Il divieto di nomina dell’amministratore revocato vale solo per l’esercizio successivo

Lo afferma una pronuncia toscana (Trib. Prato 7.9.2023 n. 599) che, con condivisibili argomenti, chiarisce anche che il mero richiamo al compenso degli anni precedenti – dichiarato noto ma non espresso –  non vale ad evitare la nullità della nomina dell’amministratore (interessante anche il rilievo sulla procedibilità dell’accertamento della nullità, pur non dedotta in mediazione, e volta a respingere una bizzarra eccezione delle parti) .

si deve rilevare che, secondo il costante orientamento interpretativo della Corte di Cassazione, il divieto posto dal richiamato art. 1129, c. 13 c.c. a che l’assemblea dei condomini nomini nuovamente l’amministratore revocato giudizialmente è solo temporaneo (non comprimendo definitivamente il diritto dello stesso di ricevere l’incarico) in quanto riguarda soltanto la designazione assembleare immediatamente successiva al decreto di rimozione (cfr. tra le tante Cass. 02/02/2023, n. 3198).

L’attore ha quindi censurato la nullità della deliberazione in quanto asseritamente in violazione del disposto dell’art. 1129, c. 14 c.c. poiché non specifica l’importo dovuto a titolo di compenso. ..

L’art. 1129, c. 14 c.c. (ai sensi della quale “l’amministratore, all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, deve specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta”) prevede un’ipotesi di nullità testuale della delibera di nomina dell’amministratore condominiale che non rechi (con le precisazioni che saranno di seguito effettuate) la specifica indicazione del suo compenso. Proprio perché la sanzione prevista è quella della nullità (e non dell’annullamento) la contestazione di tale profilo di censura non soggiace al termine decadenziale di 30 giorni, che l’art. 1137, c. 2 c.c. impone esclusivamente per la proposizione dell’azione di annullamento.

Orbene, né la disciplina del codice di procedura civile né tanto meno quella relativa alla mediazione prevede che il giudice che abbia sollevato d’ufficio un’eccezione in una controversia avente ad oggetto una materia per cui la mediazione è condizione di procedibilità, sia tenuto (a pena di improcedibilità del giudizio stesso) a far esperire alle parti un nuovo procedimento di mediazione, dovendo limitarsi ad assicurare che le parti possano prendere posizione su detto rilievo nel pieno rispetto del contraddittorio.

Ma se in caso di rilievo d’ufficio non sussiste alcun obbligo di esperire un nuovo ed ulteriore tentativo di mediazione, la previsione di una imposizione contraria ove il medesimo rilievo sia stato effettuato dalla parti non appare giustificato né giustificabile. Passando quindi al merito della censura, si rileva che a seguito della riforma introdotta con la L. n. 220/2012, la costituzione di un valido rapporto di amministrazione condominiale richiede la sussistenza di un documento, approvato dall’assemblea, che rechi l’importo dovuto a titolo di compenso; la Corte di Cassazione ha evidenziato che detto requisito formale può ritenersi soddisfatto anche in presenza di un richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso (cfr. Cass. 22/04/2022, n. 12927). Tale previsione mira a garantire la massima trasparenza ai condomini e a renderli edotti delle singole voci di cui si compone l’emolumento dell’organo gestorio al momento del conferimento del mandato, è tassativa e non ammette equipollenti.

Nel caso di specie al punto 2 della delibera del febbraio 2022 si legge che “i condomini presenti all’unanimità respingono le dimissioni e riconfermano l’attuale amministratore confermando anche il preventivo di spese annuali di loro conoscenza”. Lo scrivente Tribunale non ritiene che detta dizione soddisfi i requisiti imposti dalla citata previsione legislativa in ragione della sua genericità; né tanto meno nella nomina del febbraio 2022 può leggersi alcun rinvio al preventivo allegato sub lett. A) alla delibera del 17/05/2021, posto che il dato testuale della delibera impugnata non offre alcun indizio della coincidenza tra il “preventivo di spese annuale” dalla stessa richiamato e il preventivo allegato alla delibera del maggio 2021.

