Un soggetto, portatore di handicap, intende realizzare un varco di accesso su un muro perimetrale del fabbricato condominiale e presenta a tal fine DIA alla pubblica amministrazione: ne nasce una complessa vicenda dapprima amministrativa e poi giudiziale in cui il TAR “Ravvisò l’assenza del titolo di legittimazione a richiedere la DIA per le opere di straordinaria manutenzione in mancanza del nulla osta condominiale”.
Dopo due passaggi dinanzi la Tribunale amministrativo regionale la vicenda finisce dinanzi al Consiglio di Stato (Consiglio di Stato, sez. IV, 27/01/2017, n. 353) che ha occasione di sottolineare due importanti principi.
Non occorre il consenso degli altri condomini per l’ottenimento di titolo amministrativo volto alla realizzazione di opere riconducibili alla L. 13/1989: “se è vero che nella DIA manca ogni esplicito richiamo alla legge n. 13 del 1989, è innegabile che altrettanto esplicitamente la richiesta è effettuata da un condòmino invalido al 100% per risolvere il problema dell’accesso con l’auto alla sua abitazione. Inoltre, è innegabile che la sentenza del 2013, che aveva condannato l’amministrazione a concludere la verifica dell’istanza presentata dal privato, aveva espressamente chiesto di fare la verifica alla luce della disciplina “di portata derogatoria ed ispirata ad inequivoco favor nei confronti dei soggetti portatori di handicap”, di cui alla legge in argomento.
Dalla erronea mancata riconduzione dell’intervento alla legge di favore è derivata, poi, l’illegittimità erroneamente ravvisata per non avere il provvedimento verificato la disponibilità dell’immobile in capo al richiedente mediante l’esibizione dei nulla osta rilasciati dai due condomìni. Infatti, se – all’esito della valutazione della documentazione presentata dal privato da parte della Amministrazione -l’intervento rientrava nell’ambito delle opere che non sono sottoposte a titolo abilitativo (art. 6, comma 1, lett. b, TUE, nella versione applicabile ratione temporis), ogni verifica della disponibilità dell’immobile in capo all’istante sotto il profilo del nulla osta dei condomìni A e B al fine di avanzare istanza per il rilascio del titolo abilitativo è superflua e, correttamente, pertanto, l’Amministrazione non l’ha compiuta.
Comunque, in presenza di un’istanza all’Amministrazione era sufficiente verificare – come è stato fatto richiamando la qualità di condòmino con disabilità al 100% – l’esistenza di una posizione qualificata con la cosa, idonea – fermi restando i diritti dei terzi – a legittimare il portatore di handicap, proprietario dell’appartamento di cui fa parte il condominio, ad avanzare una richiesta per lavori volti ad eliminare barriere architettoniche. Posizione qualificata sicuramente esistente per una richiesta di titolo abilitativo non necessario (art. 6 cit.), se si considera che, ai sensi di legge (art. 78, comma 2, TUE, riproduttivo dell’art. 2 della l. n. 13 del 1989), il portatore di handicap può financo realizzare a proprie spese alcune opere per le quali il titolo abilitativo sia richiesto (es. allargamento porta di accesso all’immobile) se non ottiene il nulla osta del condominio.
Resta da precisare che le opere in argomento, per l’identificazione delle quali non vi è discussione tra le parti, consistono nella realizzazione di un varco di accesso con cancello scorrevole nel muro perimetrale comune. Esse rientrano, all’evidenza, tra quelle di edilizia libera si cui all’art. 6 in argomento, nella formulazione applicabile ratione temporis, essendo escluse dalle opere libere solo quelle che comportano la realizzazione di rampe, di ascensori esterni, di manufatti che alterino la sagoma dell’edificio.
Né vi è nella specie alterazione della sagoma dell’edificio. Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata, la sagoma è la conformazione planovolumetrica della costruzione ed il suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali con gli aggetti e gli sporti (ex plurimis, C.d.S, VI, n. 1564 del 2013); conseguente è l’esclusione dell’alterazione della sagoma in caso di aperture che, come nel caso di specie, non prevedano superfici sporgenti (Cass. pen., n. 19034 del 2004)”.
Il giudice amministrativo non può effettuare valutazioni sulla lesività della innovazione: “il giudice ha omesso di fermarsi al confine della valutazione del rapporto privato/amministrazione, l’unico rilevante nell’ottica del giudizio di annullamento di un atto emanato all’esito della conclusione del procedimento di verifica delle condizioni della DIA. Invece, ha invaso il campo, riservato al giudice civile, dei rapporti tra privati, soffermandosi sull’art. 1120, ultimo comma c.c., in riferimento al divieto, anche per il portatore di handicap, di opere su bene comune che limitino l’uso comune degli altri condomini. Quindi, quanto il giudice dice circa l’oggettiva impossibilità di utilizzo a favore di tutti i condomini (sia del varco, sia della parte retrostante al varco), con conseguente divieto dell’opera ex art. 1120 c.c., non poteva essere oggetto di esame, essendo il giudice amministrativo chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell’atto che qualifica di edilizia libera le opere per le quali era stato richiesto un inutile titolo abilitativo. Se il condominio ritiene che le opere realizzate ledano l’uso comune di parti comuni agli altri condòmini, potrà, eventualmente, rivolgersi al giudice civile.”
© massimo ginesi 14 febbraio 2017