immobile pignorato: la locazione non abitativa non si rinnova senza ordine del giudice dell’esecuzione

La Suprema Corte (Cass.civ. sez. III 19 luglio 2019 n. 19522)  chiarisce che, dopo il primo rinnovo che avviene automaticamente laddove non vi ia disdetta motivata da parte del locatore, non può darsi rinnovo tacito del contratto in assenza di disdetta ove nel frattempo alcune quote del bene risultino essere state pignorate.

i fatti: “Con sentenza resa in data 10/10/2016 la Corte d’appello di Milano, in accoglimento dell’impugnazione proposta da P.A. e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda avanzata da D.A.N.F. per l’accertamento della cessazione del contratto di locazione stipulato tra i comproprietari (il D.A. per la quota del 50%, e M.M. e Mo.Ma. per le quote del 25% ciascuno), quali locatori, e P.A. , quale conduttore.
2. A fondamento della decisione assunta, la corte d’appello ha evidenziato come il contratto in esame fosse stato concluso tra le parti in data 1/6/2003, con previsione di rinnovo quadriennale automatico in assenza di tempestiva disdetta.
3. Nel corso del rapporto, più volte rinnovatosi, le quote di comproprietà spettanti a M.M. e Mo.Ma. erano state sottoposte a pignoramento e, conseguentemente, il D.A. aveva agito in giudizio al fine di far rilevare l’intervenuta automatica cessazione del rapporto per la successiva scadenza del 31/5/2015, non essendo intervenuta l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione per la rinnovazione della locazione, ai sensi dell’art. 560 c.p.c..
4. Peraltro, il D.A. aveva altresì provveduto a manifestare tempestivamente la propria volontà di negare l’automatico rinnovo del contratto alla scadenza del 31/5/2015.”

la disamina di legittimità: “secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo, la rinnovazione tacita del contratto alla prima scadenza, per il mancato esercizio, da parte del locatore, della facoltà di diniego di rinnovazione, ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 28 e 29, costituisce un effetto automatico derivante direttamente dalla legge e non da una manifestazione di volontà negoziale, con la conseguenza che, in caso di pignoramento dell’immobile, tale rinnovazione non necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, prevista dell’art. 560 c.p.c., comma 2 (Sez. U, Sentenza n. 11830 del 16/05/2013, Rv. 626185-01).

In coerenza a tale premessa, si è quindi ritenuto (sempre in tema di locazione di immobili urbani adibiti ad uso non abitativo) che la rinnovazione tacita del contratto alla seconda scadenza contrattuale, a seguito del mancato esercizio, da parte del locatore, della facoltà di disdetta (non motivata) del rapporto ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 28, comma 1, costituisce una libera manifestazione di volontà negoziale, con la conseguenza che, in caso di pignoramento dell’immobile locato eseguito in data antecedente la scadenza del termine per l’esercizio della menzionata facoltà da parte del locatore, la rinnovazione della locazione necessita dell’autorizzazione del giudice dell’esecuzione prevista dall’art. 560 c.p.c., comma 2 (Sez. 3, Sentenza n. 11168 del 29/05/2015, Rv. 635497-01).

In forza di tali premesse, è agevole concludere che, nel caso di specie, in corrispondenza del terzo rinnovo della locazione – e quindi in situazione di libera disponibilità del termine di scadenza contrattuale -, sopravvenuto il pignoramento delle quote di proprietà dei M. , il mancato intervento di alcuna autorizzazione del giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 560 c.p.c., deve ritenersi tale da aver determinato l’automatica cessazione di efficacia del contratto, poiché la comune volontà dei comproprietari locatori, in ipotesi diretta a consentirne l’eventuale rinnovazione, si sarebbe dovuta necessariamente formare (vieppiù a fronte del dissenso alla rinnovazione dell’unico comunista in bonis) previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione.

In tal senso, nessun rilievo può essere ascritto al mero dissenso manifestato stragiudizialmente dai M. in ordine alla gestione della cosa comune operata dal D.A. , atteso che l’unica modalità possibile per l’(eventuale) impedimento della definitiva scadenza della locazione (voluta dal D.A. ) sarebbe stata quella di adire, previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione ex art. 560 c.p.c., il giudice della comunione (ex art. 1105 c.c.) allo scopo di provocare un’eventuale (ma solo possibile) decisione diversa da quella in concreto fatta propria dal D.A. 

Allo stesso modo, nessun rilievo può essere attribuito (al prospettato fine di far rivivere, a seguito dell’intercorsa estinzione della procedura esecutiva, il contratto di locazione nelle more definitivamente cessato) alla previsione dell’art. 632 c.p.c. (che sancisce l’inefficacia degli atti compiuti, là dove l’estinzione del processo esecutivo si verifichi prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione dei beni staggiti), non essendo stato nella specie propriamente compiuto alcun atto della procedura in ipotesi destinato a determinare la cessazione dell’efficacia del contratto di locazione (e di cui predicare l’eventuale inefficacia ai sensi dell’art. 632 c.p.c.) e dovendo in ogni caso ritenersi (in forza di un elementare principio di certezza delle situazioni giuridiche sostanziali) che l’estinzione del procedimento esecutivo non valga a comportare l’inefficacia degli atti ritualmente posti in essere nel corso del processo esecutivo, là dove dal relativo compimento sia eventualmente derivata la legittima attribuzione di diritti in favore di terzi.”

