapevole ad un’assemblea che su quei documenti debba esprimersi, l’onere della prova (che nella specie non risulta assolto) della inesigibilità della richiesta e della sua non compatibilità con le modalità previamente comunicate incombe sull’amministratore e, quindi, in sede di impugnazione della delibera assembleare, al Condominio, ove intenda resistere all’azione del condomino dissenziente” (Cass. n. 19210 del 2011, cit.; coni. Cass. n. 19800 del 2014; Cass. 19799 del 2014).”
Una recente sentenza del Tribunale di Massa (13 marzo 2017 n. 207) affronta numerose questioni in tema di impugnativa di delibera, oltre alla preliminare eccezione di mancato esperimento della mediazione.
In realtà solo uno dei motivi addotti si rivela fondato ma, per la particolarità dei rilievi, può essere di interesse esaminare il contenuto dell’intero provvedimento.
LA MEDIAZIONE– il Condominio convenuto eccepisce in via preliminare il mancato esperimento della mediazione, poiché – a suo dire – il procedimento non ha mai avuto inizio essendosi è fermato all’incontro preliminare, ove il mediatore ha dato atto della mancata disponibilità delle parti: osserva il Tribunale “L’eccezione non appare fondata: richiamato quanto già evidenziato nell’ordinanza 24.5.2016, va sottolineato che l’obbligo previsto dal D.lgs 28/2010 e succ. mod. non può ritenersi cogente a tal punto da obbligare le parti a prestare consenso obbligato ad una soluzione conciliativa.
La più recente giurisprudenza di merito, (Trib. Pavia 20.1.2017) ha evidenziato parametri rigidi nella valutazione della condotta delle parti che si sottraggano o non presenzino personalmente al primo incontro, impostazione che può essere condivisibile attesa la natura e la ratio dell’istituto, che deve arrivare a sollecitare quei distretti emotivi e paragiudiziari che potrebbero evolvere a favore di una definizione pregiudiziale della lite.
Nel caso di specie, tuttavia, tutte le parti e i relativi difensori risultano aver partecipato al primo incontro di mediazione del 16.12.2015, come da verbale prodotto, al quale tutti costoro – senza che si evidenzi una responsabilità precisa in tal senso – hanno dichiarato di non voler procedere a mediazione.
Per come deve essere strutturato il primo incontro ai sensi dell’art. 8 I comma D.lgs 28/2010 (Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento) e dunque per gli obblighi di avvertimento e sondaggio della disponibilità delle parti che sono posti in capo la mediatore, si deve ritenere che – all’esito di tale incontro – nessuna delle parti in causa abbia intravvisto margini utili di trattativa.
Non può pertanto ragionevolmente ritenersi necessaria alcuna ulteriore attività per ritenere avverata la condizione di procedibilità, a meno di non ritenere sussistente un potere coercitivo dell’istituto che oltrepasserebbe di gran lunga il confine della barriera costituzionale prevista dall’art. 24 Cost., nei cui confronti lo sbarramento posto dal D.Lgs 2872010 già appare di non assoluta solidità”
LA DELIBERA CHE APPROVA SPESE PERSONALI E’ NULLA – Agli attori è stato imputato, a consuntivo, un significativo esborso per spese personali, che gli stessi contestano, rilevando al contempo che non compete alla assemblea deliberare sul punto. Il Condominio ha opposto che si trattava di esborsi personali, dovuti a seguito della inerzia degli attori nel fornire i dati per la compilazione del registro di anagrafe condominiale ex art. 1130 cod.civ.
