medizione obbligatoria: la cassazione (finalmente) rintuzza gli eccessi formalistici.

una importante sentenza della Cassazione ( Cass. civ. sez. III 27 marzo 2019 n. 8473) affronta per la prima volta la corretta interpretazione delle norme in tema di mediazione, in particolare per quel che attiene alla possibilità della parte di conferire mandato al proprio difensore di comparire all’incontro in propria vece  sostanziale oltre che quale assistenza tecnica obbligatoria, tesi che la fazione più rigida e formale della giurisprudenza di merito aveva radicalmente escluso.

La pronuncia di legittimità, correttamente, riconosce tale possibilità a fronte di specifica procura sostanziale, ma ciò che più rileva nell’analisi della Suprema Corte è una lettura costituzionalmente orientata che evita di rendere il procedimento di mediazione, specie laddove costituisca obbligatoria condizione di proedibilità, una forca caudina che di fatto renda più difficile l’esercizio dei propri diritti.

Fra le righe della pronuncia sembra trasparire anche un certo scetticismo nei confronti dello strumento di ADR quale effettivo toccasana per la riduzione del contenzioso (chi frequenta  abitualmente le aule di giustizia si sarà reso conto che in realtà i numeri sono drasticamente calati negli ultimi anni per una serie di fattori che, a leggere le statistiche ministeriali, paiono più imputabili ai costi astronomici di accesso alla giustizia e alla complessa congiuntura economica attuale più che all’efficacia degli strumenti approntati dal D.lgs 28/2010).

Ancor più interessante appare l’inciso in ordine al momento in cui può ritenersi effettivamente esperito il tentativo di mediazione e avverata la condizione di procedibilità: la corte di legittimità mostra di aderire anche in tal caso ad una lettura improntata ad agilità processuale e a garanzia del diritto costituzionale di difesa. 

CORTE DI CASSAZIONE – SENTENZA N. 8473 DEL 27 MARZO 2019

© massimo ginesi 28 marzo 2019 

la Corte europea si pronuncia sulla mediazione obbligatoria prevista dall’ordinamento italiano.

La Corte Europea è stata investita dal Tribunale di Verona della questione di legittimità del D.lgs 28/2010 laddove prevede l’esperimento della mediazione come condizione di procedibilità per determinate materie, ove comporta  obbligatoriamente l’assistenza dell’avvocato e conseguenze sfavorevole nel successivo giudizio di merito connesse  alla condotta tenuta dalle parti nel procedimento di mediazione.

Il contrasto attiene alla direttiva direttiva n. 11/2013, applicabile quando una delle due parti sia un consumatore (ed il Condominio tale è considerato dalla giurisprudenza).

Osserva la Corte di Giustizia UE con sentenza 14 giugno 2017 n. 457 che ” La direttiva 2013/11/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, che modifica il regolamento (CE) n. 2006/2004 e la direttiva 2009/22/CE (direttiva sull’ADR per i consumatori), dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, che prevede il ricorso a una procedura di mediazione, nelle controversie indicate all’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, come condizione di procedibilità della domanda giudiziale relativa a queste medesime controversie, purché un requisito siffatto non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario.

La medesima direttiva dev’essere invece interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, la quale prevede che, nell’ambito di una mediazione siffatta, i consumatori debbano essere assistiti da un avvocato e possano ritirarsi da una procedura di mediazione solo se dimostrano l’esistenza di un giustificato motivo a sostegno di tale decisione.”

Almeno per quei procedimenti in cui una delle parti sia qualificabile come consumatore la Corte individua dunque elementi di criticità del sistema normativo italiano.

Certamente in contrasto con la norma sovranazionale appare l’obbligo del difensore così come dovrà attentamente essere valutata la circostanza che dalla condotta delle parti in mediazione non derivino conseguenze nel successivo processo: “durante l’udienza, il governo italiano ha dichiarato che l’imposizione di un’ammenda da parte del giudice in un successivo procedimento è prevista soltanto in caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo alla procedura di mediazione, e non in caso di ritiro dalla medesima. Se così è, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, la direttiva 2013/11 non osta a una normativa nazionale che consente al consumatore di rifiutare di partecipare a una previa procedura di mediazione solamente per un giustificato motivo, purché egli possa porvi fine senza restrizioni successivamente al primo incontro col mediatore.”

© massimo ginesi 15 giugno 2017