obbligazioni condominiali: natura, applicazione dell’art. 63 disp.att. cod.civ. e un obiter dictum su fondo cassa morosità

Una interessante pronuncia della corte di legittimità (Cass.civ. sez. II  ord. 20 maggio 2019 n. 13505 rel. Scarpa) ripercorre la natura dell’obbligazione condominiale, rifacendosi  – con attenta ed efficacissima sintesi  – ad orientamenti ormai stabili ed  evidenziando l’insussistenza di solidarietà e l’obbligo di imputazione delle spese ai singoli condomini, sia in virtù del disposto di cui all’art. 63 disp.att. cod.civ. sia laddove taluno abbia anticipato somme per altro condomino insolvente.

La vicenda è soggetta, ragione temporis, all’applicazione dell’art. 63 disp.att. cod.civ. ante L. 220/2012, ma le riflessioni in tema di obbligazione condominiale sono comunque attualissime e perfettamente applicabili agli  scenari che vedano coinvolta la responsabilità patrimoniale dei condomini anche dopo l’entrata in vigore della novella del 2012.

i fatti “Con citazione del 12 ottobre 2001 la Tecna S.p.A. convenne davanti al Tribunale di Pisa C.S. , P.G. e il Condominio di (omissis) , deducendo di aver venduto con atto del 29 gennaio 2001 a C.S. due unità immobiliari comprese nel condominio; di aver versato a titolo di quote condominiali, prima del 29 gennaio 2001, una somma in eccesso pari a lire 70.403.854 (Euro 35.201,92) per lavori di ristrutturazione delle parti comuni del fabbricato, a causa della morosità del condomino P.G. ; di aver concordato nell’atto di vendita del 29 gennaio 2001 in favore di C.S. che “tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal condominio per i suddetti titoli dopo la data odierna” dovesse far carico all’acquirente, fermo “il recupero di quanto sin qui anticipato dalla parte venditrice” lasciato alla competenza di quest’ultima mediante ripetizione dal condomino moroso. L’attrice Tecna S.p.A. chiese quindi la condanna dei convenuti C.S. , P.G. e Condominio (omissis) , al pagamento della indicata somma.”

i principi di diritto espressi dalla Cassazione  “Trova applicazione ratione temporis, attesa l’epoca di insorgenza dell’obbligo di spesa per cui è causa, l’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, nella formulazione antecedente alla modificazione operata dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220.

In forza di tale norma, chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente. Occorrendo individuare, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., comma 2, quando sia insorto l’obbligo di partecipazione a spese condominiali per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, deve farsi riferimento alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione di tale intervento, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. Sez. 6 – 2, 25/01/2018, n. 1847; Cass. Sez. 6 – 2, 22 giugno 2017, n. 15547; Cass. Sez 6 – 2, 22 marzo 2017, n. 7395; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654).

Tale momento rileva anche per imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, sempre che gli stessi non si siano diversamente accordati, rimanendo, peraltro, inopponibili al condominio i patti eventualmente intercorsi tra costoro.

Nel caso di specie, allora, è stato accertato in fatto come la venditrice Tecna S.p.A. e il compratore C.S. , nell’atto del 29 gennaio 2001, avessero concordato (art. 8) che “tutto quanto ancora fosse stato richiesto dal condominio per i suddetti titoli dopo la data odierna” restasse a carico all’acquirente, riconoscendo il medesimo compratore il diritto della Tecna S.p.a. al “recupero di quanto sin qui anticipato” al condominio per le quote facenti carico ad altri condomini morosi.

Come questa Corte ha di recente affermato (Cass. Sez. 6 – 2, 11/08/2017, n. 20073; Cass. Sez. 2, 09/01/2017, n. 199), ove si abbia riguardo ad obbligazione per l’esecuzione dei lavori inerenti parti comuni assunta dall’amministratore del condominio, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti dell’appaltatore, trova applicazione il principio dettato da Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148 (non operando qui, ratione temporis, neppure il meccanismo di garanzia ex art. 63 disp. att. c.c., comma 2, introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), di tal che la responsabilità per il corrispettivo contrattuale preteso dall’appaltatore è retta dal criterio della parziarietà, per cui l’obbligazione assunta nell’interesse del condominio si imputa ai singoli componenti nelle proporzioni stabilite dall’art. 1123 c.c., essendo tale norma non limitata a regolare il mero aspetto interno della ripartizione delle spese.