Osserva il Tribunale “La censura è fondata poiché, aldilà della fondatezza o congruità delle somme richieste ad oggi non documentata, esula dai poteri della assemblea procedere alla approvazione ed imputazioni di spese individuali che non attengano alla gestione comune. Ove si tratti di spese postali relative a incombenze di interesse comune (ad esempio i costi delle raccomandate relative alla convocazioni di assemblea), le stesse dovranno essere ripartite per millesimi e dovranno trovare riscontro contabile nel rendiconto e nella relativa ripartizione e non solo in quest’ultima, cosicché sia garantita la facoltà di verifica che gli strumenti oggi previsti dall’art. 1130 bis cod.civ. sono destinati a fornire al singolo…
...nel documento denominato rendiconto – sopra evidenziato – le spese personali per € 883,13 (così come indicate nel conguaglio 2014/2013) sono espressamente richiamate e non vi è dubbio che tale rendiconto sia stato oggetto di espressione della volontà assembleare.
Volontà che ha dunque superato il perimetro delle attribuzioni dell’organo collegiale delineato dall’art. 1135 cod.civ., circostanza che rende nulla la delibera unicamente su tale specifico punto, posto che il vizio lamentato – anche ex art. 1419 cod.civ. – non appare suscettibile di estendere il suo effetto alla approvazione del consuntivo relativo alla amministrazione delle cose comuni.
In ordine alla nullità di statuzioni di questo tipo, la giurisprudenza appare stabilmente orientata: “L’assemblea aveva esercitato un potere che non le spettava ex art. 1135 c.c., non rientrando tra le prerogative assembleari quelle di addossare ai condomini, in violazione dell’art. 1123 c.c., fantomatiche spese di natura personale, posto che l’assemblea non è dotata di “autodichia”, cioè non può farsi giustizia da sé.
Tali deliberati, infatti, esulavano dalle attribuzioni dell’assemblea, che non aveva il potere di imputare al singolo condòmino una determinata spesa, al di fuori di quelle inerenti la gestione, manutenzione e conservazione dei beni comuni condominiali e solo per la quota di sua spettanza, senza che la stessa fosse accettata e riconosciuta espressamente dalla condomina… (Cass. civ., Sez. II, 30/04/2013, n. 10196; Cass. civ. Sez. II, 21/05/2012, n. 8010; Cass. civ., Sez. II, 22/07/1999, n. 7890;Trib. Milano, Sez. XIII, 6/5/2004 n. 5717)”.
OBBLIGO DI RENDICONTO ED ACCESSO AI DOCUMENTI CONDOMINIALI – Gli attori si dolgono anche che l’amministratore non abbia prontamente riscontrato la loro richiesta di ottenere copia di alcuni documenti contabili, ritenendo che ciò costituisca violazione dell’obbligo di rendiconto. Osserva il Giudice di merito che “Gli attori paiono equivocare sull’obbligo di rendiconto ed il diritto di accesso del condomino alla documentazione contabile, attività che, seppur entrambe pertinenti al tema della gestione condominiale, non sono coincidenti né sovrapponibili.
L’obbligo di rendiconto è assolto dall’amministratore mediante la predisposizione dei documenti previsti dall’art. 1130 bis cod.civ. e il rispetto dei termini di cui all’art. 1130 n. 10 cod.civ., obblighi che peraltro configurano una violazione dei doveri che può dar luogo a revoca dell’amministratore ai sensi dell’art. 1129 cod.civ. ma che – in astratto – non configura necessariamente un vizio della delibera.
Nel caso di specie la documentazione contabile predisposta dall’amministratore … appare idonea – per natura e modalità – ad integrare sia i requisiti di cui all’art. 1130 bis cod.civ. sia a consentire al condomino quei poteri di controllo che la Suprema Corte ha più volte ritenuto siano soddisfatti anche con modalità e formalità che ne consentano un sostanziale esercizio (Cassazione civile n.8877 del 28/04/2005, Cass. 28 gennaio 2004, n. 1544 ); così si deve ritenere che agli attori sia stato pienamente reso il conto, atteso che essi stessi riconoscono di aver ricevuto la convocazione con allegata la documentazione (tanto è vero che si sono attivati per richiedere copia dei documenti giustificativi, come inequivocabilmente risulta dalla pec doc. 10 di parte attrice).
