la vicenda trae origine da una lettera inviata da un tecnico all’amministratore di una multiproprità, in cui costui appellava come “mentecatto” il destinatario, rivendicando onorari che l’offeso riteneva non dovuti.
Va rilevato che l’ingiuria, ai sensi del Dlgs 7/2016, è stata depenalizzata ed è divenuta illecito con sanzione amministrativa, mentre la diffamazione mantiene rilevanza penale.
La Corte di Cassazione penale, V sez., con sentenza 15 marzo 2016 n. 18919 ha affermato che nel caso «l’offesa sia contenuta in una missiva diretta ad una pluralità di destinatari, oltre l’offeso, non può considerarsi concretata la fattispecie dell’ingiuria aggravata dalla presenza di altre persone, proprio per la non contestualità del recepimento delle offese medesime per la conseguente maggiore diffusione delle stesse».
La Corte sottolinea che deve ritenersi sussistente il reato di diffamazione poiché la lettera era stata indirizzata ad un soggetto senza la certezza che quel soggetto fosse ancora l’amministratore del Condominio, inviata a costui impersonalmente e senza la dicitura “personale riservata” e, quindi, «nella piena consapevolezza che la stessa poteva essere posta a conoscenza anche di altre persone e che comunque sarebbe stata protocollata agli atti dell’amministrazione a disposizione di chiunque vi potesse accedere» (Cassazione, sentenza 18919/2016).
Sulla diffamazione in condominio la Suprema Corte si è già espressa in diverse occasioni: è stato ritenuto responsabile di diffamazione l’amministratore che aveva riportato in una lettera diretta a tutti i condomini espressioni ingiuriose pronunciate durante l’assemblea nei confronti di due condomini. (Cass. Pen. n. 44387/2015); è stato ritenuto penalmente illecito anche l’aver affisso nel portone del condominio i nominativi dei morosi perché «non vi è alcun interesse da parte di terzi alla conoscenza di quei fatti, anche se veri» (Cass. Pen. n. 39986/2014).
qui la sentenza del 2016
© massimo ginesi giugno 2016