Il fatto, poi, che l’importo richiesto dall’amministratore a titolo di compenso fosse uguale a quello degli anni precedenti non permette di ritenere sanata l’omessa indicazione dello stesso nella delibera di nomina.

cappotto termico: quando la delibera è nulla

la decisione assembleare con la quale il Condominio decide di procedere all’installazione del c.d. cappotto termico può incorrere in vizi di nullità ove preveda una significativa incidenza dell’installazione sul decoro dell’edificio o una riduzione dello spazio utile dei balconi individuali.

in tal senso si è espressa di recente una pronuncia di merito (il Tribunale Sulmona 1.8.2023 n. 234) osservando che “nel caso di specie-, dall’analisi della documentazione fotografica e del progetto approvato per i lavo:ri di manutenzione, risuJta che i pannelli per l’istallazione del cappotto te:rmico verranno applicati sulla facciata modificandone completamente l’aspetto esteriore (in particolare eliminando la parete in pietra e quella con mattoni a vista). E’ evidente che l’intervento deliberato altera sensibilmente la fisionomia dell’intero edificio e della facciata stessa, ragion per cui modifica/altera in maniera evidente il decoro architettonico dell’edificio, rendendo la delibera, che lo approva solo a maggioranza dei condomini, nulla perché contraria all’art. 1120 c.c.

Osserva ancora il Tribunale che “anche volendo superare la questione dell’alterazione del decoro architettonico dell’edificio, in ogni caso la delibera, al punto 3 dell’ordine del giorno, è nulla in quanto approva un intervento che incide sulla proprietà esclusiva dei condomini senza che vi sia stato il loro consenso unanime.

Come evidenziato dai ricorrenti, infatti, l’intervento di istallazione del cappotto termico sopra descritto, oltre a modificare la facciata dell’edificio condominiale, comporta una riduzione considerevole della profondjtà del terrazzino di proprietà esclusiva dei condomini, con w1.a riduzione dello spazio da 62 cm a 46/47 cm oltre che una modifica della ringhiera attualmente presente.”

Nel senso della pronuncia in commento si  pongono diversi recenti arresti (Cass. civ. 17920/2023, Trib. Roma 11708/2023).

© MG 18.9.2023

l’assemblea non può maggiorare le spese di ascensore per l’unità immobiliare destinata ad ufficio

E’ quanto ribadisce Cass.civ. sez. II  ord. 18.7.2023 n. 20888 rel. Scarpa, facendo applicazione di principi consolidati in materia.

Osserva la Corte che “E’ dunque nulla la delibera condominiale adottata a maggioranza degli aventi diritto (quale quella di cui al punto 3 della riunione del 5 novembre 2008 oggetto di causa), con cui l’assemblea (nella specie, “preso atto dei disagi provocati dall’ufficio” sito in una delle unità immobiliari di proprietà esclusiva) stabilisca un onere maggiorato di contribuzione alle spese di gestione dell’impianto di ascensore, sul presupposto della più intensa utilizzazione, rispetto agli altri, del bene comune, in quanto la modifica dei criteri legali (nella specie, ex art. 1124 c.c.) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese richiede il consenso di tutti i condomini, e perciò una convenzione (eventualmente tradotta in una delibera assembleare totalitaria, conclusa con l’intervento e con il consenso di tutti i componenti del condominio), ed anche perché il criterio di riparto in base all’uso differenziato, derivante dalla diversità strutturale della cosa, previsto dal comma 2 dell’art. 1123 c.c., non è applicabile alle spese generali, né in particolare alle spese di funzionamento dell’ascensore, con riguardo alle quali l’applicazione dell’art. 1124 c.c. già consente di tener conto del più intenso uso in proporzione all’altezza dei piani.