Altra ipotesi è invece la facoltà del singolo di accesso alla documentazione contabile, nel lasso di tempo antecedente alla assemblea, sì da poter esprimere un voto adeguatamente informato, circostanza che la giurisprudenza ha ritenuto poter costituire vizio della delibera ove tale facoltà sia gravemente compromessa o addirittura negata (Cassazione civile, sez. II, 21/09/2011, n. 19210).
Va ancora osservato che la facoltà di accesso – oggi espressamente prevista dall’art. 1129 II comma cod.civ. – consente la visione presso lo studio dell’amministratore dei registri condominiali e della documentazione allegata, così come concorrente e complementare facoltà è consentita ex artt. 1130 bis II comma cod.civ. e 1129 VII comma cod.civ.
Tale facoltà non risulta sia stata esercitata dagli attori, che hanno invece azionato l’ulteriore e diverso diritto di richiedere copia, che tuttavia – aldilà dei costi e dei tempi necessari – è attività che non può essere posta quale requisito pregiudiziale alla partecipazione informata alla assemblea.
E’ il condomino che, nei modi e tempi necessari alla verifica e preliminarmente alla adunanza, può recarsi presso lo studio dell’amministratore e visionare la documentazione che richiede, tenuto conto che gli accessi e , ancor più il rilascio di copie, devono contemperarsi con l’attività professionale dell’amministrare (CAss. SS.UU. 4806/2005) , non divenire un aggravio o peggio una emulazione.
Peraltro – anche ove fosse stata provata l’impossibilità ad accedere alla documentazione condominiale – tale mancanza, ove si traduca in impossibilità di partecipazione informata alla delibazione, potrebbe costituire vizio solo per periodi antecedenti alla assemblea.
La mancata possibilità di accesso che gli attori lamentano attribuendola a indisponibilità dell’amministratore nei mesi successivi alla delibera impugnata (peraltro con richieste inviate dagli attori in prossimità delle festività natalizie e prontamente riscontrate dall’amministratore – compatibilmente con il periodo feriale – cui i B. non hanno più dato corso) in nessun caso potrà riverberarsi quale vizio su deliberati antecendenti, limitandosi ad assumere eventuale rilevanza ai diversi fini della domanda di revoca della amministratore, estranea al presente giudizio.
SPESE ASCENSORE, FONDI TERRANEI E TABELLE MILLESIMALI – “gli attori lamentano vizio della delibera poiché risulterebbero ripartite le spese di ascensore con esclusione dei fondi terranei, in violazione dell’art. 1124 cod.civ. Poiché tale assetto è contenuto nelle tabelle millesimali in uso nel condominio, costoro assumono anche che la delibera sia nulla poiché comporta deroga ai criteri legali di riparto, decisione che può essere assunta solo mediante convenzione
Va osservato che l’assemblea oggetto della odierna impugnazione si è limitata ad applicare le tabelle in uso nel condominio che, in effetti, escludono i fondi terranei dalle spese di ascensore. Tali tabelle peraltro, aldilà della capziosa obiezione che non siano firmate da alcuno, sono state prodotte in giudizio e risultano per espressa affermazione del convenuto – non espressamente contestata ex art 115 c.p.c. – in uso da anni.
Peraltro che tale tabella sia in uso da diversi esercizi deriva anche dal fatto che l’obiezione circa la loro origine e utilizzo sia stata mossa dagli attori solo in sede di impugnazione ma Non sia stata contestata – ad esempio – alla ricezione della convocazione con allegati i riparti.
Giova per inciso osservare che le tabelle prodotte dal condominio coincidono esattamente, nei valori, con quelle adottate nella ripartizione del consuntivo.
Va infine osservato che è nulla la delibera che scientemente e consapevolmente deroga ai criteri legali di ripartizione, intendendo discostarvisi (Cassazione Civile, sez. II, sentenza 19/03/2010 n° 6714).
Non risulta invece che la delibera impugnata contenga alcuna statuizione in tal senso, limitandosi ad approvare un rendiconto ripartito secondo i millesimi in uso nel condominio.
