Delle spese relative al servizio di portierato risponde colui che era condomino al momento di erogazione del servizio: è quanto ha stabilito Cass.civ. sez. II 25 febbraio 2022, n.6331
“Per le spese necessarie per la prestazione di un servizio dell’interesse comune, quale quello di portierato – la nascita dell’obbligazione contributiva in capo al condomino coincide con l’erogazione effettiva del servizio. Con la conseguenza che l’obbligo grava su chi sia titolare dell’immobile al momento della prestazione del portiere (nella specie, relativa alla controversia circa la partecipazione alla ripartizione delle spese a seguito della condanna del condominio al pagamento del servizio di portierato, la Corte ha disatteso l’assunto della ricorrente secondo cui l’obbligazione nei confronti dell’ex portiera sarebbe sorta al momento in cui fu pronunciata la sentenza del Giudice del lavoro, giacché tale sentenza aveva un contenuto di accertamento e condanna, non era una pronuncia costitutiva. Parimenti infondato era poi l’ulteriore assunto della ricorrente secondo cui il debito dei condomini nei confronti del condominio sarebbe sorto con la delibera condominiale, giacché quest’ultima ha soltanto ripartito una obbligazione preesistente).”
La Corte di legittimità (Cass.Civ. sez.VI ord. 16 gennaio 2019 n. 1032) ribadisce un orientamento consolidato.
Ove il portiere del condominio accetti un atto, la cui notifica è destinata ad uno dei condomini, e si qualifichi quale addetto al ritiro, la notifica deve ritenersi corretta e sarà rigoroso onere del destinatario fornire prova contraria, ovvero che il portiere non fosse delegato a tale incombente.
“L’art. 148 c.p.c. stabilisce che l’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta che indica la persona alla quale la copia è consegnata e le sue qualità nonchè il luogo della consegna oppure le ricerche anche anagrafiche, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario.
Nella specie, a prescindere dalla circostanza che il ricorso genericamente si duole che non vi è prova di aver suonato al citofono prima della notifica al portiere, deduzione apodittica ed assertiva, l’affermazione che tutte le notifiche siano state effettuate a quest’ultimo, e non si contesta che ciò sia avvenuto, dimostra che era autorizzato alla ricezione e l’indicazione della persona che ha ricevuto l’atto e della sua qualità esime da ulteriori ricerche, dovendosi indicare i motivi della mancata consegna e non altro. Controparte replica, peraltro, che una prima notifica è stata effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. con indicazione che non è stata rinvenuta persona capace e convivente, con successivo invio di raccomandata consegnata al portiere in assenza del destinatario o di persone abilitate mentre altra notifica è stata effettuata alla portiera addetta alla ricezione.
Su quest’ultimo profilo la giurisprudenza è consolidata nel senso che la presunzione legale della qualità dichiarata per essere vinta necessita di rigorosa prova contraria da parte del destinatario (Cass. nn. 24933/2017, 5220/2014, 18492/2012, 14191/2000)”.
Cass.Civ. sez.II 12 luglio 2018, n. 18504 ha stabilito che “per la notifica della cartella esattoriale emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, trova applicazione l’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, per il quale la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario (nella specie, il portiere) senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, come risulta confermato per implicito dal penultimo comma del citato art. 26, secondo il quale l’esattore è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione (Cass. n. 16949 del 2014; cfr. anche Cass. n. 14327 del 2009; Cass. n. 14105 del 2000).
Nella specie, non si pone, qundi, un problema di conseguenze, in termini di mera irregolarità o di nullità della notifica per omesso invio della lettera raccomandata di cui al comma quarto dell’art. 139 cpc. (in ragione della ritenuta non attinenza dell’invio al perfezionamento dell’operazione di notificazione o viceversa), bensì della necessità o meno della redazione di un’apposita relata di notifica, in riferimento alla specialità del procedimento di riscossione delle sanzioni amministrative, ai sensi del richiamato art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, che non la richiede.
Peraltro, l’indirizzo giurisprudenziale citato dal controricorrente – secondo cui si determina la nullità della notificazione in caso di omessa spedizione della raccomandata prevista dall’art. 139, quarto comma, c.p.c. in caso di consegna dell’atto ai soggetti di cui al precedente comma terzo (tra cui appunto il portiere: Cass. n. 21725 del 2012; Cass. n. 6345 del 2013; Cass. n. 10554 del 2015; Cass. sez. un. n. 18992 del 2017) – non rileva nella specie, in quanto (per stessa esplicita affermazione del giudice del gravame, che tuttavia erroneamente ne svaluta l’effetto probatorio in favore del notificante) l’allegato prospetto attinente gli adempimenti curati dall’ufficiale giudiziario nella notifica in oggetto reca anche l’indicazione dell’effettuato invio della raccomandata al destinatario; sicché tale prospetto avrebbe semmai dovuto essere impugnato per querela di falso, da parte del soggetto interessato.”
Laddove il portiere del condominio riceva sic et simpliciter la notifica destinata all’ente collettivo e non menzioni la sua qualifica, la notifica si intenderà perfezionata con la consegna a sue mani ai sensi dell’art. 139 II comma c .p.c. che prevede che “Se il destinatario non viene trovato in uno di tali luoghi, l’ufficiale giudiziario consegna copia dell’atto a una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda, purché non minore di quattordici anni o non palesemente incapace” e non ai sensi del IV comma della stessa norma, ove invece è previsto per l’ufficiale giudiziario un onere aggiuntivo: “Il portiere o il vicino deve sottoscrivere una ricevuta, e l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto, a mezzo di lettera raccomandata”.