© massimo ginesi 23 luglio 2019 

l’incarico di amministratore è rinnovato per un altro anno alla prima scadenza – ulteriori conferme

Lo ha stabilito il Tribunale di Brescia con ordinanza 15.4.2016, richiamando analogo provvedimento della Corte d’Appello di Venezia, seconda sezione, pubblicata il 14/1/15 R.G. 364/2014 V.G.

La formulazione dell’art. 1129 X comma cod.civ. introdotta dalla L. 220/2012, come è ben noto, non è del tutto felice: “L’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L’assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore”.

La tesi che, alla luce di tale norma,  l’amministratore ritualmente nominato duri in carica un anno e, alla scadenza, il suo incarico si rinnovi per un altro anno senza necessità di alcuna delibera assembleare è ormai fatta propria da diversi giudici di merito (in precedenza si erano espressi in tal senso i Tribunali di Milano, Cassino, Roma).

Meno felice appare il contenuto dell’ordinanza bresciana laddove affronta i poteri dell’amministratore alla cessazione.

qui il testo del provvedimento

© massimo ginesi giugno 2016 

gennaio 2016 – durata dell’incarico e gravi irregolarità

L’incarico all’amministratore ha durata annuale e si rinnova per un altro anno senza necessità di alcuna delibera assembleare, salvo revoca. Al termine del secondo anno l’assemblea dovrà procedere a nomina con le modalità ordinarie. (massima non ufficiale)

 

Tribunale di Cassino 21 gennaio 2016, decreto n. 1186

 

Il Tribunale di Cassino, nell’ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione attinente alla nomina dell’amministratore, ritorna sulla vexata questio della durata dell’incarico e delle attività che l’assemblea deve porre in essere, allineandosi alla lettura già data dai giudici milanesi alcuni mesi or sono e commentata su queste pagine.

Alcuni condomini ricorrono al Tribunale affinché nomini un amministratore giudiziale, attese le gravi irregolarità commesse da quello in carica e, soprattutto, evidenziando che costui “avrebbe omesso di inserire all’ordine del giorno, nemmeno dell’ultima assemblea del 24.8.15, l’argomento relativo alla conferma o revoca del suo incarico, vista la scadenza annuale”

Il Tribunale, con il provvedimento in commento, respinge il ricorso, osservando che : “a norma di quanto disposto dall’art 1129 comma 10° c.c., l’incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata; pertanto, non v’era necessità alcuna di convocare l’assemblea per decidere se rinnovare o meno l’incarico all’amministratore, salva sempre la facoltà per la medesima di deliberarne la revoca; per altro, l’assemblea del 24.10.15, discutendo sull’istanza della sig.ra V. per la sua revoca, espressamente affermò di riservarsi di esaminare la questione allo scadere del biennio esprimendo ringraziamento nei suoi confronti per il lavoro di ricostruzione contabile delle amministrazioni precedenti ed apprezzamento in toto per il lavoro svolto “

Il provvedimento, infine, merita menzione per l’ampia disamina di merito che svolge delle possibili gravi irregolarità così come delineate oggi dalla nuova formulazione dell’art. 1129 cod.civ. “ Ebbene, come replicato dai convenuto, il Collegio riscontra preliminarmente che nessuna di tali denunziate inadempienze e scorrettezze rientrerebbe in ogni caso nell’analitico elenco delle gravi irregolarità dell’amministratore di cui all’art 1129 comma 12 c.c., nel suo testo riformato dall’art 9 della L n. 220/12. Nello specifico, poi, deve osservarsi: essendo l’amministratore mero esecutore di quanto deliberato in seno all’assemblea, in alcun modo egli può esser ritenuto investito della sua conduzione e della previa verifica della regolarità del suo insediamento e dei suoi deliberati (operazione rimessa agli stessi partecipanti sotto la direzione del presidente); l’amministratore ha fornito prova documentale della spedizione tramite la “Sail Post” delle lettere raccomandate di convocazione della ricorrente a tutte le indicate assemblee: tanto basta a ritener assolto il suo compito, l’eventuale mancata ricezione delle missive dovendo costituire oggetto di riscontro in seno all’assemblea; a fronte della sua nomina avvenuta nell’agosto del 2014, già in occasione dell’assemblea tenutasi il 31.1.15 risultavano pervenuti 7 preventivi a fronte dei quali l’assemblea, e non certo l’amministratore, deliberò di affidare ad una commissione costituita da condomini l’esame dei medesimi; il ricorso ex art 700 c.p.c. venne notificato il 7.1.15 per l’udienza del 16.1.15, sicché legittimamente egli diede immediato incarico a legale di sua fiducia; la Cassazione ha precisato: “Alla luce delle considerazioni svolte va enunciato il seguente principio di diritto: “L’amministratore di condominio, in base al disposto dell’art. 1131 c.c., comma 2 e 3, può anche costituirsi in giudizio e impugnare al sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione a tanto dall’assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione” (ss.uu. n. 18331/10); nel nostro caso, stante l’evidente impossibilità di convocare preventivamente l’assemblea, tale operato dell’amministratore venne ratificato dall’assemblea tenutasi il 31.1.15 (all. 3 parte ricorrente); l’intervento di asfaltatura del viale condominiale ben può esser considerato, per la modestia del suo complessivo ammontare e per la sua incontestata necessità, quale atto di ordinaria manutenzione per la conservazione delle parti comuni

© massimo ginesi

pubblicato in

Schermata 2016-05-21 alle 12.43.57