Era dunque onere degli attori, semmai, procedere ai sensi dell’art. 69 disp att. Cod.civ., ove ritengano che la tabella suddetta sia afflitta da errore e richieda revisione, domanda che non pare sia stata avanzata in questo giudizio”
LE SPESE PER L’ESERCIZIO DELL’ASCENSORE SONO ORDINARIE “Priva di pregio anche la doglianza circa l’asserita straordinarietà delle spese relative a due interventi della ditta O. per complessive 593,68, dovute a “pronto intervento porta cabina” e “per corsa prolungata oltre il piano di controllo”, trattandosi pacificamente di spese connesse al mero “esercizio” e alla “manutenzione ordinaria” (Cassazione Civile, Sez. II, 23.12.2011, n. 28679)”
LA MANCATA INDICAZIONE DELL’IMPORTO DEL CONSUNTIVO NEL VERBALE DI ASSEMBLEA “gli attori si dolgono ancora della nullità/annullabilità della delibera poiché sarebbe stati omessi gli elementi essenziali del consuntivo, approvato genericamente come “consuntivo 2014/2015” senza riportane l’importo o altri elementi qualificanti, sicchè agli attori non sarebbe consentito accertare – in quanto assenti – quale documento sia stato approvato. LA doglianza è priva di fondamento, poiché l’oggetto della delibera deve necessariamente essere correlato con i documenti inviati in uno con la convocazione, sicchè il richiamo generico al consuntivo 2014/2015 deve ritenersi riferito a quello già a mani dei condomini.
Né gli attori hanno dedotto che ne sia stato approvato altro, tanto è vero che gli stessi hanno poi proceduto al pagamento delle somme indicate, senza alcuna conseguenza o inconveniente.”
LA MANCATA APPROVAZIONE DELLA RIPARTIZIONE NON COMPORTA VIZIO DELLA DELIBERA – Gli attori lamentano che la delibera sia nulla o annullabile poiché non contiene espressa menzione della approvazione anche della ripartizione. Si è già detto sub 1 che la dicitura relativa alla generica approvazione del rendiconto – inteso come aggregato di tutti i documenti inviati dall’amministratore all’atto della convocazione – possa far ragionevolmente ritenere che la delibera si estenda anche alle ripartizioni allegate ai consuntivi e preventivi.
La circostanza, già evidenziata al punto precedente, che gli attori abbiano poi pagato quanto portato dai riparti induce a ritenere che questi atti fossero comunque pervenuti agli stessi sin dalla convocazione (circostanza che gli attori non hanno mai disconosciuto)
Va tuttavia osservato che la delibera che approvi il consuntivo ma non la sua ripartizione è ben lungi dall’essere viziata rimanendo, al più, incompleta, sì che le saranno preclusi determinati effetti quali quelli previsti dall’art. 63 disp. att. cod.civ. senza che tale mancanza possa riflettersi sulla sua validità, né sotto il profilo della nullità né della annullabilità, che possono essere ravvisate unicamente nei casi delineati da Cass. SS.UU. 4806/2005).”
RENDICONTO ED ESTRATTO CONTO NON DEVONO (E NON POSSONO) COINCIDERE“Lamentano ancora gli attori che alcuni movimenti che risultano dagli estratti bancari non risulterebbero espressamente riportati nel rendiconto, circostanza che a loro dire comporterebbe ulteriore motivo di nullità.
La tesi è priva di fondamento: si è già evidenziata più sopra la giurisprudenza che, da tempo immemore indica in misura semplificata le forme del rendiconto, che si ritengono adeguate laddove consentano al condomino di comprendere la natura e l’origine delle somme che gli vengono richieste.
La stessa giurisprudenza ha da tempo evidenziato che il condominio non richiede forme rigorose nella tenuta delle scritture e che la sua contabilità sia comunque connessa ad un esercizio di competenza: Cassazione n. 10815 del 16 Agosto 2000, estensore Corona aveva precisato che “la Corte non deve risolvere la questione di diritto se l’amministratore debba rispondere della gestione sulla base del criterio di competenza o di cassa, ma è pur vero che l’amministratore dura in carico un anno, per cui la gestione viene rapportata alla competenza annuale” (pur non mancando pronunce successive che richiamano il criterio di cassa, cass. 9 maggio 2011, n. 10153).