Il principio è affermato da Cass. civ. sez. lav., 16/04/2018, n. 9315: “Nell’ipotesi in cui il portiere di un condominio riceva la notifica della copia di un atto qualificandosi come “incaricato al ritiro”, senza alcun riferimento alle funzioni connesse all’incarico afferente al portierato, ricorre la presunzione legale della qualità dichiarata la quale per essere vinta necessita di rigorosa prova contraria da parte del destinatario, in difetto della quale deve applicarsi il secondo comma (e non il quarto) dell’art. 139 cod. proc. civ.”
La Cassazione (Cassazione, sez. II Civile, 14 giugno 2017, n. 14796) traccia – sulla scorta di un orientamento consolidato, una efficace sintesi sulla nascita del condominio e sulla natura dei beni destinati all’uso comune.
Quelli che tali sono per necessaria destinazione funzionale, indispensabili all’esistenza stessa di un fabbricato multipiano, e quelli che invece – quali l’alloggio del portiere – possono ritenersi comuni solo se tale destinazione gli venga impressa nel momento stesso in cui il condominio si costituisce.
“È risaputo che tutto ciò che si costruisce sul suolo, in virtù del principio dell’accessione (art. 934 ss. cod. civ.), si acquista dal proprietario di esso.
Quindi, il proprietario del suolo, che costruisce un edificio composto da più, piani o porzioni di piano, per effetto dell’accessione acquista la proprietà esclusiva dell’intero fabbricato.
Il condominio, che si sostituisce alla proprietà solitaria, nasce come conseguenza della vendita della proprietà separata dei singoli piani o porzioni di piano, a far tempo dalla prima alienazione.
Quale effetto accessorio del trasferimento ad altri soggetti delle singole unità immobiliari, ha origine il diritto di proprietà comune sulle cose, sui servizi e sugli impianti necessari per l’esistenza o per l’uso, ovvero destinati all’uso o al servizio dei piani o delle porzioni di piano.
La necessità per l’esistenza dell’intero edificio e per l’uso comune di talune cose (il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d’ingresso, i cortili etc.) non può revocarsi in dubbio: avuto riguardo alla loro unica ed univoca funzione strumentale al servizio dei piani o delle porzioni di piano siti nel fabbricato, non può contestarsi che esse, una volta istituito il condominio, formino oggetto di proprietà comune e costituiscano beni comuni.
Per contro, i locali dell’edificio contemplati dall’art. 1117 n. 2 cit., raffigurano beni ontologicamente suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome: per diventare beni comuni, essi abbisognano di una specifica destinazione al servizio in comune.
In difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell’edificio – che, per la sua collocazione, può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa – diventi una parte comune ai sensi dell’art. 1117 n. 2 cit., occorre che, all’atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune.Se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non può considerarsi come bene comune.”
La terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza 9 giugno 2016 n. 11816, chiarisce i limiti dell’operatività dell’art. 2049 cod.civ. all’interno del Condominio.
Se il portiere dello stabile, dipendente del condominio, prende a pugni un condomino e gli cagiona lesioni permanenti non può ritenersi sussistente la responsabilità civile del datore di lavoro, così come individuata dalla norma sopra citata che prevede che i padroni e committenti rispondano delle conseguenza dannose del fatto illecito commesso dal proprio dipendente nell’espletamento delle sue mansioni.
Ha infatti chiarito la Corte che non può ritenersi applicabile detta previsione “quando il fatto illecito sia avvenuto senza il benché minimo collegamento funzionale con l’attività lavorativa, ovvero quando la condotta abbia risposto ad esigenze meramente personali dell’agente, avulse quindi dal suo inserimento nell’organizzazione del preposto. Insomma, impedisce la configurabilità della responsabilità in esame l’assoluta estraneità della condotta del preposto alle sue mansioni e compiti…
Sferrare un pugno ad un condomino o ad un inquilino dell’edificio condominiale causandogli lesioni personali gravissime, non attenuate ed anzi aggravate dalla pregressa situazione di evidente infermità della vittima – non rientra certamente nelle mansioni o funzioni del portiere, né corrisponde al normale sviluppo di sequenze di eventi connessi all’ordinario espletamento di queste ultime.
E che l’accesso all’abitazione del T. sia avvenuto in funzione di un’attività in astratto riconducibile alle stesse (l’ispezione delle tubature, per escludere guasti a quelle comuni o limitare i danni da quelle producibili) costituisce a tutto concedere appunto una mera occasione, ma che non ha agevolato in alcun modo la violenta e brutale aggressione da parte del V.”
Il Giudice di legittimità conclude quindi esprimendo il seguente principio di diritto: “la responsabilità del preponente ai sensi dell’art. 2049 cod. civ. sorge per il solo fatto che il comportamento illecito del preposto sia stato agevolato o reso possibile dalle incombenze a lui demandate dal preponente, purché però il primo non abbia agito per finalità o scopi esclusivamente personali e del tutto avulsi dalle incombenze o da quelle che è legittimo attendersi da lui e così al di fuori dell’ambito dell’incarico affidatogli, venendo meno in tal caso il nesso di occasionalità necessaria tra le prime ed il fatto illecito del preposto ed il danno.”
Sembrerebbe un principio di buon senso ancor prima che di diritto, ma così evidentemente non era se in grado di appello il Condominio era stato condannato in solido con il portiere a pagare al danneggiato € 1.320.080,70.
Per chi sia interessato ad approfondire il tema della responsabilità extracontrattuale dei padroni e committenti la sentenza può essere letta per esteso qui