E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Perugia (ord. 20 dicembre 2021) all’esito di un giudizio cautelare in cui un condomino lamentava che gli fosse stato sospeso il servizio di acqua calda sanitaria, da ritenersi essenziale ai bisogni quotidiani dell’individuo.
Il Tribunale, con interessante (ma non del tutto condivisibile) parallelismo con la normativa pubblicistica giunge alla conclusione che l’acqua in quanto tale sia servizio essenziale, la cui erogazione non potrebbe essere interrotta, mentre l’acqua calda ben può essere sospesa al moroso, non sussistendo alcuna norma o esigenza vitale primaria che lo impediscano.
E’ quanto stabilito dal Tribunale di Bergamo (sentenza 31 dicembre 2020 n. 1294), nell’opposizione promossa da un condomino moroso, che aveva versato acconti dopo l’emissione del decreto richiesto dal condominio e prima della sua notifica, eccependo l’illegittimità della condotta del condominio.
Il giudice osserva che “Nessun profilo di colpa o negligenza si configura nella richiesta di notifica dell’ingiunzione da parte del condominio che, considerato il pagamento parziale comunque minimo, in ogni caso successivo alla data di emissione del decreto, ha ridotto la pretesa creditoria senza azionarlo in sede esecutiva e dichiarando alla prima udienza”.
Il tribunale ha quindi confermato l’ordinanza ex articolo 186ter Codice procedura civile richiesta dal condominio in sede di opposizione condannando il condomino al pagamento del debito residuo (circa 5800 euro) oltre le spese processuali.
Il Condomino che non provvede al pagamento delle proprie quote per manutenzioni straordinarie e che, in virtù di tale omissione, perde il diritto alle relative agevolazioni fiscali non ha alcun diritto di rivalsa nei confronti del condominio.
Ei principio condivisibilmente affermato da una recente pronuncia di legittimità, Cass.civ. sez. VI-2 ord. 8 giugno 2020 n. 10845 rel. Scarpa: “Il singolo condomino che, in ipotesi di lavori eseguiti su parti condominiali, non abbia in concreto provveduto ai relativi pagamenti, contestando la sussistenza del proprio obbligo di contribuzione (nella specie, per essere state le opere di manutenzione commissionate da altri comproprietari, in mancanza di un amministratore), e non si sia potuto perciò avvalere delle detrazioni in ragione della spesa sostenuta per l’intervento edilizio, in forza della L. 27 dicembre 1997, n. 449, art. 1, non può accampare alcuna pretesa risarcitoria nei confronti dell’intero condominio, essendo stato proprio l’inadempimento dell’interessato la causa che ha determinato la perdita della facoltà di detrarre il relativo costo dall’imposta sul reddito delle persone fisiche.
A riguardo di tale profilo, la ricorrente, nello sviluppo della censura ed ancora con la memoria ex art. 380-bis c.p.c., comma 2, fa riferimento a una “guida fiscale alle ristrutturazioni edilizie dell’Agenzia delle Entrate”, che viene anche prodotta (in violazione del divieto di cui all’art. 372 c.p.c.), ovvero ad una circolare del Ministero delle Finanze (atti, evidentemente, che non costituiscono fonti normative, ma prassi amministrative, dalle quali non discendono perciò diritti ed obblighi), per dedurre l’esistenza di un obbligo di preventivo invio della comunicazione di inizio lavori e della delibera assembleare di approvazione dell’intervento sulle parti comuni e ripartizione spese, al fine di poter fruire delle agevolazioni fiscali.
Si tratta di dati fattuali, allegati per fondare una responsabilità risarcitoria del condominio (e, per esso, dell’amministratore), che non risultano dal testo della L. 27 dicembre 1997, 449, art. 1 e rivelano perciò, in questa sede, carattere di inammissibile novità, non adempiendo la ricorrente a specificare, agli effetti dell’art. 366 c.p.c., comma 1, in quale atto dei pregressi gradi di merito tale questione fosse stata utilmente e tempestivamente dedotta.”
Il condomino che non versi i contributi per un semestre, ed incorra dunque in una significativa morosità, può vedersi sospesi i servizi condominiali dei quali sia suscettibile un utilizzo separato, ai sensi dell’art. 63 comma III disp.att. cod.civ.
Anche laddove sia dunque possibile interromperei il servizio al solo moroso, senza arrecare disagio agli altri condomini, l’amministratore non potrà procedere in tal senso quando la sospensione finirebbe per incidere negativamente su un bene essenziale, costituzionalmente tutelato, come la salute.
