culpa in eligendo anche per l’infortunio durante un accesso preliminare all’appalto.

La Cassazione, III sezione penale, con sentenza del 1 marzo 2017 n. 10014 ha stabilito che il committente è responsabile per l’erronea scelta di soggetto non idoneo anche se costui subisce infortunio cadendo dal tetto durante un semplice sopralluogo preliminare, finalizzato unicamente alla stesura di un preventivo dei lavori da effettuare successivamente.

LA pronuncia chiarisce che le norme sugli infortuni in ambiente di lavoro, che dettano responsabilità anche per il committente, si applicano non solo durante l’esecuzione dell’appalto ma anche nelle attività prodromiche allo stesso, ove vanno ricompresi anche gli accessi dell’appaltatore volti a verificare i luoghi per predisporre una semplice offerta.

Il caso esaminato riguarda un infortunio sul tetto di un capannone, ma è evidente che la pronuncia deve far riflettere anche per i lavori svolti in ambito condominiale.

Le misure generali di tutela della salute e sicurezza del lavoro, che implicano a  norma dell’articolo 15 decreto legislativo 81/2008 la valutazione preventiva e  l’eliminazione di rischio in relazione ai lavori da eseguire, pongono a carico del committente, sin dalla  fase di progettazione dell’opera e delle conseguenti scelte  tecniche, specifiche cautele prescritte dall’articolo 90, comma 9 del medesimo decreto, fra cui la verifica nell’ipotesi di cantieri temporanei dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa affidataria, la quale implica l’iscrizione di quest’ultima alla camera di commercio e la autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti previsti dalla normativa di settore.

Da ciò discende che non è affatto necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, sia perché trattasi di adempimenti preliminari alla successiva fase della stipula, sia perché la norma in esame non contempla tale figura contrattuale – come si desume dal tenore letterale dello stesso art. 90 che parla di “affidamento dei lavori” e che nella lettera C) del comma 9 contemplante a sua volta gli adempimenti di cui alle precedenti lettere a) e b), esclude espressamente la necessità del ricorso all’appalto – ben potendo la commissione esaurirsi in una mera prestazione d’opera, quale è certamente il sopralluogo sul tetto ai fini della verifica dei lavori necessari, alla quale devono comunque presiedere le cautele previste. “

Con motivazione coerente ed esente ed aderente ai  principi affermati da questa Corte in materia di responsabilità nei reati edilizi (sezione 3 n.1334 del 26/4/2016,  sezione 4 n. 8589 del  14/1/2008) il giudice  di merito ha pertanto ritenuto la culpa in eligendo dell’imputato  non essendo la ditta  X che, secondo la deposizione dell’ispettore,  stava effettuando al momento dell’infortunio attività lavorativa sul tetto…, desunta dal materiale e dall’attrezzatura ivi rinvenuta, più attiva dal 2009 ed essendo l’attività di artigiano edile del preteso titolare cessata sin dal  2003, senza che alcuna rilevanza assuma la proprietà, in capo esecutore materiale ovvero al committente, dell’attrezzatura a tal fine  utilizzata. L’insussistenza  dei titoli di idoneità prescritti dalla legge  in capo alla ditta  esecutrice dell’opera, la cui verifica configura adempimento preliminare da parte del committente rispetto quella dei effettuarsi in concreto in relazione alla capacità rispetto alla tipologia dell’attività commissionata, consente di ritenere che la sentenza impugnata, espressasi in conformità alle fondamentali regole di ermeneutica probatorie con procedimento idoneo a fornire piena contezza dell’iter  logico giuridico dal  quale è derivato il convincimento espresso, sia scevra dai vizi lamentati sul piano motivazionale.”

© massimo ginesi 2 marzo 2017

 

il committente che non verifica l’idoneità dell’appaltatore risponde di omicidio colposo

E’ obbligo del committente accertarsi che l’impresa scelta per i lavori abbia i requisiti di idoneità richiesti per lo svolgimento dell’opera che gli viene affidata e che in cantiere vengano rispettate le norme minime di sicurezza, poiché ove così non sia e accada un infortunio mortale di tale evento sarà chiamato a risponderà anche chi ha commissionato l’opera.