Dovendosi negare che l’obbligo di contribuzione alle spese per la manutenzione delle parti comuni si connotasse verso l’appaltatore, terzo creditore, ovvero verso il Condominio, come rapporto unico con più debitori, ovvero come obbligazione solidale per l’intero in senso proprio e quindi ad interesse comune, alla Tecna S.p.A., che ha assunto di aver adempiuto al pagamento delle quote spettanti ad altri condomini morosi, non poteva accordarsi alcun diritto di regresso, ex art. 1299 c.c., nè per l’intera somma dovuta dal Condominio, nè nei confronti degli altri condomini, sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi.

In sostanza, solo se si parte dalla premessa, ormai smentita dalla giurisprudenza, che il singolo condomino, quale condebitore solidale, possa essere escusso dal terzo creditore per l’intero debito contratto dal condominio, può poi accordarsi a quello il diritto di regresso, altrimenti ravvisandosi nel pagamento dell’intero, o di importo comunque eccedente alla propria quota di contribuzione, effettuato da un condebitore, piuttosto, un indebito soggettivo “ex latere solventis”.

Un obbligo restitutorio del condominio nei confronti dei condomini che abbiano anticipato le somme dovute da altri condomini può sorgere, piuttosto, ove lo stesso condominio abbia approvato una deliberazione assembleare istitutiva di un fondo cassa finalizzato a sopperire alle morosità di alcuni partecipanti, ed a scongiurare l’aggressione in executivis da parte del creditore in danno di parti comuni dell’edificio (cfr. Cass. Sez. 2, 05/11/2001, n. 13631).

Al condomino, che abbia versato al terzo creditore anche la parte dovuta dai restanti condomini (sempre, beninteso, nel regime antecedente alla garanzia ex art. 63disp. att. c.c., comma 2, introdotta dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220), allo scopo di ottenere da costoro il rimborso di quanto da lui corrisposto, non può nemmeno consentirsi di avvalersi della surrogazione legale in forza dell’art. 1203 c.c., n. 3, giacché essa – implicando il subentrare del condebitore adempiente nell’originario diritto del creditore soddisfatto in forza di una vicenda successoria ha luogo a vantaggio di colui che, essendo tenuto con altri o per altri al pagamento del debito, aveva interesse a soddisfarlo.

Al più, il pagamento da parte della condomina Tecna S.p.A. delle quote dei lavori di riparazione delle parti comuni dovute dai restanti condomini poteva legittimare la stessa ad agire, sempre nei confronti degli altri singoli partecipanti, per ottenere l’indennizzo da ingiustificato arricchimento, stante il vantaggio economico ricevuto dagli altri condomini (cfr. Cass. Sez. U, 29/04/2009, n. 9946).

Tuttavia, per quanto accertato dalla Corte d’Appello di Firenze, con apprezzamento immune dai vizi di violazione di legge ipotizzati nei primi due motivi di ricorso, e rispetto al quale nessuna decisività spiega il fatto dedotto nel terzo motivo, era appunto avvenuto, nel caso in esame, che il Condominio (omissis) , avesse recuperato dal condomino insolvente P.G. l’importo di Euro 35.201,92 dovuto per le quote insolute, adempiendo all’obbligo restitutorio in favore del condomino solvente Tecna S.p.a. mediante imputazione contabile alla impropria “quota unitaria Tecna/C. “, sicché il rapporto obbligatorio fra le parti restava delineato alla stregua di Cass. Sez. 2, 05/11/2001, n. 13631.

La domanda sin dall’inizio proposta dalla Tecna S.p.a. e la congrua decisione resa dalla Corte d’Appello di Firenze non appaiono, quindi, volte a regolamentare l’obbligo di partecipazione alla spesa per l’esecuzione dei lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni nei rapporti interni tra venditore e compratore (obbligo in ordine al quale le parti del contratto di vendita avevano, peraltro, convenuto di fare riferimento alla data di richiesta di pagamento proveniente dalla gestione condominiale, se antecedente o successiva a quella dell’alienazione), quanto a preservare alla medesima Tecna S.p.a. il diritto alla ripetizione della somma indebitamente rimborsata “ex latere accipientis” dal Condominio a C.S. .”

 

© massimo ginesi 22 maggio 2019

 

il singolo condomino può pagare direttamente il terzo creditore del condominio?