Lo ha stabilito il Tribunale di Bologna 15 settembre 2017 , rigettando un ricorso ex art 700 cod.proc.civ. con cui col condominio chiedeva di essere autorizzato ad interrompere i servizi di riscaldamento e acqua, oltre a quello di antenna centralizzata, nei confronti di una condomina morosa da lunghissimo tempo, contro la quale era stato ottenuto decreto ingiuntivo e iniziata esecuzione immobiliare, che si profilava comunque infruttuosa per l’intervento di un creditore fondiario che vantava un privilegio per somme decisamente superiori al valore stesso dell’immobile oggetto di espropriazione forzata.
Il giudice osserva tuttavia che, pendendo già l’espropriazione forzata, il condominio può comunque ottenere tutela chiedendo al giudice dell’esecuzione la sostituzione del condomino moroso nominato custode.
il Tribunal osserva che “Documentalmente pacifica la durata ultrasemestrale della morosità riferibile alla condomina S ed altrettanto incontestabile la possibilità di godimento separato dei servizi comuni di riscaldamento e acqua, sussistono senz’altro astrattamente i presupposti applicativi dell’art. 63, 3° comma, Disp. Att. c.c., in forza del quale, per l’appunto, “in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre, l’amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato”.
Senonché da tempo dottrina e giurisprudenza – con risultati, peraltro, divergenti – si sono interrogati sulla necessità o meno di distinguere – a fronte dell’interesse meramente economico del Condominio – fra servizi “essenziali” e non essenziali in funzione della preminente tutela del diritto alla salute, costituzionalmente tutelato (art. 32 Cost.).
Proprio con riferimento al servizio di riscaldamento ed acqua si sono così confrontati gli orientamenti negativi alla sospensiva in parola per i diritti primari costituzionalizzati (Trib. Brescia 29.9.2014; Trib. Milano 24.10.2013) e quelli positivi (Trib. Roma 27.6.2014; Trib. Alessandria 17.7.2015; Trib. Brescia 17.2.2014 e 21.5.2014), tutti valorizzanti l’aspetto assimilativo della fattispecie al rapporto diretto fra ente erogatore ed utente.
Questo Giudice ritiene di aderire al primo orientamento, non senza sottolineare che dei servizi “essenziali” ha tenuto conto anche la legislazione statale, che, per quanto riguarda il servizio acqua, con il D.P.C.M. 29.8.2016 (Disposizioni in materia di contenimento della morosità nel servizio idrico integrato) ha comunque stabilito che ai soggetti indigenti, seppur morosi, va comunque garantita una fornitura di 50 litri al giorno pro capite.
Ovviamente non è servizio essenziale l’utilizzo dell’antenna televisiva centralizzata, salvo ad osservare che parte ricorrente non ha allegato alcuno specifico costo ordinario in ordine alla stessa.
Quanto in premessa è senz’altro dirimente, apparendo comunque opportuno considerare, sotto altro profilo, che – quanto meno per i servizi comuni principali sopra indicati – l’istituto qui in discussione va in ogni caso riguardato come extrema ratio e che tale situazione non sembra ravvisabile allorché – come nella specie – il Condominio abbia attivato, con il pignoramento, una procedura esecutiva immobiliare nei confronti del condomino moroso, con due conseguenti effetti: a) la possibilità di chiedere al G.E. la sostituzione immediata del custode del bene pignorato in vece del debitore esecutato, con conseguente acquisizione dei frutti derivanti dalla locazione dello stesso oltre che il pagamento delle spese condominiali relative; b) l’attivazione del nuovo custode in ordine alla liberazione dell’immobile, fra l’altro, in caso di inadempienza ai predetti obblighi.”
Una recentissima pronuncia della Cassazione (Cass.civ. sez. VI-2 9 giugno 2017 .n. 14530 rel. Scarpa) traccia i contorni dell’obbligazione condominiale da ricondurre alla fattispecie della obbligazione parziaria e chiarisce le corrette modalità di adempimento della stessa, che deve ritenersi correttamente assolta dal singolo condomino con il pagamento a mani dell’amministratore, non potendosi riconoscere efficacia liberatoria al pagamento effettuato direttamente a mani del terzo creditore.
Un terzo creditore, ottenuto decreto nei confronti del Condominio, notifica precetto pro quota al condomino che, tuttavia, aveva nel frattempo versato la quota di propria spettanza all’amministratore, e pertanto, propone opposizione al precetto. Il Giudice di Pace in primo grado e il Tribunale in sede di appello accolgono l’opposizione, sull’assunto ” che il condomino paga bene la sua quota di contribuzione alle spese comuni nelle mani dell’amministratore ove, come nella specie, a tanto abbia provveduto prima ancora dell’inizio della procedura esecutiva nei suoi confronti”
Il creditore propone ricorso per cassazione, sostenendo che debba essere rimeditato l’assunto della parziarietà dell’obbligazione condominiale e che il pagamento effettuato dal condomino all’amministratore non possa aver effetto nei suoi confronti.