Lo ha ribadito la Cassazione penale, con una lunga ed articolata disamina, nella sentenza 263/2016 della quarta sezione penale depositata in data 1.6.2016.

La pronuncia compie una accurata disamina degli obblighi del committente, con riferimento al principio della culpa in eligendo e della cupola in vigilando e merita attenta lettura anche da parte dell’amministratore di Condominio che, con frequenza, può trovarsi ad impersonare quel ruolo che implica ben precise responsabilità  anche sotto il profilo penale.

Osserva in particolare  la corte che, ai fini della responsabilità,   “rilevanti devono considerarsi i criteri seguiti dal committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera (quale soggetto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge e della capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa); fondamentale è poi l’accertamento di situazioni di pericolo così evidenti e macroscopiche da non poter essere ignorate da un committente sovente presente in cantiere”.

Il giudice di legittimità sottolinea che “Sul punto, deve rilevarsi che l’art. 3, co. 1, d. lgs. 495/96 richiama il committente a d attenersi ai principi e alle misure generali di tutela di cui all’art. 3 del d. lgs. 6 26/ 94 e che, parallelamente, il comma 9 lett. a) dell’art. 90 citato prevede, in a dempimento dell’obbligo di verifica da parte del committente, la presentazione, da parte del datore di lavoro, del certificato d’iscrizione alla Ca mera di commercio, industria e artigia nato e del documento unico di regolarità contributiva, corredato però dalla autocertificazione sul possesso degli altri requisiti di cui all’allegato X VII.
Il citato allegato riguarda, per l’appunto, l’idoneità tecnico professiona le dell’impresa e contiene un espresso richiamo alla documenta zione minima che il datore di lavoro deve esibire al committente o al responsabile dei lavori, ove nominato. Vi figurano, oltre alla iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato, anche il il documento di valutazione dei rischi (lett. b), la specifica documentazione attesta nte la conformità alle disposizioni di cui al decreto dispositivi di protezione individuali forniti ai lavora tori (lett. d), la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione e delle altre figure preposte alla prevenzione dei rischi nel cantiere ( lett. e), gli attestati inerenti la formazione (lett. g), oltre all’elenco dei lavora tori e al documento unico di regolarità contributiva (lett. h e i).”

Anche in presenza di opere che non comportano l’obbligo di nomina di soggetti responsabili per la sicurezza, al committente rimane un obbligo di vigilanza sia in sede di scelta dell’impresa che durante l’esecuzione delle opere: la responsabilità va individuata “sia con riferimento alla scelta della ditta appaltatrice, tenuto conto degli obblighi di verifica imposti dall’art. 3 co. 8 del d lgs. 494/96, che sulla scorta dell’omesso controllo dell’adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nel caso di specie totalmente omesse. Tali misure non devono essere approntate dal committente, rientrando certamente nel novero degli obblighi propri del datore di lavoro, ma la loro concreta adozione da parte di costui deve essere verificata e, in caso di accertata omissione, pretesa dal committente.”

Importante il passaggio in cui la Corte sottolinea la rilevanza causale della condotta del committente nella verificazione dell’evento: “La riscontrata inadeguatezza dimensionale dell’impresa con impiego di lavoratori \ irregolari, a fronte della entità e tipologia dell’opera in esecuzione, in uno con le macroscopiche irregolarità del cantiere, palesemente ed immediatamente evidenti, ) imponevano l’esercizio dei poteri di inibizione propri del committente, la cui attivazione avrebbe pertanto scongiurato l’evento verificatosi proprio a causa di tali inadeguatezze ed inadempienze. “

Suona strano sottolinearlo nell’anno 2016, ma nel caso di specie si trattava di lavori edili eseguiti in maniera  del tutto garibaldina da parte di un appaltatore che utilizzava lavoratori “in nero” e senza alcuna protezione in lavorazioni in quota, circostanza che – da sola – è idonea ad evidenziare profili in cui l’amministratore professionista non dovrebbe mai trovarsi, senza necessità dell’analisi giurisprudenziale.

Tuttavia i principi generali espressi dalla Corte si rivelano di grande interesse al fine di  comprendere con chiarezza gli obblighi e le responsabilità connesse ad un ruolo di grande delicatezza.

© massimo ginesi giugno 2013