Se le pensiline installate sopra a balconi di proprietà individuali hanno tale scopo primario quello di proteggere la facciata (accertamento in fatto demandato al giudice di merito), devono essere ritenute comuni a mente dell’art. 1117 cod.civ. e le relative spese di manutenzione vanno ripartite ai sensi dell’art. 1123 comma I cod.civ.
Non è consentito invece all’assemblea, salvo accordo unanime, adottare il criterio diverso di cui all’art. 1123 comma II cod.civ., individuando quote diverse di attribuzione della spesa in rapporto alla diversa utilità che i condomini traggono dal bene (nel caso di spese il 50% della spesa era stato posto a carico dei proprietari degli ultimi piani, sull’assunto che traessero maggiore utilità dal bene essendo coloro che si giovavano immediatamente della copertura sopra il balcone e il 50% a carico degli altri condomini secondo millesimi).
E’ quanto afferma Cass.Civ. sez.II ord. 28 febbraio 2019 n. 6010: “La sentenza ha stabilito, con accertamento in fatto, che le pensiline avevano la funzione di proteggere la facciata condominiale e non i soli balconi di proprietà esclusiva, garantendo l’integrità e la conservazione dell’intero edificio, ponendolo al riparo dagli agenti atmosferici e, quindi, del tutto correttamente e con motivazione logica ed esente da contraddizioni, ha ritenuto che la spesa dovesse gravare su tutti i condomini.
Difatti nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell’edificio di una pluralità di piani o porzioni di piano di proprietà esclusiva, l’attribuzione della proprietà comune sancita dall’art. 1117 c.c., trova fondamento nel collegamento strumentale ed accessorio fra le cose, i servizi e gli impianti e le unità immobiliari appartenenti ai singoli proprietari o alle altre porzioni comuni destinate in modo stabile al servizio e al godimento collettivo (Cass. 4973/2007; Cass. 1625/2007; Cass. 22408/2004), mentre il concreto accertamento che un dato bene abbia le descritte caratteristiche funzionali involge questioni di fatto rimesse al giudice di merito, unitamente alla verifica della concreta utilità che dal bene traggano i singoli condomini, essendo ammissibile, su tali profili, solo il controllo sulla motivazione (nei limiti in cui ne è attualmente ammesso lo scrutinio; cfr., Cass. 10073/2018; Cass. 8119/2004).
Sulla scorta delle descritte emergenze processuali, l’assemblea non poteva ripartire la spesa derogando a quanto prescritto dall’art. 1123 c.c., comma 2.
Le attribuzioni dell’assemblea ai sensi dell’art. 1135 e 1123 c.c., sono circoscritte alla verifica ed applicazione dei criteri fissati dalla legge. Se le cose comuni sono destinate a servire i condomini di un edificio in misura diversa, le spese, a norma dell’art. 1223 c.c., comma 2, vanno ripartite in misura proporzionale all’uso che ogni condomino può farne, salvo eventuali accordi, approvati all’unanimità dei condomini, con cui si preveda la ripartizione in misura proporzionale ai millesimi di proprietà.
In mancanza di una tale convenzione, ove vi sia contrasto circa la relativa ripartizione, deve escludersi che l’assemblea possa diversamente suddividere la spesa, vincolando anche i dissenzienti, essendo la legittimità della decisioni assembleari subordinata all’osservanza del criterio che tenga conto dell’utilità che ciascuno dei condomini possa trarre dalla cosa comune, come risultante all’esito di una verifica da compiere in concreto (Cass. 5458/1986).
© massimo ginesi 4 marzo 2019