Aldilà del criterio applicabile al condominio – plausibilmente governato da un criterio misto – va rilevato che nessuna norma e nessuna pronuncia, neanche dopo l’entrata in vigore della L. 220/2012, prevede una perfetta coincidenza fra movimentazioni contabili e rendiconto, attenendo le une ad un rapporto di conto corrente che vede necessariamente uno sviluppo in parte autonomo rispetto ai dati di esercizio su base annuale.”
Poiché peraltro gli attori lamentano l’impossibilità della verifica, da cui deriverebbe a loro dire – con un salto logico non del tutto comprensibile – vizio della delibera di approvazione, va osservato che il sistema approntato dall’art. 1130 bis cod.civ. e le facoltà di controllo in capo al condomino, previste da detta norma e dagli artt. 1129 e 1130 cod.civ., consentono al singolo, in ogni momento, di effettuare una verifica comparata, specie con l’istituzione del registro di contabilità che impone l’annotazione di ogni movimento entra trenta giorni. Tale verifica può essere volta ad accertare la compatibilità e congruenza di ogni atto dell’amministratore, di talchè la documentazione da cui eventualmente desumere vizi nella gestione annuale non può essere limitata alla mera comparazione di consuntivo ed estratto conto, documenti che – di per sé – non richiedono assoluta e perfetta simmetria e congruenza.”
SEGRETARIO E PRESIDENTE DELL’ASSEMBLEA NON SONO ORGANI INDISPENSABILI E LA LORO MANCATA NOMINA NON PREGIUDICA LA VALIDITA’ DELLA DELIBERA– “Deducono infine gli attori che il verbale sarebbe affetto da nullità (da estendere alla delibera cui si riferisce) poiché non sono indicate le maggioranze con cui sono stati eletti presidente e segretario e che la calligrafia con cui è redatto il verbale sembrerebbe di persona diversa da colui che è indicato come segretario.
Entrambe le censure sono infondate; nessuna norma prevede espressamente la necessità di nomina di Presidente e Segretario della assemblea di condominio, che dunque ben potrebbero ragionevolmente non essere nominati senza che tale circostanza possa in alcun modo esplicare riflessi sulla validità della delibera: “La nomina del presidente e del segretario dell’assemblea di condominio non è prescritta da alcuna norma a pena di nullità, essendo sufficiente, per la validità delle deliberazioni, la maggioranza richiesta dalla legge. Pertanto, la mancata nomina di un presidente e di un segretario o l’eventuale irregolarità relativa ad essa non comportano invalidità delle delibere assembleari. (CAss. 5709/1987; Izzo in Giust. civ., fasc.4, 2010, pag. 893).
LA CALLIGRAFIA DEL VERBALE – Ancor meno pregio riveste la questione della calligrafia del verbale: nessuna norma sovrintende a tale adempimento, nessuna norma – tantomeno – prevede sanzioni in tal senso, essendo semmai unicamente richiesto che il verbale rispecchi il contenuto delle delibere e degli accadimenti assembleari, circostanza che non pare posta in discussione.
Peraltro principi di senso comune implicano che il Segretario ben possa valersi di un ausiliario nella scrittura (o semplicemente scrivere il testo ad un computer portatile) senza che l’assenza di nesso calligrafico fra lo scritto e la sua persona possa avere alcuna influenza sulla validità dell’atto.”
L’amministratore revocato che trattiene la cassa condominiale e i documenti relativi al fabbricato commette il reato di appropriazione indebita, previsto dall’art. 646 c.p., anche se ritiene che la sua revoca sia illegittima.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione II sez. penale con sentenza 38660/2016, decisa all’udienza del 10 giugno 2016 e depositata in data 19 settembre 2016.
