cooperativa edilizia, condominio, impugnativa di delibera e giudicato esterno.

Taluni soci di cooperativa edilizia, che ha nel frattempo ha provveduto alla assegnazione in via esclusiva degli alloggi,  propongono azione per accertare che alcuni beni posti nel complesso edilizio non sono comuni a tutti, non essendo menzionati espressamente negli atti di acquisto.

La vicenda giunge in cassazione, ove la corte (Cass.civ. sez. II  ord. 27 maggio 2019 n. 14432) ripercorre i principi  consolidati in tema di condominio e beni comuni, osservando come – una volta che si sia proceduto all’assegnazione in via individuale delle unità singole – si dia luogo ad una situazione di condominio, in cui la norma di riferimento è costituita dall’art. 1117 c.c., sì che i beni destinati per natura o funzione ad uso e beneficio comune devono ritenersi tali anche ove non espressamente menzionati nell’atto di acquisto.

Tuttavia, osserva la corte, la vicenda non può essere decisa poiché coperta da giudicato esterno, avendo taluni condomini impugnato delibere che  attribuivano loro spese ed avendo il giudice di merito, con sentenza passata in giudicato, accertato che quelle somme non erano dovute poiché relative a beni non comuni.

Essendo statuizione che attiene allo stesso esatto rapporto dedotto nel giudizio  di legittimità, deve ritenersi che la vicenda sia coperta da giudicato esterno, preclusivo di ulteriore esame.

va ritenuto, in via di principio, che, qualora una cooperativa edilizia, dopo aver stipulato con il Comune una convenzione di lottizzazione su di un terreno al fine di costruirvi un complesso edilizio da destinare a civile abitazioni, abbia poi provveduto all’assegnazione degli alloggi realizzati ai soci, con conseguente formale trasferimento in loro favore della proprietà delle singole unità immobiliari ed insorgenza di un rapporto di condominio tra i soci assegnatari, deve ritenersi che oggetto dell’assegnazione sia pure la comproprietà dei beni che abbiano l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e, cioè, siano collegati strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari assegnate in proprietà esclusiva ai soci, ovvero che siano in rapporto con queste da accessorio a principale, essendo il diritto dei soci assegnatari sulle parti di area non direttamente interessate dai fabbricati assimilabile a quello dei condomini sulle parti comuni;

– come già sostenuto da questa Corte (sentenza n. 6882/2014), deve rilevarsi che le cooperative edilizie perseguono lo scopo di costruire alloggi e di assegnarli dapprima in godimento e poi in proprietà individuale ai soci; -nell’attuare tale oggetto sociale, la previsione di spazi deputati al godimento comune dei soci è più o meno necessitata dalla natura stessa del corpo di fabbrica realizzato e dall’applicazione ad esso dell’art. 1117 cod. civ. in tema di parti comuni dell’edificio;

-il Tribunale di Tivoli aveva ritenuto decisiva, al fine di escludere la comproprietà in capo ai soci assegnatari delle aree degli impianti di pertinenza degli alloggi (pozzi, depuratore, terreni destinati a verde, impianti di urbanizzazione secondaria), e quindi di negare il conseguente obbligo di partecipare alle relative spese, la mera mancata menzione di tali beni all’interno dell’atto di assegnazione;

-in realtà, va osservato, applicando, al caso di specie, l’art. 1117 cod. civ., si sarebbe, peraltro, configurata, piuttosto, una presunzione di comunione che abbraccia quelle aree quegli impianti i quali (all’esito di indagine di fatto riservata al giudice del merito) denotino una relazione strumentale necessaria con l’uso comune;

– inoltre, tale presunzione non potrebbe essere vinta dalla pura e semplice omessa menzione nell’atto di assegnazione di dette aree o impianti, occorrendo, invece, una formale espressione in questa direzione contenuta nel contratto sociale

– nonostante queste considerazioni, risulta decisiva la circostanza che con la memoria ex art. 380 parte controricorrente ha dedotto l’esistenza di un giudicato esterno formatosi inter partes dopo la notifica del ricorso per cassazione in forza della sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493 del 2014 dep. il 23/6/2014 corredata di idonea certificazione ai sensi dell’art. 124 delle disp. att. cod. proc. civ. che ha prodotto ritualmente il relativo documento;

