Lo ha affermato la Cassazione, II sezione civile, con sentenza 27 maggio 2016 n. 11034, aderendo a princpio più volte espressi dalla stessa corte.
In particolare il Giudice di legittimità afferma che “si deve allora riconoscere che l’assegnazione, in via esclusiva e per un tempo indefinito (al di fuori, dunque, da ogni logica di turnazione), di posti macchina all’interno di un’area condominiale sia illegittima, in quanto determina una limitazione dell’uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune “
L’assemblea ha solo il potere di regolamentare l’uso, anche di natura turnaria, del bene comune senza possibilità di incidere sulla pari possibilità di godimento di tutti i condomin; osserva infatti la Corte come l’organo collegiale: “possa deliberare a semplice maggioranza l’uso a parcheggio di spazi comuni. In particolare, la delibera assembleare di destinazione del cortile condominiale a parcheggio di autovetture dei singoli condomini, in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall’art. 1136, 5 co. c.c., non essendo all’uopo necessaria l’unanimità dei consensi (per tutte: Cass. 15 giugno 2012, n. 9877; cfr. pure Cass. 29 dicembre 2004, n. 24146; Cass. 8 novembre 2004, n. 21287). Tuttavia, la proposizione in tanto vale in quanto la delibera regolamenti l’uso e il godimento nel senso di disporre una innovazione diretta al miglioramento, all’uso più comodo, o al maggior rendimento delle cose comuni a norma dell’art. 1120, 1 co. cod. civ.”
Utile la paradigmatica distinzione fra atti regolamentari e atti che finsicono per essere dispositivi: ” È lo stesso art. 1120 a marcare il limite che si frappone all’attuazione di innovazioni che abbiano un diverso effetto: il secondo (ora quarto) comma dell’articolo prevede infatti che sono vietate le innovazioni “che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”. Il divieto di tali innovazioni ha proprio lo scopo di evitare che il singolo condomino veda contrarsi il suo diritto di godere, entro i limiti della propria quota, di parti del condominio che sono comuni, e quindi destinate alla fruizione collettiva. Sul punto, la disposizione replica il precetto, di carattere più generale, dettato in materia di comunione dall’art. 1102 c.c.: precetto che trae origine dalla medesima ragione ispiratrice e che fa infatti divieto a ciascun comunista di impedire agli altri partecipanti della comunione di fare parimenti uso della cosa secondo il loro diritto. In tal modo, deve negarsi che l’utilizzo che il singolo condomino faccia del bene comune possa risolversi in una compressione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, degli altri.”
© massimo ginesi giugno 2016