I fatti: “Con sentenza del 22/20/2015 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la pronuncia del Tribunale di Palermo che il 29/11/2014 aveva riconosciuto la penale responsabilità di C. A. in ordine al reato di cui agli artt. 646 e 61 n. 1 cod. pen. per essersi appropriato, abusando della sua nomina di amministratore condominiale dello stabile sito in Palermo al viale Regione Siciliana n. 476, della somma di euro 2.050,00, di tutti i libri contabili e della documentazione amministrativa in suo possesso“
I motivi di ricorso: adduce il ricorrente che sussisterebbe “violazione degli artt. 646 cod. pen., 125 e 546 cod. pen. per avere la Corte territoriale omesso di considerare che ai fini della configurazione del reato contestato è necessario che la restituzione della cosa posseduta venga rifiutata senza alcuna legittima ragione, da ravvisarsi invece nel caso di specie nell’irritualità della convocazione dell’assemblea condominiale chel’aveva revocato dalla carica di amministratore, sicché doveva ritenersi che lo stesso condominio era ancora amministrato dal ricorrente in regime di prorogatio imperii, tanto che lo stesso ricorrente aveva convocato una nuova assemblea“
Adduce ancora il ricorrente che non sussisterebbe prova che le somme versate dai condomini siano state destinate a suo profitto e che sussisterebbe comunque particolare tenuità del fatto.
Le motivazioni della Cassazione sono di grande rigore e devono richiamare con particolare energia l’attenzione degli amministratori su un momento cruciale, quale il passaggio delle consegne, e su condotte delle quali, troppo spess,o si ignorano le possibili conseguenze a rilievo penale.
Afferma infatti il Giudice di legittimità che: “ai fini della configurazione del delitto di appropriazione indebita non può ritenersi determinante la ritualità o meno della convocazione dell’assemblea che aveva revocato il ricorrente dalla carica di amministratore del condominio, convocazione alla quale, peraltro, lo stesso aveva risposto esternando comunque la volontà di dimettersi da tale carica, risultando evidenziato dalla sentenza che comunque il Chetta non ebbe a restituire la somma percepita ed i libri contabili neanche successivamente, nemmeno a seguito della richiesta formulatagli con raccomandata speditagli dal legale del condominio”
Infondati anche gli altri motivi di ricorso: quanto al profitto la Corte rileva che i giudici di merito hanno ritenuto correttamente e senza contraddizioni che il mancato versamento delle ritenute di acconto per il Condominio, relativamente alle quali l’amministratore aveva ricevuto i denari necessari dai condomini integrasse la prova della distrazione a proprio profitto per costui.
Quanto alla particolare tenuità del fatto, non riconosciuta dai giudici di merito e che comporterebbe la non punibilità ai sensi dell’art. 131 bis c.p., la Cassazione sottolinea che la modestia delle somme non è solo elemento di rilevanza: “Per la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, condivisa dal Collegio, infatti, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. La sentenza impugnata risulta essersi rigorosamente attenuta a tali principi, atteso che non solo, nel determinare la pena, ha sottolineato la “pervicacia” del C., per essersi questo “..addirittura spinto a lamentare la mancanza di pagamenti a suo favore da parte del condominio, nonché esponendo il medesimo all’eventuale pagamento della sanzione amministrativa cui la stessa difesa ha fatto riferimento”.
In caso di sversamento fognario il Condominio è soggetto legittimato a presentare richiesta di accesso agli atti della pubblica amministrazione.
Lo afferma il Tar Lazio con sentenza 3287/2016: “Al riguardo l’art. 22 della L. n. 241 del 1990 individua i soggetti interessati all’accesso ai documenti amministrativi in tutti coloro che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione tutelata e collegata al documento al quale si chiede l’accesso (comma 1); ai sensi del successivo art. 25, il diritto di accesso si esercita mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi, nei modi e con i limiti indicati dalla legge (comma 1), e la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata e va rivolta all’Ente che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente (comma 2). Alla stregua della richiamata disciplina sul procedimento amministrativo, i portatori di un interesse specifico hanno diritto di accesso ai documenti amministrativi per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, intendendo per tali le situazioni giuridiche soggettive che presentino un collegamento diretto e attuale con il procedimento amministrativo cui la richiesta di accesso si riferisce.”