La Suprema Corte respinge il ricorso offrendo interessanti spunti di riflessione su un tema di grande rilievo e che conferma l’impianto concettuale prospettato dalle Sezioni unite nel 2008 con la famosa sentenza Corona: “Il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto oggetto di causa in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte, espressa da Cass. Sez. U, Sentenza n. 9148 del 08/04/2008, ad avviso della quale: “In riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio – la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie”.
“L’esame dei primi due motivi di ricorso non offre elementi per mutare tale orientamento.
In astratto, è condivisibile che la nozione di divisibilità o di indivisibilità, anche in un’obbligazione soggettivamente complessa, concerne la prestazione, ossia la sua suscettibilità di essere eseguita per parti, e non il vincolo soggettivo tra i condebitori.Sicché un’obbligazione soggettivamente complessa può ritenersi parziaria, e quindi scindersi in tante obbligazioni quanti sono i debitori, ognuno dei quali resta obbligato per la sua parte, soltanto se la solidarietà sia espressamente negata dalla volontà delle parti o dalla legge.
E’, tuttavia, proprio la stretta correlazione esistente tra l’obbligo dei condomini di sostenere le spese condominiali ed il diritto dominicale che lega pro quota il singolo partecipante alle parti ed ai servizi comuni, che comporta che il condomino debba vedere limitata la misura della propria responsabilità in rapporto alla misura della propria partecipazione.In tal senso, il criterio di ripartizione parziario delle spese, ex art. 1123 c.c., attiene, appunto, alla fase costitutiva dell’obbligo di contribuzione del singolo, e non a quella della sua opponibilità ai terzi.
Né ha rilievo Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21907 del 21/10/2011, la quale ha riconosciuto il debito solidale dei comproprietari di un’unità immobiliare nei confronti del condominio per il pagamento degli oneri condominiali relativi alla loro intera porzione intesa come cosa unica. Questa pronuncia non contraddice il principio enunciato da Cass Sez. Un. n. 9148 del 2008, riguardando essa la diversa problennatica delle obbligazioni contratte dal rappresentante del condominio verso i terzi e non la questione relativa al se le obbligazioni dei comproprietari inerenti le spese condominiali ricadano o meno nella disciplina del condebito ad attuazione solidale.
Si ha riguardo, nel caso in esame, a fattispecie sottratta ratione temporis all’applicabilità dei primi due commi dell’art. 63 disp. att. c.c. come riformulati dalla legge n. 220/2012.
Occorre considerare come, ogni qual volta l’amministratore contragga con un terzo, coesistono distinte obbligazioni, concernenti, rispettivamente, l’intero debito e le singole quote, facenti capo la prima al condominio, rappresentato appunto dall’amministratore, e le altre ai singoli condomini, tenuti in ragione e nella misura della partecipazione al condominio ai sensi dell’art. 1123 c.c.
In particolare, il terzo creditore può agire nei confronti del condomino moroso per ottenerne il pagamento della rispettiva quota di partecipazione alla spesa, ma sempre che e fintanto che questa sia inadempiuta. Presupposto per l’azione diretta portata dal terzo creditore nei confronti del singolo condomino è, quindi, che questi non abbia adempiuto al pagamento della sua quota dovuta ex art. 1123 c.c. all’amministratore fino ancora al momento il cui il giudice emetta la sua sentenza di condanna.
Di tal che, questa Corte ha affermato che il singolo condomino è pur sempre obbligato a pagare al condominio, e non al terzo, le spese dovute in forza dei criteri di riparto ex lege o da convenzione, né può utilmente opporre all’amministratore che il pagamento sia stato da lui effettuato direttamente al terzo, in quanto, si assume, ciò altererebbe la gestione complessiva del condominio (Cass. Sez. II, 29 gennaio 2013, n. 2049).
Altrettanto, si è affermato in giurisprudenza (Cass. Sez. VI-2, 17 febbraio 2014, n. 3636) che l’amministratore è l’unico referente dei pagamenti relativi agli obblighi assunti verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, di tal che il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non sarebbe comunque idoneo ad estinguere il debito “pro quota” dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c.
Il pagamento effettuato, pertanto, dal condomino L. P. all’amministratore del Condominio di via F. della propria quota di spese relative alla manutenzione dell’edificio condominiale non poteva lasciare lo stesso L.P. ancora debitore per lo stesso importo verso N. B., creditore della gestione condominiale.”