Girando per il web alla ricerca di aggiornamenti si incappa, con inquietante frequenza, in letture approssimative delle pronunce che riguardano la materia condominiale.

Commenti imprecisi che tuttavia ci danno spunto – alcune volte – per riflettere su temi di deciso rilievo.

In realtà la sentenza 199/2017 , a firma di illustre relatore, rappresenta un interessante passaggio del percorso interpretativo – che da CAss. SSUU 9148/2008 arriva ai giorni nostri – sul tema della parziarietà  dell’obbligazione condominiale, cui devono oggi essere applicati i temperamenti di cui all’art. 63 disp.att. cod.civ.;  non contiene affatto il principio che si legge nella intestazione del commento.

Accadeva, nel caso all’esame della Corte, che un condomino avesse versato l’intero importo dei lavori all’appaltatore e pretendesse poi di agire, in via di regresso nei confronti degli altri condomini; tale azione presuppone la sussistenza di un obbligo solidale che la Suprema Corte ritiene non potersi  individuare in condominio  in virtù dei principi affermati dalle Sezioni unite del 2008, specie per vicende che sono regolate – ratione temporis – dalle norme non ancora modificate dalla L. 220/2012.

Tuttavia il problema del condomino che invece di versare all’amministratore la quota millesimale di propria competenza per alcuni lavori di manutenzione svolti nel condominio, la versi direttamente all’appaltatore – che ha svolto le opere e che vanta il relativo credito nei conforti del condominio – è stato espressamente affrontato dalla suprema corte in tempi non lontani.

La giurisprudenza non ha peraltro mai evidenziato un divieto quanto, semmai, l’inidoneità di quel pagamento a liberare il singolo.

Cassazione civile, sez. VI, 17/02/2014, n. 3636 ha affermato “Il condominio si pone, verso i terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei condomini, attinenti alle parti comuni, sicché l’amministratore è rappresentante necessario della collettività dei partecipanti, sia quale assuntore degli obblighi per la conservazione delle cose comuni, sia quale referente dei relativi pagamenti. Ne consegue che non è idoneo ad estinguere il debito “pro quota” il pagamento eseguito dal condomino direttamente a mani del creditore del condominio, se tale creditore non è munito di titolo esecutivo verso lo stesso singolo partecipante”.

Sul punto si è soffermato con interessanti riflessioni critiche, anche A. Scarpa in uno scritto del 2015 “Sempre la giurisprudenza (v. Cass., 17 febbraio 2014, n. 3636) ha affermato il principio secondo il quale, ponendosi il condominio, nei confronti dei terzi, come soggetto di gestione dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini attinenti alle parti comuni, l’amministratore di esso assume la qualità di necessario rappresentante della collettività dei condomini, e ciò sia nella fase di assunzione degli obblighi verso i terzi per la conservazione delle cose comuni, sia, all’interno della medesima collettività condominiale, in quanto unico referente dei pagamenti ad essi relativi; se ne è fatta discendere la conclusione secondo cui il pagamento diretto eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio non è idoneo ad estinguere il debito pro quota dello stesso relativo ai contributi ex art. 1123 c.c., a meno che il terzo creditore non si sia già munito di titolo esecutivo nei confronti del singolo condomino. Se allora il pagamento al terzo creditore deve indispensabilmente avvenire per il tramite dell’amministratore, dovrebbe per minima coerenza negarsi che il singolo condomino sia immediato debitore di quello, facendosi salva l’ipotesi in cui il terzo si sia ormai premunito di un titolo esecutivo verso quel determinato partecipante. Ove si ritenesse ancora che ciascun condomino sia direttamente obbligato verso il creditore della gestione condominiale, non si potrebbe obliterare l’interesse di quel debitore ad adempiere spontaneamente pro quota nelle mani del terzo, in modo da procurarsi la liberazione dal vincolo anche invito creditore, senza dover attendere, per assurdo, che questi consegua dapprima un titolo esecutivo, con modificazione aggravativa del debito (in relazione alla maturazione degli accessori), contrasto con il principio di correttezza e buona fede, nonché lesione del principio costituzionale del giusto processo, traducendosi l’ineliminabile soggezione del condomino alla domanda giudiziale del terzo, diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria, in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte pur sempre nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale.” Quaderni SSM febbraio 2015