-la menzionata sentenza, avente ad oggetto l’ impugnativa delle deliberazioni assembleari relativa ai bilanci consuntivo 2011 e 2012 proposta da vari proprietari fra cui il sig. G., accertava che gli atti di assegnazione dei singoli lotti agli attori non avessero alcun riferimento alle pertinenze ad esse relative, sicché non sussisteva alcuna comunione al riguardo dei detti beni;

l’accertamento contenuto nella sentenza del Tribunale di Tivoli – come già osservato nelle precedenti pronunce di questa Corte richiamate dalla controricorrente n. 328/2017, 327/2017, 767/2017, 10058/2018, 9540/2018 e n.9279/2018 – della insussistenza di una situazione di contitolarità in capo alla controricorrente delle aree pertinenziali del Complesso P. , presupposto di fatto dell’obbligo della stessa di contribuire alle spese della relativa comunione, inerisce ad una connotazione, di fatto e di diritto, del rapporto inter partes,idonea a produrre effetti destinati a durare per tutto il protrarsi di tale rapporto a situazione normativa e fattuale immutata;

– ne consegue che la situazione ivi accertata non può più formare oggetto di valutazione diversa nel presente giudizio (cfr. Cass. 11572/2016), né ai fini del primo motivo, né ai fini del secondo motivo, in quanto i limiti della cognizione del giudice del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali dipendono comunque dalla preventiva configurabilità di una deliberazione che abbia approvato la ripartizione delle spese tra i condomini relative a parti ad essi comuni, essendo tale situazione di comunione smentita dall’intervenuto giudicato esterno (arg. Cass. 305/2016);

– consegue che il ricorso per cassazione, poiché finalizzato a porre in discussione la questione relativa alla contitolarità delle aree pertinenziali del Complesso Residenziale P., che risulta coperta dal contrario giudicato esterno dedotto da parte controricorrente, deve essere rigettato (Cass. 13916/2006); 

la rilevanza del giudicato esterno non è inficiata dalla deduzione di parte ricorrente svolta nella memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. in relazione alla natura incidentale dell’accertamento oggetto del giudicato , perché esso non riguarda la natura esclusiva di beni ritenuti condominiali;

esso concerne l’insussistenza dell’obbligo di concorrere alle spese ed il suo antecedente logico rappresentato dall’esclusione del rapporto di condominialità nei confronti del G., accertamento rispetto al quale il contraddittorio è integro e la decisione idonea ad assurgere all’efficacia di giudicato esterno ed ad impedire la riapertura della questione, in difetto di elementi sopravvenuti (Cass.11572/2016).”

© massimo ginesi 28 maggio 2019 

la portata del giudicato del provvedimento di sfratto

Una recente pronuncia del Tribunale apuano (Trib. Massa 19.4.2018 n. 292) ripercorre gli orientamenti di legittimità nell’ipotesi in cui lo sfratto sia stato convalidato e si discuta in un successivo giudizio delle somme dovute dal conduttore moroso.

sfratto_giudicato.doc

© massimo ginesi 13 giugno 2018

decreto ingiuntivo non opposto e principio del giudicato esterno discendente: una pronuncia in tema di sfratto

Di recente la Suprema Corte (Cass. 1502/2018) ha osservato che la mancata opposizione a decreto ingiuntivo impedisce successive contestazioni giudiziali  sulle somme portate in quel decreto ingiuntivo e che l’effetto di giudicato che acquista il decreto non opposto si estende a tutto il dedotto e deducibile che poteva essere fatto valere in sede di opposizione.

Analogo principio è seguito da recente sentenza del Tribunale di Massa 23 gennaio 2018 in tema di opposizione alla convalida di sfratto, che deve essere respinta laddove il conduttore non abbia proposto opposizione al decreto ingiuntivo per i canoni non versati ottenuto dal locatore con autonomo e separato ricorso.