Il comma 2 dell’art. 1123, allorché disciplina il riparto delle spese “in proporzione all’uso”, riguarda il caso in cui la cosa comune sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa, inferiore o superiore al loro diritto di condominio, e non dipende, invece, dal godimento effettivo che il singolo partecipante tragga in concreto dal bene in dipendenza del soddisfacimento delle proprie esigenze abitative o professionali, correlate all’attuale destinazione impressa all’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva (cfr. Cass. n. 1511 del 1997; n. 6359 del 1996; n. 5179 del 1992; n. 13160 del 1991).

12. Sempre in base ai principi enunciati da Cass. Sez. Unite 14 aprile 2021, n. 9839, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.; ne consegue l’inammissibilità, rilevabile d’ufficio, dell’eccezione con la quale l’opponente deduca soltanto vizi comportanti l’annullabilità della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione senza chiedere una pronuncia di annullamento.”

appare interessante il corollario che deriva da tale interpretazione, con riguardo ai rendiconti che risultino successivamente predisposti in forza di una criterio di imputazione in deroga alla legge e, quindi,  derivante da delibera nulla La dichiarazione di nullità della delibera dell’assemblea condominiale con cui si approva a maggioranza un criterio derogatorio al regime legale di ripartizione delle spese non genera, quindi, una nullità per propagazione dei rendiconti successivi ad essa che abbiano fatto applicazione di tale criterio. Piuttosto, una volta conseguita la dichiarazione di invalidità di un rendiconto che abbia suddiviso le spese facendo applicazione di un criterio convenzionale illegittimo, sorge in sede di predisposizione dei rendiconti per gli esercizi successivi l’onere per l’amministratore di tener conto delle ragioni di detta invalidità, ovvero di correggere i bilanci successivi a quello annullato, sottoponendo quelli rettificati nuovamente all’approvazione dell’assemblea (come può argomentarsi dall’art. 2434-bis c.c., dettato in tema di società).”

© MG 4.9.2023

nulla la nomina dell’amministratore se non indica il compenso

Lo afferma recentissima pronuncia della corte di legittimità (Cass.civ. sez. II   22 aprile 2022 n. 12927, rel. Scarpa): ai sensi dell’art. 1129 c.c. la liceità della nomina dell’amministratore comporta, a pena di nullità, che costui indichi analiticamente il proprio  compenso e  che tale emolumento sia approvato dall’assemblea, con espressa menzione  nel verbale della delibera di nomina, che può avvenire anche per richiamo a specifico documento allegato;  non soddisfa invece tale requisito la mera approvazione del rendiconto che semplicemente rechi tale voce.

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© massimo ginesi 27 aprile 2022

 

annullabile la delibera che approva rendiconto non conforme all’art. 1130 bis c.c.

La delibera che approva un rendiconto non conforme ai criteri dettati dall’art. 1130 bis c.c. non riveste alcun profilo di nullità ed è annullabile, laddove la domanda sia proposta  nel termine previsto dall’art. 1137 c.c.

la norma sul rendiconto non sanziona con la nullità il documento contabile eventualmente carente del registro di contabilità, del riepilogo finanziario e della nota sintetica esplicativa, non potendo questi ultimi qualificarsi come elementi essenziali.

Lo afferma il Tribunale di Pisa con sentenza 3 agosto 2021 n. 1140.

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nulla la delibera che approvi costruzioni nella colonna d’aria sovrastante il cortile comune

Un condomino costruisce una tettoia in aggetto sul cortile comune, costruzione approvata dall’assemblea condominiale a maggioranza: il Giudice (Tribunale Terni 22 settembre 2021 n. 762), in linea con la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. 3098/2005; Cass. 3942/1991) ritiene che il deliberato sia affetto da nullità assoluta, rilevabile d’ufficio.