Afferma ancora il Giudice amministrativo che ” L’interesse all’accesso e la sua rilevanza ai fini della proposizione di un eventuale giudizio, va inteso in senso ampio, in quanto la documentazione richiesta deve essere, genericamente, mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse”
Quanto ai destinatari dell’obbligo di ‘trasparenza’ la lettura è opportunamente ampia e ben motivata: “A ciò va aggiunto che il citato art. 22 individua i documenti amministrativi in quelli “detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale” (comma 1, lett. d) e per Doc. #: tar lazio 3287 del 16.docx 4 pubblica amministrazione “tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario” (comma 1, lett.e). In conformità alla predetta norma, l’Ente destinatario dell’ esercizio del diritto di accesso va individuato nel soggetto pubblico o privato che, in relazione alla propria attività amministrativa di pubblico interesse detiene – o comunque è tenuta a detenere – i documenti amministrativi che ineriscono alle predette attività ad essa riconducibili”
Alla luce di tali principi si deve ritenere che sussista in capo al Condominio, che intenda agire in giudizio per le vicende legate allo sversamento, un interesse diretto ed attuale a conoscere gli atti della Pubblica Amministrazione e, per essa, dell’ente che materialmente gestione il servizio fognario: “osserva il Collegio che i suddetti presupposti sono presenti nel caso di specie in quanto appare evidente che il Condominio ricorrente abbia titolo ad accedere ai documenti relativi alle rilevazioni e monitoraggi effettuati dalla società che gestisce il servizio idrico integrato dell’Ambito territoriale n. 2 Lazio Centrale – Roma, come richiesti nell’istanza, in relazione alla descritta vicenda di sversamento di acque nere nell’area antistante il Condominio stesso e all’attività svolta dalla società di gestione del servizio. Sussiste un palese interesse della parte ricorrente all’ostensione dei richiesti documenti, la cui conoscenza è obiettivamente strumentale alla tutela di un interesse giudicamente rilevante del Condominio, al quale gli stessi documenti si correlano immediatamente”
L’art. 1129 cod.civ., così come novellato dalla L. 220/2012, indica una serie di irregolarità tipiche (anche se non tassative e vincolanti) che possono indurre il Giudice alla revoca dell’amministratore che se ne renda colpevole.
Si è più volte sottolineato da parte della giurisprudenza e della dottrina che tale norma non è affatto vincolante per il Tribunale, né sotto il profilo delle condotte indicate né sotto quello della loro automatica rilevanza, così che il Giudice dovrà sempre valutare l’effettiva gravità della condotta e la sua idoneità ad incidere sul rapporto fiduciario che è sotteso all’incarico di amministratore.
E’ tuttavia vero che la nuova formulazione della norma è spesso usata in maniera strumentale dai condomini e che taluni tendono a trasformarla con frequenza in una sorta di spada di Damocle che pende sulla testa dell’amministratore, attraverso la quale ottenere soddisfazione alle proprie richieste.
Una recente pronuncia del Tribunale di Avellino contribuisce a contenere la portata della norma entro criteri di razionalità e adeguatezza, chiarendo che l’amministratore non ha obblighi di procurarsi consensi volti alla modifica delle tabelle millesimali e che – soprattutto – il mancato invio di copia dei documenti giustificativi di spesa (di cui ogni condomino o titolare di diritto reale e personale di godimento può prendere visione ed estrarre copia a proprie spese ai sensi dell’art. 1130 bis cod.civ. ) non costituisce irregolarità tipica ai sensi dell’art. 1129 cod.civ. e neanche condotta grave in forza della quale il Giudice possa comunque procedere a revoca, ove la richiesta sia connotata da intenti sostanzialmente pretestuosi ed emulativi.