dissenziente e impugnazione della delibera: un problema di prova.

La delibera annullabile ex art. 1137 cod.civ. è impugnabile solo dal condomino assente o dissenziente. Ove dal verbale non risulti tale sua posizione, costituisce suo onere  darne prova, ai fini di dimostrare la sussistenza del requisito  soggettivo che legittima l’azione.

Il verbale fa stato solo delle dichiarazioni provenienti da coloro che l’hanno sottoscritto e pertanto è ammessa la dimostrazione con ogni mezzo di fatti diversi da quelli in esso riportati.

Lo afferma Cass. civ. sez. VI-2 9 maggio 2017 n. 13757 rel. Scarpa, con illuminante e lucidissima motivazione.

L’art. 1137, comma 2, c.c. ammette, del resto, l’impugnazione della delibera assembleare soltanto da parte dell’assente, del dissenziente e dell’astenuto; pertanto, il condomino presente che abbia partecipato all’assemblea non può impugnare la deliberazione, se non è dissenziente (o non si sia astenuto) proprio in ordine alla deliberazione che impugna. Il dissenso dell’impugnante rispetto alla deliberazione deve essere provato ed incombe sullo stesso l’onere della relativa prova (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3060 del 05/09/1969; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1079 del 16/04/1973)”

Il verbale di un’assemblea condominiale ha natura di scrittura privata, sicchè il valore di prova legale del verbale di assemblea condominiale, munito di sottoscrizione del presidente e del segretario, è limitato alla provenienza delle dichiarazioni dai sottoscrittori e non si estende al contenuto della scrittura, e, per impugnare la veridicità di quanto risulta dal verbale, non occorre che sia proposta querela di falso, potendosi, invece, far ricorso ad ogni mezzo di prova (arg. da Cass. Sez. 2, Sentenza n. 747 del 15/03/1973)”.

Incombe, tuttavia, sul condomino che impugni la delibera assembleare l’onere di sovvertire la presunzione di verità di quanto risulta dal relativo verbale (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 23/11/2016). La ricorrente non fa riferimento in ricorso ad alcuna sua specifica deduzione istruttoria volta a sovvertire la risultanza del verbale che riportava l’approvazione senza dissensi della delibera. Col secondo motivo, si allega soltanto l’omesso esame non di un fatto storico, ma di un elemento istruttorio (il CD rom audio della riunione), peraltro prospettandone una valenza non decisiva, in quanto da esso si trarrebbe pur sempre che non vi fu “votazione”, il che contrasta col dato documentale che registrava l’approvazione della delibera, e comunque non varrebbe a giustificare la mancata espressione sia pur soltanto di un dissenso preventivo nell’ambito delle discussioni preliminari da parte del rappresentante in assemblea della B.S.D. s.r.l.”

le tabelle millesimali si modificano a maggioranza solo in caso di errore o variazioni dell’edificio

La Cassazione (Cass. civ. 14 dicembre 2016 n. 25790)  esprime un principio ovvio e del tutto lineare in tema di tabelle millesimali.

La pronuncia è  riferita al testo previgente dell’art. 69 disp.att. cod.civ., può tuttavia essere di indubbio interesse anche per comprendere  la portata di detta norma dopo la riforma del 2012.

Il caso origina  dalla impugnativa di una delibera con cui il Condominio aveva approvato nuove tabelle rispetto a quelle sino a quel momento vigenti.

Alcuni condomini si dolgono che non fossero stati dedotti errori o variazioni significative e che pertanto l’adozione di quelle tabelle, a maggioranza, fosse del tutto arbitraria e non consentita.

Assai singolarmente il Tribunale di Messina, e poi la Corte d’Appello della stessa città,  avevano dato ragione al Condominio, osservando

– che le doglianze degli appellanti risultavano sfornite di prova perché non era stata dimostrata la violazione dell’art. 69 disp. att. cc nel testo previgente (applicabile alla fattispecie ratione temporis) e l’avvenuta approvazione delle nuove previsioni in assenza delle condizioni di legge;
– che parimenti la dedotta erroneità delle nuove tabelle non risultava supportata a alcun elemento di prova perché le censure risultavano generiche per mancata indicazione dei parametri da applicare e per mancanza di precisazioni sulla dedotta arbitrarietà e discrezionalità dei coefficienti utilizzati dal tecnico;
– che la censura sulla omessa misurazione delle unità immobiliari trovava smentita nei chiarimenti resi dal tecnico sulla determinazione dei valori effettuata sulla scorta delle planimetrie catastali previa verifica della correttezza delle misure direttamente sui luoghi.”

La Corte di legittimità, assai opportunamente, cassa la sentenza di secondo grado  con rinvio ad altra sezione della corte di merito, stabilendo un ovvio principe sostanziale e processuale:

L’articolo 69 delle norme di attuazione del codice civile, nella versione vigente ratione temporis, stabilisce che “i valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, nei seguenti casi:
1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;
2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta
portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano”.
La chiara formulazione della disposizione sta a significare che il diritto di chiedere la revisione delle tabelle millesimali è condizionato dall’esistenza di uno o di entrambi i presupposti indicati (1- errore; 2- alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano).
Logico corollario è che, in base alla regola generale dell’onere probatorio (art. 2697 cc), la prova della sussistenza delle condizioni che legittimano la modifica incombe su chi intende modificare le tabelle, quanto meno con riferimento agli errori oggettivamente verificabili (v. Sez. 2, Sentenza n. 21950 del 25/09/2013 Rv. 629207).
La Corte d’Appello di Messina si è però discostata da tale principio perché – esonerando del tutto il Condominio (che aveva deliberato la revisione) – ha addossato ai condomini la prova di fatti negativi (e cioè mancanza di errori nelle precedenti tabelle o assenza di alterazione del rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano) mentre invece, a fronte della contestazione sulla legittimità della revisione, avrebbe dovuto fare onere al Condominio che aveva deliberato la revisione di dimostrare la sussistenza delle condizioni che la giustificavano. “

Ne deriva che, anche alla luce della attuale disciplina, appaia confermata l’ipotesi di possibile revisione e modifica a maggioranza solo in presenza di errori o variazioni qualificanti (essendo invece sempre consentita all’unanimità).

© massimo ginesi 15 dicembre 2016