Negli edifici in condominio la funzione del cortile è quella di fornire aria e luce alle unità abitative che vi prospettano; pertanto lo spazio aereo ad essi sovrastante non può essere occupato dai singoli condomini con costruzioni proprie in aggetto, “non essendo consentito a terzi, anche se comproprietari insieme ad altri, ai sensi dell’art. 840 c.c., comma 3, l’utilizzazione ancorchè parziale a proprio vantaggio della colonna d’aria sovrastante ad area comune, quando la destinazione naturale di questa ne risulti compromessa. La costruzione di manufatti nel cortile comune di un fabbricato condominiale, pertanto, è consentita al singolo condomino solo se non alteri la normale destinazione di quel bene, non anche quando si traduca in corpi di fabbrica aggettanti, con incorporazione di una parte della colonna d’aria sovrastante ed utilizzazione della stessa a fini esclusivi”

© massimo ginesi 5 ottobre 2021 

nulla la delibera condominiale in edificio sottoposto a sequestro penale preventivo

Lo afferma Cass.civ. sez. II  20 agosto 2021 n. 23255 rel. Scarpa, osservando che ” il sequestro preventivo penale avente oggetto le unità immobiliari di proprietà esclusiva e le parti comuni di un edificio condominiale, per le quali sia nominato un custode, in difetto di contraria indicazione contenuta nel provvedimento, e attesa la funzione tipica di detta misura stabilita dall’art. 321 c.p.p., colpisce sia i diritti e le facoltà individuali inerenti al diritto di condominio, sia le attribuzioni dell’amministratore, sia i poteri conferiti all’assemblea in materia di gestione dei beni comuni, con conseguente nullità della deliberazione da questa approvata nel periodo di efficacia del sequestro.”

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© massimo ginesi 15 settembre 2021

le sezioni unite statuiscono su opposizione a decreto ingiuntivo e nullità/annullabilità della delibera condominiale

Le Sezioni Unite della Corte di legittimità, con pronuncia odierna (Cass.civ. sez. un. 14 aprile 2021 n. 9839) hanno deciso la questione a loro rimessa con ordinanza 1 ottobre 2019     .

La Corte  ha confermato l’orientamento che riteneva nulla la delibera che modifichi scientemente i criteri di riparto e annullabile quella che invece li applichi erroneamente, chiarendo che la nullità della prima può essere rilevata d’ufficio del giudice anche in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, mentre sono annullabili quelle che provvedano alla ripartizione della spesa in modo erroneo e non conforme ai criteri di legge.

In tale ultima ipotesi il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo potrà statuire anche sull’annullamento del deliberato solo ove la relativa azione sia tempestivamente proposta  dalla parte nel termine di cui all’art. 1137 c.c.

Questi i principi espressi dal massimo consesso, anche se il provvedimento – per l’ampio excursus interpretativo – merita lettura integrale:

«In tema di condominio negli edifici, sono affette da nullità, deducibile in ogni tempo da chiunque vi abbia interesse, le deliberazioni dell’assemblea dei condomini che mancano ab origine degli elementi costitutivi essenziali, quelle che hanno un oggetto impossibile in senso materiale o in senso giuridico – dando luogo, in questo secondo caso, ad un “difetto assoluto di attribuzioni” – e quelle che hanno un contenuto illecito, ossia contrario a “norme imperative” o all’ordine pubblico” o al “buon costume”; al di fuori di tali ipotesi, le deliberazioni assembleari adottate in violazione di norme di legge o del regolamento condominiale sono semplicemente annullabili e l’azione di annullamento deve essere esercitata nei modi e nel termine di cui all’art. 1137 cod. civ.»;

– «In tema di deliberazioni dell’assemblea condominiale, sono nulle le deliberazioni con le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i generali criteri di ripartizione delle spese previsti dalle legge o dalla convenzione, da valere per il futuro, trattandosi di materia che esula dalle attribuzioni dell’assemblea previste dall’art. 1135, numeri 2) e 3), cod. civ. e che è sottratta al metodo maggioritario; sono, invece, meramente annullabili le deliberazioni aventi ad oggetto la ripartizione in concreto tra i condomini delle spese relative alla gestione delle parti e dei servizi comuni adottate senza modificare i criteri generali previsti dalla legge o dalla convenzione, ma in violazione degli stessi, trattandosi di deliberazioni assunte nell’esercizio delle dette attribuzioni assembleari, che non sono contrarie a norme imperative, cosicché la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza previsto dall’art. 1137, secondo comma, cod. civ.»

