art. 1117 cod.civ., per stabilire se il bene è condominiale vale il titolo originario

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Principio consolidato, che la Suprema Corte ( Cass. Civ. II sez.  Sentenza 30 giugno 2016 n. 13450, relatore Scarpa)  declina con grande chiarezza e alcune interessanti precisazioni.

Il nucleo centrale della decisione ha richiardo ad un corridoio conteso dai condomini, in ordine al quale alcuni rivendicano la titolarità esclusiva ed altri ne affermano la condominialità.

Osserva la Corte che “Ora, ai sensi dell’art. 1117, n. 1, cod.civ. , rientrano tra le parti comuni spettanti ai proprietari delle singole unità site nell’edificio condominiale, tra l’altro, le scale, i vestiboli, gli anditi, ovvero comunque tutte le parti necessarie all’uso comune ed essenziali alla funzionalità del fabbricato, e quindi anche gli annessi pianerottoli, passetti, corridoi, pur se posti in concreto al servizio di singole proprietà. Per sottrarre tali beni alla comproprietà dei condomini e dimostrarne l’appartenenza esclusiva al titolare di una porzione esclusiva, è necessario un titolo contrario, contenuto non già nella compravendita o nella donazione delle singole unità immobiliari (come suppone il ricorrente, menzionando gli atti d i cui alle pagine 16 e seguenti di ricorso), bensì nell’atto costitutivo del condominio. Titolo idoneo a vincere la presunzione di condominialità ex art 1117 e.e., infatti, è non l’atto di acquisto del singolo appartamento condominiale, quanto ilnegozio posto in essere da colui o da coloro che hanno costituito il condominio dell’edificio, in quanto tale
negozio, rappresentando la fonte comune dei diritti dei condomini, ne determina l’estensione e le limitazioni reciproche. Pertanto, per accertare se ilcorridoio di accesso ai singoli appartamenti delle parti in lite fosse escluso dalla comunione e riservato in proprietà esclusiva di alcuno o altro dei condomini titolari di essi, ilricorrente avrebbe dovuto decisivamente indicare, piuttosto, quale fosse stato l’atto costitutivo del condominio di via M., di Locorotondo, spettando certamente al proprietario, che rivendichi la proprietà esclusiva di un bene presuntivamente attribuito al condominio, l’onere di dare la prova del proprio diritto individuale sulla res.”

quanto alla pbiettiva destinazione del bene e alla sua attitudine a rendere una utilità comune, è giudizio di fatto rimesso al Giudice di merito: “Costituisce, peraltro, apprezzamento di fatto dei giudici di merito incensurabile in sede di legittimità – ove, come nel caso in esame, risulti pure compiutamente motivato – l’accertamento, in base ad elementi obiettivamente rilevati, che il corridoio serva, per sue caratteristiche strutturali e funzionali, ali’uso comune di più appartamenti, e non sia, piuttosto, destinato, al godimento di una parte soltanto dell’edificio avente accesso da esso (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3159 del 14/02/2006; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1498 del 12/02/1998; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1776 del 23/02/1994; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 2070 del 22/03/1985; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 673 del 09/03/1972).”

Peraltro tale giudizio di fatto dovrà arrestarsi a fronte di una statuizione del titolo, posto che i criteri previsti dall’art. 1117 cod.civ. – così come espressamente previsto dalla norma – hanno natura sussidiaria e secondaria rispetto al titolo” la presunzione di comunione, tra i condomini di un edificio condominiale, di un bene rientrante tra quelli indicati dall’art. 1117 e.e., può, invero, esser superata se il contrario risulta dal titolo, e non già se la situazione di fatto deponga per la possibilità di ottenere le medesime utilità fornite da quel bene attraverso il godimento di altre parti comuni, comunque strumentali alla medesima porzione esclusiva (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3409 del 22/03/2000). Né parimenti rivelano significato i richiami operati in ricorso all’espletata prova testimoniale sul transito operato in  passato dalla famiglia O. attraverso la porta dell’androne, in quanto l’esclusione, quale titolo contrario ex art. 1117 cod.civ., dal novero delle parti in condominio di alcune che, per presunzione di legge, sono di proprietà comune, incidendo sulla costituzione o modificazione di un diritto reale immobiliare, deve risultare necessariamente da atto scritto.

© massimo ginesi 4 luglio 2016

 

lastrico solare, solo una espressa pattuizione nel titolo fonda la proprietà esclusiva

Il lastrico solare, in quanto destinato a copertura dell’edificio, costituisce uno dei beni funzionalmente destinati all’uso comune e che pertanto si devono ritenere condominiali ai sensi dell’art. 1117 cod.civ.

E’ la stessa norma che prevede tale presunzione di condominialità per i beni ivi elencati (in via esemplificativa e non tassativa), salvo che il contrario risulti dal titolo.

Il costruttore  del fabbricato condominiale dovrà dunque provare di aver riservato a sè, negli atti di vendita ai condomini, la proprietà esclusiva del lastrico, essendo unicamente tale presupposto a fondare la titolarità esclusiva del bene che – in difetto – deve ritenersi comune.

A tal fine sono irrilevanti sia gli interventi di modificazione compiuti dal costruttore  sul bene sia il fatto che i condomini che ne rivendicano la proprietà comune non abbiano accesso diretto alla copertura.

Si tratta di principi noti e consolidati, che la Cassazione ha anche di recente ribadito nella

sentenza 16 febbraio – 5 maggio 2016, n. 9035