Osserva il Tribunale apuano che “L’esistenza di un decreto ingiuntivo definitivo per i canoni impagati, ottenuto dal locatore nei confronti del conduttore per canoni che vanno a costituire la morosità sulla quale si fonda l’intimazione di sfratto, oggi convertita nel presente giudizio a rito ordinario, impedisce di riesaminare la vicenda dei rispettivi obblighi e della sussistenza di inadempimento, per il principio del giudicato implicito discendente.

L’esistenza di un titolo definitivo, che accerti che non è stato versato il corrispettivo della locazione per l’importo recato nel decreto non opposto, impedisce qualunque ulteriore valutazione sulla debenza di quelle somme e sulla sussistenza del relativo inadempimento.

Si è, con costanza, osservato in giurisprudenza che “la domanda di accertamento del canone di locazione costituisce un presupposto implicito ai fini della proposizione e dell’accoglimento della domanda di condanna al pagamento dei canoni scaduti e non pagati in cui si sostanzia il provvedimento di ingiunzione.

Sta di fatto che sul decreto ingiuntivo non opposto recante intimazione di canoni locativi arretrati accolto si forma il giudicato che fa stato perciò fra le stesse parti circa l’esistenza e validità del rapporto corrente inter partes e sulla misura del canone preteso, nonchè fa stato circa l’inesistenza di tutti i fatti impeditivi o estintivi, anche non dedotti, ma deducibili nel giudizio di opposizione, quali quelli atti a prospettare l’insussistenza totale o parziale del credito azionato in sede monitoria dal locatore a titolo di canoni insoluti, per effetto di controcrediti del conduttore per somme indebitamente corrisposte in ragione di maggiorazioni contra legem del canone (v. Cass. n. 5801/1998).

Evidente, pertanto, che, in applicazione del principio secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile, qualora i conduttori avessero voluto contestare la determinazione del canone, avrebbero dovuto proporre opposizione a decreto ingiuntivo, il che non hanno fatto, con la conseguenza che l’accertamento circa la misura del canone preteso e richiesto dai locatori è da ritenersi coperto dal giudicato.” Cass 16319/2017)”

Il Tribunale ha ritenuto infondate anche due eccezioni in rito dell’opponente, che assumeva il decreto ingiuntivo dovesse essere notificato nel domicilio eletto per il procedimento di sfratto: “Va perlatro osservato che appaiono prive di pregio anche le due obiezioni avanzate dal convenuto circa la asserita nullità della notifica del decreto ingiuntivo (tesi che perlatro dovrebbero legittimare – semmai un opposizione tardiva in quel procedimento e non possono essere oggetto di valutazione nel presente, se non in via meramente incidentale):
Per quanto possa qui rilevare, quanto alla notifica alla parte ai sensi dell’art. 140 c.p.c. appaiono rispettate tutte le formalità previste dalla norma e dalle successive interpretazioni rese dalla Consulta, posto che dalla copia depositata in via telematica risulta effettuata la notifica presso la dimora del convenuto (luogo che neanche egli stesso disconosce sia tale), è stato effettuato il deposito presso l’ufficio e il contestuale avviso raccomandato di cui risulta risulta – dall’avviso di ricevimento reso con l’atto – che il destinatario non abbia curato il ritiro per dieci giorni. Né peraltro l’opponente, aldilà di generiche riflessioni circa le modalità di notifica ai sensi dell’art 140 c.pc., ha spiegato in quali violazioni sarebbe incorsa la notifica del decreto.

Quanto la doglianza circa l’omessa notifica al domicilio eletto, è di tutta evidenza che tale norma sia volta favorire le comunicazioni in corso di causa alle parti costituite, e tale non può considerarsi la notifica alla parte – in vista della esecuzione – di un decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva, che deve necessariamente essere notificato al debitore e non al suo procuratore domiciliatario e che – in ogni caso – è relativo a procedimento monitorio del tutto autonomo rispetto a quello di opposizione alla convalida per cui si discute e sarebbe, pertanto, escluso dagli atti soggetti a notifica nel domicilio eletto”.

© massimo ginesi 30 gennaio 2018