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 © massimo ginesi 14 aprile 2021 

REGISTRO INI-PEC E NOTIFICHE : LA CASSAZIONE CI RIPENSA…

La suprema Corte, con due infelici provvedimenti ( Cass. 24160/2019 e 3709/2019), sembrava aver affermato che le notifiche effettuate agli indirizzi estratti dal registro INIPEC dovessero ritenersi nulle.

I provvedimenti, che nel web sono stati letti con una certa disinvoltura, riguardavano casi ben specifici e la loro estensione alle notifiche tout court poteva anche non risultare del tutto legittima, certo era che il principio di diritto espresso dal giudice di legittimità rischiava di avere effetti deflagranti.

Con il recente provvedimento 24749/2019 la Suprema Corte pare ritornare sui propri passi, riconoscendo la legittimità dell’elenco INI-PEC quale registro pubblico, pur con una statuizione  che altrettanto non brilla per chiarezza.

Il Giudice di legittimità, con l’ordinanza n. 29749/2019 del 15 novembre, adotta  il procedimento di correzione d’errore materiale, rettificando  l’errato principio contenuto nell’ordinanza n. 24160/2019,  onde  “evitare che detto principio venga inteso come espressione di un effettivo convincimento esegetico della Corte nei termini in cui figura letteralmente espresso“.

Sicché, al di là delle espressioni usate, la Corte avrebbe voluto alludere, con riferimento al caso di quello estratto dall’INIPEC (ma non diversamente per quello estratto dal REGINDE) ad una mera inidoneità sul piano soggettivo, cioè per non essere esistenti indirizzi di tal fatta come riferibile al magistrato, nel Registro INIPEC (e nel registro REGINDE), cioè – in sostanza – per non essere presenti in detto registro (e nel REGINDE) indirizzi di domiciliazione elettiva del magistrato in servizio presso un tribunale in plessi organizzatori come quelli dei due indirizzi utilizzati.

l’affermazione generica della inattendibilità di quello che si definì elenco INIPEC, quale obiter dictum che, sebbene all’apparenza appoggiato al precedente, isolato, 3709 del 2019, non è suscettibile di mettere in discussione il principio, enunciato dalle S.U. n. 23620/2018 (ma nello stesso senso, già Cass. Civ. n. 30139/2017), per cui “In materia di notificazione al difensore, in seguito all’introduzione del “domicilio digitale”, previsto dall’art. 16 sexies del D.L. n. 179 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv. con modif. dalla L. n. 114 del 2014, è valida la notificazione al difensore eseguita presso l’indirizzo PEC risultante dall’albo professionale di appartenenza, in quanto corrispondente a quello inserito nel pubblico elenco di cui all’art. 6 bis del d.lgs. n. 82 del 2005, atteso che il difensore è obbligato, ai sensi di quest’ultima disposizione, a darne comunicazione al proprio ordine e quest’ultimo è obbligato ad inserirlo sia nei registri INI PEC, sia nel ReGindE, di cui al D.M. 21 febbraio 2011 n. 44, gestito dal Ministero della Giustizia» – voleva essere giustificata, in realtà, dalla rilevata non riferibilità soggettiva”.

Cass-297492019

© massimo ginesi 19 novembre 2019 

 

 

 

modifica del criterio di riparto e nullità della delibera: la questione alle sezioni unite?

Con ordinanza interlocutoria (Cass. civ. II 1 ottobre 2019 n. 24476 rel. Scarpa) è stata rimessa al Primo Presidente, affinchè valuti l’assegnazione alle sezioni unite,  la questione della nullità della delibera che disattenda i criteri legali di riparto, sia la rilevabilità di ufficio di tale vizio nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.

Il provvedimento è di significativo interesse, si inserisce in ampio dibattito giurisprudenziale e merita integrale lettura.

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© massimo ginesi 2 ottobre 2019